Morte improvvisa negli atleti, dott. Giordano: “La prevenzione fa la differenza”

Alla viglia della Giornata Mondiale del Cuore, dott. Ugo Giordano, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina dello Sport dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, descrive nell'intervista a Interris.it, i rischi legati alle aritmie giovanili negli atleti e come le famiglie possano proteggere la salute dei propri figli che praticano sport

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Si stima che almeno un giovane atleta apparentemente sano ogni 100mila muoia improvvisamente durante un esercizio fisico quale uno sport agonistico. Il Manuale MSD la definisce “Morte cardiaca improvvisa negli atleti”. Un evento raro che riguarda in larga maggioranza i maschi (colpiti fino a 10 volte di più delle femmine) e i calciatori, almeno in Europa dove il calcio è lo sport maggiormente praticato.

I precedenti: Morosini e Astori

Impossibile dimenticare le drammatiche immagini dell’arresto cardiaco che colpì il calciatore del Pescara Piermario Morosini stroncato il 14 aprile 2012 da “morte improvvisa cardiaca aritmica” mentre era in campo per giocare la partita Pescara-Livorno; o Davide Astori, difensore della nazionale di calcio italiana deceduto per una “cardiomiopatia aritmogena silente” la notte del 4 marzo 2018.

Lo studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Benché la morte improvvisa in campo sia un evento raro, è bene sapere che la prevenzione gioca un ruolo fondamentale. La Medicina dello Sport dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha recentemente promosso uno studio per quantificare la prevalenza di anomalie cardiache nei giovani atleti agonisti. Al fine di determinare se queste anomalie, rilevate grazie all’elettrocardiogramma (ECG), fossero associate all’insorgenza di cardiomiopatie in assenza di altre caratteristiche patologiche. La ricerca, svolta in collaborazione con altre strutture ospedaliere, ha coinvolto 581 giovani atleti di età media di 15 anni – per l’80% di sesso maschile – nell’arco di 18 mesi per la valutazione dell’idoneità all’attività sportiva agonistica. Per 53 di loro (9%) sono state rilevate anomalie nel tracciato ECG legate alla presenza dell’inversione dell’Onda T (WTI). Sottoposti ad indagini ulteriori (ecocardiogramma, Holter ECG, RMN o TAC cardiaca), 17 di loro (il 3% sul totale degli atleti analizzati) non hanno potuto ricevere l’idoneità all’attività sportiva agonistiche a causa delle patologie cardiache riscontrate. Nello specifico: 8 cardiomiopatie, 2 miocarditi, 5 ponti miocardici e 2 anomalie coronariche.

Onda T normale e negativa. Foto: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

La Giornata Mondiale del Cuore

In vista della Giornata Mondiale del Cuore, che si celebra ogni 29 settembre, al fine di far conoscere le malattie cardiovascolari e diffondere l’importanza della consapevolezza di queste patologie e della prevenzione a partire dall’adozione di corretti stili di vita, Interris.it ha intervistato il dott. Ugo Giordano, tra gli autori dello studio e responsabile dell’Unità Operativa di Medicina dello Sport dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il dott. Giordano ci parla dei rischi legati alle aritmie giovanili negli atleti, dell’importanza della prevenzione attraverso visite mediche e screening cardiologici e di come le famiglie possano proteggere la salute dei propri figli che praticano sport.

L’intervista al dott. Ugo Giordano (OPBG)

Esistono sport che comportano rischi maggiori per il cuore nei giovani atleti, o sono tutti uguali?

“Gli sport si possono catalogare in base all’impegno cardiovascolare: ci sono quelli ad impegno elevato e altri a impegno minore. Inoltre, esistono sport neurosensoriali, come il tiro con l’arco, che richiedono più concentrazione neurologica. Gli sport più impegnativi per il cuore, secondo le tabelle, sono quelli come calcio, tennis, basket e rugby, che sono anche i più praticati”.

Quali precauzioni suggerisce alle famiglie e ai genitori i cui figli praticano sport?

“La probabilità che gli atleti agonisti abbiano una cardiomiopatia nascosta è bassa, ma non trascurabile. Consigliamo sempre una visita medica con un elettrocardiogramma”.

Anche per l’attività non agonistica?

“Sì. Per l’attività sportiva non agonistica, malgrado non vi sia un obbligo in questo senso, il consiglio dei Medici dello Sport è quello di effettuare sempre l’elettrocardiogramma a ogni visita per il rilascio del certificato, in considerazione del suo valore quale strumento di screening per la salute”.

Per l’agonismo?

“Per l’agonismo esiste un protocollo preciso che prevede elettrocardiogramma a riposo e sotto sforzo, spirometria e analisi delle urine. Questo protocollo ci permette di fare uno screening efficace a basso costo e dunque accessibile a tutti anche dal puto di vista economico”.

Sono necessari ulteriori esami per gli atleti agonisti?

“No, il protocollo attuale è più che sufficiente. Il gradino utilizzato per lo sforzo, ad esempio, è uno strumento semplice ma particolarmente aritmogeno. Anche se il 95-97% dei casi non presenta problemi gravi, ci permette di fare una buona scrematura. Possiamo così individuare possibili aritmie senza eseguire esami esosi che potrebbero scoraggiare le famiglie in difficoltà”.

Esistono differenze tra maschi e femmine nella prevalenza di anomalie cardiache nei giovani atleti?

“Le anomalie coronariche, ad esempio, sono più frequenti nei maschi. Tuttavia, i dati dipendono molto dai campioni analizzati. In Italia, dove la maggior parte dei giovani atleti pratica calcio, la prevalenza tra i calciatori maschi è più alta, ma questo potrebbe essere legato al fatto che più maschi giocano a calcio. Negli Sati Uniti, ad esempio, i casi più numerosi sono nel basket e nel football, gli sport più praticati negli Usa”.

Quali sviluppi tecnologici o scientifici potrebbero migliorare la diagnosi nei giovani atleti?

“L’intelligenza artificiale potrebbe aiutare nell’interpretazione degli elettrocardiogrammi, ma al momento siamo scettici. Gli apparecchi sofisticati possono fornire dati utili, ma la decisione finale deve sempre essere presa dal medico. La tecnologia supporta, ma non sostituisce l’esperienza clinica”.

In conclusione, visto che siamo alla vigilia della Giornata Mondiale del Cuore, quali messaggi chiave vorrebbe trasmettere agli atleti e alle loro famiglie?

“Oltre alle raccomandazioni classiche – evitare il sovrappeso, fare attività fisica regolare, limitare cibi spazzatura ed eliminare il fumo – è fondamentale sottoporsi a controlli annuali se si pratica sport regolarmente, anche se non a livello agonistico. Lo screening elettrocardiografico rappresenta un’ottima opportunità per identificare precocemente cardiomiopatie e altre patologie che aumentano il rischio di morte improvvisa nei giovani atleti apparentemente sani. Il controllo non deve dunque essere visto solo come un obbligo burocratico, ma come un’occasione per le famiglie e per gli atleti stessi di essere certi di poter svolgere attività fisica in sicurezza. Lo sport è salute! Assicuriamoci che lo sia per tutti e non un pericolo per alcuni”.