La musica che unisce

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L’atmosfera è magica, si sente la voglia e il desiderio del pubblico di tornare a vivere l’emozione del concerto e della musica. Quello che è mancato durante il lockdown è proprio questo contatto diretto tra artista e pubblico”.

Sono le parole del Maestro Fabio Angelo Colajanni, flauto d’oro e vincitore del premio internazionale delle Arti ricevuto proprio di recente durante la nona edizione del Festival Internazionale delle Arti 2020 che si è svolto al Castello di Copertino. Il maestro ha raccontato ad Interris.it le emozioni del ritorno sul palco.

Durante il lockdown la musica non è andata in ferie, abbiamo continuato con degli incontri on line. Con concerti improvvisati sui social, dei momenti di incontro virtuali per non perderci di vista. Ad ogni modo è stata una testimonianza di quanto la musica ci abbia fatto compagnia anche durante questo periodo di quarantena”.

“Ad oggi si percepisce proprio il desiderio e la voglia del pubblico di tornare a vivere il concerto dal vivo e questa è un qualcosa di bellissimo”.

Quanto è cambiata l’organizzazione degli eventi?
Ci sono molte restrizioni che sicuramente non giovano all’organizzazione dell’evento, anche se nonostante ciò ci sono comunque tantissime persone che vogliono prendere parte a questi spettacoli. Ciò che più mi fa soffrire è vedere che la cultura sia stata lasciata completamente indietro. Non solo la musica, ma anche il teatro e tutto ciò che ruota intorno a questi settore. Le discoteche invece no, aperte. Un rischio alto che forse non era neanche il caso di affrontare”.

Per gli spettacoli musicali il numero degli spettatori è limitato, 200 persone nei luoghi chiusi e mille nei luoghi aperti. Le sedie devono essere ad un metro di distanza. Si devono lasciare i propri dati e firmare un’autocertificazione dove si attesta di stare bene. Ovviamente c’è sempre il controllo con lo scanner per la misurazione della temperatura, ma rimane tanta voglia di cultura”.

Di recente hai ritirato un premio molto importante…
“Subito dopo il lockdown sono partito subito con il piede giusto. Mi hanno chiamato per registrare le colonne sonore del film ‘Padre nostro’, un film drammatico che parteciperà anche alla mostra del cinema di Venezia con il flauto e flauto basso. È un bellissimo riconoscimento ma soprattutto una carica di energia che mi ha dato ancora più la forza per andare avanti”.

La musica è anche e soprattutto sacrificio? Cosa rappresenta per te questo aspetto nella tua vita?
Non si possono raggiungere degli obiettivi se non ci si sacrifica nello studio e nel rinunciare a certe cose, anche quella è una grande forma di sacrificio e dedizione presso la propria passione. Io parallelamente alla musica ho preso una laurea in giurisprudenza e ho sacrificato abbastanza anche nella mia giovinezza. Lo studio della musica richiedere tanto esercizio. Una vita che però alla fine dà anche tante soddisfazioni”.

Quanto è importante la musica per la formazione dei bambini e delle nuove generazioni?
É fondamentale, ma purtroppo in Italia non è molto considerata. Ci sono le scuole ad indirizzo musicale, ma non è mai approfondita come si dovrebbe. La cultura è alla base della crescita di un popolo e per questo si dovrebbero abituare i bambini ad ascoltare la musica già dalla scuola dell’infanzia. Tra i miei progetti ce n’è proprio uno dedicato ai bambini. Si chiama ‘Esopo tra favole e musica’. L’idea di base è proprio quella di far appassionare i bambini dai primi anni di vita alla musica come se fosse un gioco. Infatti attraverso la musica e i vari strumenti riproduciamo i vari versi degli animali presenti nel testo di Esopo e allo stesso tempo raccontiamo la favola grazie all’aiuto della bellissima voce narrante di Veronica Maya”.

“Inoltre sempre con questo spettacolo c’è la possibilità di andare negli ospedali. Anzi giriamo tanto i reparti per cercare di donare un sorriso ai bambini meno fortunati. Con i miei colleghi che fanno parte del progetto siamo stati al reparto pediatrico dei Salesiani di Ancona, al Meyer di Firenze, al S.Orsola Malpighi di Bologna e al Gemelli di Roma. La mia priorità è sempre mettere la musica al servizio degli altri perché al di là che un bambino decida di fare o meno la professione del musicista, la musica dovrebbe essere davvero qualcosa da apprendere sempre nella vita, perché aiuta ad essere degli uomini migliori”.

 Il 2020 non sarà ricordato solo come l’anno della pandemia ma anche come una anno funesto per le importantissime perdite musicali…
Purtroppo ci hanno lasciato due colonne portanti del panorama musicale italiano. Ennio Morricone ed Ezio Bosso ci hanno però donato un patrimonio inestimabile in particolare Ennio Morricone con la sua musica da film che ho avuto la fortuna di incontrare in più occasioni lavorative. Era una persona molto scrupolosa e attenta al dettaglio. Ezio Bosso invece era una forza della natura, il coraggio e la dedizione, la voglia di andare oltre una maledetta malattia che lo ha consumato ma che non ha mai ucciso la sua voglia di fare musica”.

Rossella Avella: