La guerra civile esplosa in Niger racchiude in sé le tragedie dell’Africa. La decolonizzazione mai completata è divenuta terra di conquista per i nuovi depredatori. Tra jihadismo e mire russe. Le conseguenze del recente colpo di Stato in Niger hanno indotto la Francia a sospendere la cooperazione bilaterale con il Niger, come ha fatto anche l’Unione Europea. La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre non ha mai smesso di aiutare un popolo provato da povertà e violenza. Acs ha lanciato un appello per sostenere la martoriata nazione africana. Quello che le Nazioni Unite considerano il Paese meno sviluppato al mondo sta attirando l’attenzione internazionale per via del golpe. Tuttavia la situazione nigerina era gravemente compromessa ben prima degli ultimi eventi. E “avrebbe meritato maggiore attenzione”, evidenziano alla fondazione pontificia.
Sos Niger
“La popolazione vive in condizioni di estrema povertà– riferisce il direttore Acs, Alessandro Monteduro-. La spesa pubblica è insostenibile e inefficiente, l’analfabetismo è diffuso. E si registra una rapida crescita demografica. A queste preoccupanti circostanze socio-economiche si aggiungono la debolezza delle istituzioni e la corruzione. Oltre alle scarse infrastrutture. E a un sistema giudiziario fragile“. Monteduro richiama l’attenzione, poi, sulla “attuale ascesa di chierici islamici conservatori”. Ad esempio nella comunità Izala. E aggiunge: “La loro influenza in vari ambiti politici hanno messo a dura prova le relazioni tra i nigerini. Sia all’interno della comunità islamica. Sia tra i musulmani e altri gruppi di fede, compresi i cristiani“. La Chiesa Cattolica locale, che rappresenta una comunità di fedeli molto piccola, è coinvolta nel processo di dialogo islamo-cristiano.
Libertà religiosa
Le prospettive attuali per la libertà religiosa in Niger rimangono fortemente negative. Aiuto alla Chiesa che Soffre auspica che “l’interesse internazionale suscitato dal colpo di Stato nigerino non sia effimero”. E induca i maggiori attori politici coinvolti e le istituzioni internazionali ad “affrontare in modo più organico i problemi più gravi”. Ossia l’instabilità politica e la diffusione dei gruppi islamisti in Niger e nel resto del continente africano. Ciò “al fine di garantire la pacifica convivenza delle popolazioni e la libertà delle comunità cristiane“. La violenza dei gruppi islamisti, la repressione governativa e la presenza militare straniera hanno esacerbato i divari sociali esistenti, precisa Monteduro. Vengono prosciugare, infatti, “le risorse pubbliche, che altrimenti avrebbero potuto essere investite nello sviluppo economico e sociale”. Oppure in “mezzi per contrastare le criticità legate al clima, come la carenza d’acqua”.
Violenza jihadista
“A ciò si aggiunge la crescente presenza di gruppi islamisti armati che terrorizzano la popolazione civile– riferisce Monteduro-. In particolare, sono attive formazioni jihadiste. Come lo Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS). Gruppi affiliati ad Al-Qaeda. E Boko Haram, con sede in Nigeria. Ognuno di questi gruppi persegue la propria strategia regionale”. Anche alcune grandi potenze islamiche, tra cui la Turchia, l’Iran e l’Arabia Saudita, hanno alimentato preoccupazioni. Quelle relative appunto ad interferenze religiose straniere. Attraverso i finanziamenti a vari progetti locali. Come la ristrutturazione e la costruzione di moschee. E la formazione di imam. Ciascuno con la propria visione tradizionale dell’Islam.
Controllo del territorio
In alcuni casi, gli interessi stranieri hanno contribuito all’aumento dell’estremismo nigerino. Inclusa la promozione del wahhabismo da parte dell’Arabia Saudita. “I gruppi estremisti islamici sono particolarmente attivi nell’ovest e nel sud del Niger– racconta Monteduro-. Qui le autorità hanno effettivamente perso il controllo del territorio. In particolar modo a seguito della pandemia di Covid-19. Tillaberi è una regione del Niger sud-occidentale che confina con Benin, Burkina Faso e Mali. Ed è stata un punto caldo della violenza estremista a causa della presenza di affiliati di Al-Qaeda e dello Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS). Quest’ultimo controlla ampie zone vicino ai confini con il Burkina Faso e il Mali. E i suoi combattenti sono già arrivati nei pressi della capitale Niamey“.
Attacchi efferati
Le violenze hanno provocato centinaia di morti e di sfollati. “Secondo i dati di due mesi fa 2023 il Niger offriva ospitalità ad oltre 700 mila persone a rischio. Tra cui oltre 300 mila rifugiati stranieri e richiedenti asilo. E 360 mila sfollati interni – afferma Monteduro-. La mancanza di sicurezza ha limitato l’accesso agli aiuti umanitari. Accelerando una spirale di indigenza che colpisce la maggior parte dei nigerini, compresi i cristiani. Questi ultimi sono particolarmente vulnerabili, come provano i numerosi attacchi sferrati alle chiese. Per questo, molti cristiani praticano la loro fede in privato“.