Spesso, in molte parti del mondo, la condizione socioeconomica determina la maggiore o minore esposizione al rischio di ammalarsi. E’ il caso di chi contrae una malattia tropicale negletta, come le popolazioni rurali più povere del Sud America che devono fare i conti con la tripanosomiasi americana, una patologia potenzialmente letale causata da un parassita il cui vettore è in molti casi una insetto, la cimice triatomina. Nota anche come la malattia di Chagas, prende il nome da ricercatore brasiliano che per primo la diagnosticò su una bambina di 2 anni il 14 aprile 1909, Carlos Ribeiro Justiniano Chagas.
Qualche dato
Si stima che le persone infette da questo morbo, a livello mondiale, siano tra i sei e i sette milioni e i nuovi casi ogni anno si aggirano tra 30 e 40mila, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), con circa 12mila decessi annui. La tripanosomiasi è diffusa principalmente in Sud America e dagli anni Novanta si sono messe in campo iniziative intergovernative per il controllo dei parassiti e dei vettori, ottenendo buoni risultati nella riduzione della trasmissione e nell’aumento dell’acceso alle diagnosi e al trattamento antiparassitario. Diciotto anni fa, nel 2005, la malattia di Chagas è stata riconosciuta dall’Oms come malattia tropicale negletta e nel maggio 2019 è stata istituita la Giornata mondiale della malattia di Chagas, che si celebra il 14 aprile. Il tema dell’edizione 2023 è l’integrazione di questa patologia nell’assistenza sanitaria di base.
L’intervista
In occasione della Giornata mondiale della malattia di Chagas, l’intervista di Interris.it al direttore scientifico dell’“Istituto San Gallicano” (IRCCS) di Roma professor Aldo Morrone.
Professore, perché questa è chiamata anche la “malattia silente e silenziata”?
“Perché colpisce chi non ha accesso alle cure sanitarie, non ha una voce politica ed è vittima delle malattie tropicali neglette. Anche se dovremmo cominciare a chiamare queste ultime ‘malattie normali che colpiscono le persone neglette’, dato che pure nei paesi tropicali colpiscono i poveri e non i ricchi. Certamente la condizione climatica con le sue caratteristiche ha un ruolo, ma è la condizione socioeconomica che determina la diffusione della malattia. Il numero conosciuto delle persone colpite oscilla tra i 6-7 e i 7-8 milioni, quando in realtà almeno altrettanti non riescono ad accedere alla diagnosi e al trattamento”.
Come si trasmette?
“E’ una malattia zoonotica, pare sia la terza malattia parassitaria più presente al mondo. E’ diffusa principalmente in Sud America e il suo principale vettore di trasmissione è un insetto, la cimice triatomina, mentre in casi in Europa sono pochi e riguardano soprattutto persone provenienti da quel continente o turisti che hanno visitato quelle aree. Queste cimici si nutrono di sangue e sono attive di notte, quando pungono la pelle, soprattutto quella del viso, per nutrirsi. Durante il cosiddetto pasto ematico, rilasciano feci che contengono il protozoo tripanosoma cruzi, l’agente della tripanosomiasi americana, e l’uomo poi grattandosi e/o portandosi le mani agli occhi o alla bocca fa penetrare il parassita”.
Quali sono i tempi e i sintomi della malattia e i rischi per la salute?
“La malattia danneggia principalmente il sistema nervoso, il cuore e l’intestino, ma dopo il contagio può capitare che per anni, anche decenni, non si presentino disturbi. Data la perdurante assenza di sintomi, molte persone non sanno di essere state contagiate, non si curano e così possono anche morire senza sapere di essere stati punti. Conosciamo l’esistenza di due forme di malattie di Chagas, una acuta, sostanzialmente la più grave e che porta al decesso ma colpisce un ristretta percentuale di pazienti, soprattutto quelli soggetti da positività all’hiv, e una cronica. Quest’ultima presenta una percentuale molto alta di malattia asintomatica, pari al 70-75%, o paucisintomatica, con sintomi quali febbre, mal di testa, anoressia e malessere generale”.
Quali cure e trattamenti sono a disposizione oggi contro questa malattia?
“Abbiamo delle terapie farmacologiche come il benznidazolo e il nifurtimox, farmaci antiparassitari che permetterebbero di curare la malattia in forma definitiva, ma dovrebbero essere alla portata di tutti”.
Il tema dell’edizione di quest’anno della Giornata mondiale della malattia di Chagas è la richiesta di inserire questa patologia nell’assistenza sanitaria di base dato che, secondo l’Oms, in molti Paesi ci sono bassi tassi di rilevazione e diversi ostacoli all’accesso a un’assistenza sanitaria adeguata. Cosa occorre fare?
“Va bene ricordare la data del 14 aprile 1909, quando Chagas ha effettuato la prima diagnosi di questa malattia su una bambina di 2 anni, Berenice, l’importante però è che non ce ne dimentichiamo per gli altri 364 giorni. Tante strutture si prodigano per sensibilizzare su questa patologia, in Italia l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il Careggi di Firenze, lo Spallanzani di Roma. Il motto dell’edizione di quest’anno della giornata andrebbe bene per tutte le malattie neglette in realtà. In quei Paesi servono innanzitutto servizi sociali e servizi sanitari, strade, acqua potabile e scuole per garantire a tutti una vita dignitosa. Ci vogliono poi investimenti professionali, in modo che i medici non siano poi costretti a fuggire per cercare opportunità migliori altrove, e in tecnologia, per poter disporre nel più breve tempo possibile di strumenti diagnostici”.
Qual è allora la situazione delle altre patologie tropicali neglette?
“E’ drammatica, perché colpiscono tra gli 1,5 e i 2 miliardi di persone nel mondo, tra quelle conosciute, e hanno un impatto sia sulla loro salute che sulle economie di questi Paesi. Sarebbe necessario che l’Oms obbligasse i Paesi a investire nello sviluppo di questi Paesi”.