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Cosa può nascere dal sacrificio di Attanasio e Iacovacci

Il 22 Febbraio, come probabilmente già si è letto o sentito su notiziari e quotidiani nazionali, Luca Attanasio, ambasciatore Italiano nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), è stato ucciso insieme al Carabiniere che gli faceva da scorta, Vittorio Iacovacci, e il loro autista. Anche se l’identità degli assassini non è ancora stata chiarita definitivamente, sembra che questi non avessero l’intenzione di uccidere, ma piuttosto di rapire i tre, così da poter poi chiedere un ingente riscatto per la loro liberazione. Secondo i reporter locali, l’assassinio dei tre uomini è avvenuto per paura: i rapitori infatti, si sarebbero spaventati per rumori che sentivano avvicinarsi. Dopo l’uccisione, il ministro degli Interni Congolese ha dichiarato colpevole il gruppo di ribelli Ruandesi di etnia Hutu: FDLR. Tuttavia, il gruppo si è dichiarato “non coinvolto”. Il fatto che né le autorità locali né gli investigatori siano ancora riusciti ad identificare chiaramente gli uccisori è una conferma dell’insicurezza della zona; su di essa infatti, le autorità Congolesi non hanno nessun controllo e le milizie locali fanno da padrone.

Il luogo

Effettivamente, l’area in cui ciò è accaduto è estremamente insicura; essa si trova vicino al confine con il Rwanda e l’Uganda, lungo le sponde del Lago Kivu. L’ambasciatore si stava recando verso la città di Goma, situata al Nord del lago. Questa parte del Congo è punteggiata di infiniti conflitti locali tra diversi gruppi ribelli, Congolesi e non, che combattono per ottenere il pieno controllo delle risorse naturali della zona. Nonostante i media internazionali abbiano descritto questi conflitti come originati da motivazioni locali e interne alla regione, la verità è che essi hanno motivazioni economiche.

I nostri partner nella zona (Gruppo Missioni Imola Bukavu https://imolabukavu.it/) hanno infatti dichiarato che i conflitti sono il risultato degli interessi economici divergenti che si concentrano in questa zona del continente Africano. Spesso, le milizie sono finanziate da entità straniere di diversa natura, con ingenti mezzi economici, come testimonia il loro armamento, altrimenti troppo sofisticato e tecnologicamente avanzato. Queste entità comprendono sia governi stranieri, che gruppi mercenari e Imprese Multinazionali, i quali mirano al controllo delle risorse naturali ed economiche del territorio. Infatti, la zona è ricca di diversi materiali: oro, diamanti, uranio, metano e petrolio. Questi conflitti si sono recentemente spostati verso nord, in particolare verso la città di Goma, dove appunto si stavano dirigendo Attanasio e i due uomini uccisi con lui. Negli anni ’90, invece, i conflitti si concentravano nell’area di Bukavu, il capoluogo della regione, più a Sud rispetto a Goma; intorno all’inizio del secolo si sono contati circa 6 Milioni di morti relative a questa guerriglia continua.

Dove la violenza non è una novità

Attanasio e il suo gruppo sono stati, quindi, vittime di una situazione che continua ormai da lungo tempo, e che troppo stesso non è stata compresa correttamente dalla comunità internazionale e dai media. Tutto ciò succede sotto il tacito, ma implicito accordo delle corrotte autorità locali. La popolazione locale è, chiaramente, la vittima principale di questi scontri. Infatti, né le risorse naturali estratte, né la ricchezza monetaria che da esse si ricava vengono ridistribuie tra la popolazione locale; i numerosi conti correnti in paradisi fiscali stranieri dello storico presidente Congolese Kaliba ne sono la prova. Tutto ciò, purtroppo, sembra non essere una novità.

