Tra muri e diritti violati, la situazione nel Sahara occidentale

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Il Sahara Occidentale, situato nel nordest del continente africano, è una regione contesa tra il Marocco e il Fronte Polisario, un’organizzazione sahariana per la liberazione nazionale.

Dopo anni di conflitti e instabilità, il suo status rimane ancora irrisolto. Nonostante nel 1963 è stata inserita dalle Nazioni Unite nella lista dei territori non autonomi, l’area è stata occupata dalla Spagna fino al 1975, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ne ha richiesto la decolonizzazione.

In seguito alla Marcia verde, una dimostrazione di massa organizzata dal governo marocchino, la Spagna ha dovuto abbandonare la colonia e, di conseguenza, Marocco e Mauritania hanno preso in mano l’amministrazione della regione. Scoppiò così una guerra tra gli occupatori e il Fronte Polisario che, nel 1979, proclamò l’area Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi, sostenuta dall’Algeria. In seguito a delle guerriglie, la Mauritania abbandonò la sua sovranità sul Sahara Occidentale, lasciandone il controllo al Marocco e al Fronte Polisario.

Un referendum potrebbe essere la soluzione al problema?

Nel 1992 le Nazioni Unite decisero di organizzare un referendum, con il quale la popolazione locale avrebbe deciso se diventare indipendente o essere annessa al Marocco. Ciononostante, la proposta non andò a buon fine in quanto il Marocco sostenne che il referendum non potesse essere effettuato dato che non esisteva una lista formale di persone autorizzate a votare. Il Fronte Polisario propose l’utilizzo del censo spagnolo effettuato nel 1974 ma il Marocco non si trovò d’accordo e affermò che la lista era stata compromessa.

Nel 2000 è stato discusso il Piano Baker, secondo il quale tutte le persone che si trovavano nel territorio sahariano devono avere il diritto di votare: la proposta viene considerata particolarmente favorevole per il Marocco e quindi rifiutata. Nel 2003 è stata pubblicata una seconda versione del piano più accurata che viene approvata dal Fronte Polisario ma alla quale si oppone il Marocco che non è intenzionato cedere il suo potere sulla regione.

Il muro della vergogna

La regione non è solamente divisa per motivi di supremazia: un muro lungo 2.700 kilometri la divide nelle aree marocchine e del Fronte Polisario. Si tratta del secondo muro più lungo al mondo e di un’area militare con il campo minato più ampio al mondo. Eretto in sei fasi, la sua costruzione ebbe inizio nel 1980 da una piccola area nei pressi del Marocco, fino a raggiungere la maggior parte della regione. Secondo il Governo marocchino, lo scopo del muro è quello di difendere la regione dai conflitti, mentre la popolazione locale crede che venga utilizzato per controllare l’area e gli interessi economici sulle miniere di fostato e sui giacimenti petroliferi.

Il campo di protesta di Gdeim Izik e le relative conseguenze

Nell’ottobre del 2010 è stato creato il campo di protesta di Gdeim Izik a Laayoune, con lo scopo di opporsi e combattere contro le condizioni ingiuste in cui vive la popolazione locale sahariana. Alcune centinaia di tende sono diventate migliaia: nonostante inizialmente la protesta non fosse armata, la situazione è degenerata velocemente con lo scoppio di conflitti tra la popolazione locale e il Marocco. Le proteste sono durate per un mese, quando le forze dell’ordine marocchine hanno smantellato il campo, accusando l’Algeria di averlo creato e finanziato con lo scopo di creare scompiglio.

Nel 2016, l’Unione Europea ha dichiarato il Sahara Occidentale indipendente dal territorio marocchino. Nonostante ciò, al giorno d’oggi la maggior parte della regione è controllata da parte del Governo marocchino e il restante territorio da parte del Fronte Polisario.

Diritto di avere un’identità

I responsabili del conflitto nel Sahara Occidentale sono molti, mentre l’unica vittima è la popolazione locale. Devono essere prese delle decisioni nei suoi interessi, tralasciando quelli economici ed imperialistici. Il Sahara Occidentale e la Guinea Equatoriale sono gli unici paesi africani in cui si parla lo spagnolo: la loro identità e il loro patrimonio culturale potrebbero andar persi per sempre. È arrivato il momento di difendere i diritti dei sahariani e di restituire loro la dignità. Il processo deve essere più trasparente e democratico, trovando soluzioni accettabili e compatibili con gli standard internazionali e con i diritti umani. Le voci delle donne e degli uomini locali devono essere ascoltate.

Beatrice Koci, Tirocinante della cooperativa Volunteer in the World

Beatrice Koci: