E’ più povera e iniqua una società che non rispetta l’ambiente. A cominciare dalla tavola. Papa Francesco lo ha ribadito più volte. I dati lo confermano. L’ alimentazione è responsabile per il 32% della salute umana. E del 25% dell’impatto che l’uomo ha sull’ambiente. Alcuni esempi sono indicati dal report Sima. La società di medicina ambientale ha quantificato i danni. Per il trasporto aereo di un chilo di kiwi dalla Nuova Zelanda vengono emessi 24,7 chili di anidride carbonica (Co2). Bruciando 7,9 chili di petrolio. Un chilo di mele cilene viaggia per per 12 mila chilometri. E produce 18,3 chili di anidride carbonica. Consumando 5,8 chili di petrolio. Un chilo di carne argentina viaggia per 11 mila chilometri. Bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 kg di Co2.
Transizione ecologica
Per avviare il processo di transizione ecologica è necessario che tutti gli attori di questo processo siano coinvolti. A partire da chi il cibo lo produce. Un ruolo centrale sarà quello degli agricoltori. In Italia la superficie terrestre agricola è quasi il 42% del totale. Di questo, circa il 74% dei terreni agricoli è destinato all’agricoltura. E il 26% è costituito da prati e pascoli. E rappresenta la terza fonte di emissioni di gas serra. Nel 2019, il settore agricolo nazionale ha prodotto il 7,1% delle emissioni nazionali. Un primo segno del cambiamento è dato da una diminuzione del 17,3% delle emissioni nazionale. Nel periodo che va dal 1990 al 2019.
Ruolo per l’ambiente
Anche le istituzioni giocano un ruolo centrale nell’individuare soluzioni che possano garantire un approccio olistico. In grado di avviare un cambiamento a tutti i livelli. In tal senso, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) punta ad avviare un cambio di paradigma. Nell’intero settore agroalimentare nazionale. Il piano stanzia oltre 6,8 miliardi di euro per innovare. E per rendere sostenibile l’intera filiera agroalimentare. Intervenendo sulla logistica (800 milioni). Sull’agrisolare (1,5 miliardi). Sull’ammodernamento delle macchine agricole (500 milioni). Sui contratti di filiera (1,2 miliardi). Sullo sviluppo delle produzioni e delle tecnologie inerenti biogas e biometano (2 miliardi). E sugli invasi e il sistema irriguo (880 milioni).
In difesa dell’ambiente
Oggi per la Giornata Mondiale dell’Ambiente parte “We, the Food, the Planet“. Programma ludico-educativo su cibo, alimentazione e sostenibilità. “Dobbiamo parlare“. E questa volta a chiedercelo è il nostro pianeta. E vuole parlare, soprattutto con i giovani, del nesso tra cibo, ambiente e clima. La produzione di cibo rappresenta fino al 29% dell’impronta ecologica globale. Provoca fino al 37% delle emissioni totali di gas serra. Senza contare che l’agricoltura utilizza il 70% dei prelievi di acqua dolce disponibile per l’irrigazione. A livello globale il 70% degli under 18 crede che i cambiamenti climatici siano un’emergenza da affrontare. Ma in pochi conoscono il nesso tra produzione di cibo e clima.
Concetti fondamentali
Un allarme dimostrato dall’indagine della Fondazione Barilla (FB). In Italia solo 1 giovane su 3 è “informato” tra chi conosce la sostenibilità. Cioè sa che il benessere del pianeta dipenda anche da cosa mettiamo nel piatto. Per questo, nella Giornata Mondiale dell’Ambiente, viene avviato il piano per introdurre concetti fondamentali su cibo, alimentazione e sostenibilità. La cui comprensione è indispensabile per capire un dato- chiave. Ossia quanto il contributo di tutti sia necessario per salvare il pianeta. “Vogliamo raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. Quindi dobbiamo proseguire sulla strada di una transizione ecologica. Capace di mettere a sistema l’alimentazione, la salute e la tutela dell’ambiente. In questo percorso, un ruolo centrale spetterà all’istruzione- spiega Alessio Mennecozzi (responsabile FB)- Educare le nuove generazioni significa fornire gli strumenti per imparare a guardare il mondo in modo olistico. Contribuendo alla promozione di stili di vita sani. Sostenibili in società che siano più eque e prosperose. Ma per poterli coinvolgere, abbiamo bisogno di intercettare il loro linguaggio”.
Problematiche globali
Aggiunge Mennecozzi: “Ecco perché abbiamo deciso di creare uno strumento che i giovani ben conoscono. Una “chat” virtuale. Dall’altra parte, però non avremo un amico qualunque. Ma il nostro pianeta. Che, attraverso l’espediente ludico, aiuterà a comprendere le problematiche globali. Legate al cibo. Per poi avviare un percorso di consapevolezza. Sul ruolo di ciascuno di noi quale attore del cambiamento”. Grazie alla doppia piramide della salute e del clima si potrà fare una scoperta. Capire cioè che ogni cultura offre la possibilità di seguire un modello alimentare sano. E rispettoso del clima. A partire dalla tradizione gastronomica di sette regioni del mondo, i giovani apprenderanno il loro impatto sulla salute dell’uomo e dell’ambiente. L’esperienza continua con la sezione dedicata a ciò che mangiamo ogni giorno. Approdati alla sezione finale si riceverà uno scontrino virtuale. Tramite il quale sarà possibile scoprire quanto siamo sostenibili a tavola.