Nel 2002, un’eruzione vulcanica, del cratere che sovrasta la città di Goma, ha ucciso centinaia di persone e ne ha lasciate altrettante senza una dimora; un report della BBC in quel momento, affermò che i gruppi di studiosi locali, non riuscirono ad evitare la tragedia. Ciò fu causato, secondo lo stesso report, sia dal fatto che gli studiosi non ricevettero dalle autorità locali né i fondi, né  i permessi necessari ad indagare sui chiari segnali della prossima eruzione, sia dal fatto che tutti i loro macchinari di monitoraggio erano stati precedentemente rubati o danneggiati dai gruppi di milizie locali (https://www.bbc.co.uk/sounds/play/p03js4rt).

Nel 2011, invece, Africa News, cose come quelle accadute a Sharifa Kamana erano all’ordine del giorno nella città di Goma. Suo marito, infatti, è stato ucciso da un colpo di pistola una notte, poco lontano dalla loro casa. Dieci anni dopo, nessun’indagine a riguardo è stata aperta, né tantomeno ne sono stati individuati movente e autori; Sharifa è una vedova da tanto tempo, ma sembra non avere il diritto di sapere che cosa davvero sia successo quella notte (https://www.africanews.com/2020/11/12/drc-insecurity-in-goma-surges/).

L’unica speranza: la cooperazione internazionale

La situazione della popolazione è leggermente migliorata nel corso degli ultimi 20 anni grazie alle missioni umanitarie portate avanti da diversi gruppi missionari e ONG. La stessa ONU è presente da un ventennio in questa regione, con una missione di Caschi Blu chiamata MONUSCO. Sono stati loro ad intervenire per primi nell’assassinio di Attanasio e dei suoi uomini, i quali, tra l’altro, si stavano recando proprio verso un progetto del World Food Program guidato dalla FAO. Ciò è un’ulteriore prova del fatto che nonostante la difficile situazione, diverse iniziative umanitarie sono attive e presenti nella zona, di cui mirano a migliorarne le condizioni di vita e di sicurezza.

Diego Zorrilla, Deputato dell’ONU alla coordinazione Umanitaria in RDC, ha dichiarato, dopo l’uccisione di Attanasio, che le ONG presenti, aumenteranno ulteriormente la loro collaborazione con il governo per cercare di intervenire più efficacemente sulle condizioni di sicurezza nella zona. Zorrilla ha dichiarato che l’attacco è stato “un ulteriore sollecito a non dimenticare le difficili condizioni di lavoro degli attori umanitari preseti nella zona”, oltre che dell’insicurezza ancora troppo determinante nel Nord Kivu (https://www.africanews.com/2021/02/23/congo-faults-rwandan-rebels-for-italian-envoy-s-killing/).

Questa stretta e continua collaborazione tra la popolazione locale, le ONG presenti, le missione umanitarie e la comunità internazionale sembra essere l’unica speranza per la popolazione di quest’area. Per questo è importante che il loro lavoro continui, nonostante l’accaduto e nonostante le difficoltà che si moltiplicano quotidianamente. Luca Attanasio, da ciò che ci hanno raccontato i nostri partners, era un attore molto attivo, convinto e determinato del proprio lavoro e della propria missione nell’area; egli ha visitato più volte le comunità disperse nell’area, passando delle giornate intere nelle missioni di volontari locali, ed era un grande sostenitore del programma locale coordinato dalle Nazioni Unite.

Ciò che dobbiamo credere e sperare, dunque, è che la sua vita non sia stata troncata così brutalmente invano, e che il suo approccio ai problemi locali possa essere un modello per tutti. Speriamo infatti, che l’accaduto porti sotto gli occhi della comunità internazionale le radici profonde dei problemi che caratterizzano la zona. Se la popolazione locale ricevesse l’aiuto necessario e adeguato, attraverso lo sforzo coordinato e comunitario della comunità internazionale, la loro situazione migliorerebbe sicuramente, e alcuni dei loro problemi legati alle violenze e alla guerriglia locale potrebbero risolversi definitivamente.

Marta La Placa è una tirocinante della cooperativa sociale Volunteer in The World

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