Campagna Moige contro il cyberbullismo. Cosa significa essere cittadini digitali e quali sono le sfide da affrontare?- si chiede Giovanni Pascuzzi-. Vediamo come la cittadinanza digitale è un concetto molto ampio e in continua evoluzione e cerchiamo di definirli attraverso gli atti normativi e sotto il profilo di discipline quali sociologia, psicologia, pedagogia, tecnologia, comunicazione“. Per il Consiglio d’Europa la cittadinanza digitale è “la capacità di partecipare attivamente, in maniera continuativa e responsabilmente alla vita della comunità (locale, nazionale, globale, online ed offline). A tutti i livelli (politico, economico, sociale, culturale e interculturale)”. Il Consiglio d’Europa definisce cittadino digitale la persona che possiede le competenze per la cultura democratica. Così da essere in grado di impegnarsi in modo competente e positivo con le tecnologie digitali in evoluzione. Di partecipare attivamente, continuamente e responsabilmente alle attività sociali e civiche. Di essere coinvolto in un processo di apprendimento permanente (in contesti formali, informali e non formali). E di impegnarsi a difendere continuamente i diritti umani e la dignità.
Campagna Moige
L’Istituto comprensivo statale (Ics) Don Giulio Testa di Venafro (IS) ha ospitato il centro del Moige. Il Movimento italiano genitori promuove un uso sicuro del web. E contrasta il bullismo (aumentato del 10%) e il cyberbullismo (cresciuto dell’8%). Prosegue, dunque, il tour del progetto “Giovani Ambasciatori per la cittadinanza digitale contro cyberbullismo e cyber risk”. L’iniziativa in Molise rientra nella campagna nazionale che promuove un uso sicuro della rete. E mira a contrastare il bullismo, aumentato del 10%. E il cyber bullismo, cresciuto dell’8%. Tre sessioni formative di 50 minuti su queste tematiche tenute da Clarisse Wille e Lorenza Silvestri. Due psicologhe della task force anti bullismo del Moige. Il centro mobile e le psicologhe Moige sono rimaste oltre l’orario scolastico nel cortile dell’istituto Ics. A disposizione di studenti, docenti, ma anche di tutti i cittadini. Per rispondere a domande e offrire sostegno e consigli. Si sono anche tenuti due interventi diretti ai genitori e ai docenti, presso la scuola. Per informarli su come aiutare i propri figli ad usare internet in sicurezza. E sensibilizzarli su bullismo e cyberbullismo. Insegnando loro a percepire anche i piccoli campanelli di allarme nei minori, sia che si tratti di vittime, sia di bulli.
Prepotenze in rete
A lanciare l’allarme è l’ultimo studio condotto dal Moige. In collaborazione con l’Istituto Piepoli. Più della metà dei minori in Italia (54%) ha subito prepotenze sul web o di persona. Si tratta di un dato cresciuto di ben il 10% in soli 2 anni. Il 10% dei minori (+3%) ha preso parte ad episodi di prepotenza. Il 6% ha usato foto o video per offendere altre persone. Il 53% (+15% rispetto al 2020) prende abitualmente in giro uno o più amici. Dicendo che, però, lui/loro sanno che lo fa per scherzare. Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a prepotenze, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”. Un dato che nel 2020 era il 44%. Comportamenti incauti, dunque. Ma anche forti responsabilità dei social. Che portano a valutare in modo superficiale i rischi. E mettono in pericolo i giovani. “Giovani Ambasciatori per la cittadinanza digitale contro cyberbullismo e cyber risk” è la campagna del Moige. Sostenuta da Enel Cuore Onlus. In collaborazione con Polizia di Stato. Associazione nazionale comuni italiani (Anci). Un nodo blu del Ministero dell’Istruzione. Coni. Fondazione Cariplo. L’obiettivo è rendere gli studenti più consapevoli dei rischi di internet. Responsabilizzare. Stimolare docenti e genitori ad avere un ruolo di guida e controllo più attivo. In questa settima edizione sono coinvolte 300 scuole. Circa 75.000 alunni. Oltre 2000 docenti. E 150 mila genitori sul territorio nazionale.
Sos media
“Di fronte ad un caso come quello del tiktoker bolognese, suicida in diretta, non possiamo che rimanere atterriti. E porci delle domande alle tante problematiche che questa morte porta alla luce”, afferma Elisabetta Scala. Aggiunge la vicepresidente del Moige: “In primis c’è la necessità di lavorare con i nostri ragazzi per un’educazione all’uso dei nuovi media del web e dei social. Perché chiaramente sono completamente impreparati, incapaci di gestire tutto il carico emotivo che consegue dare e ricevere messaggi attraverso il web“. Prosegue la vicepresidente del Movimento italiano genitori: “Per i più giovani il mondo virtuale è molto più reale di quello che li circonda“. Perciò “quello che accade lì finisce per avere un impatto emotivo enorme su di loro. Tanto che in più di un caso si parla di istigazione al suicidio quando dal web arrivano delle vere e proprie persecuzioni. Come nel caso di Vincent Plicchi“.
Campagne d’odio
Per la morte in diretta su TikTok del 23enne, la procura di Bologna ha aperto un fascicolo conoscitivo. Senza indagati né ipotesi di reato, anche se, secondo le ricostruzioni di molti utenti, il suicidio è arrivato dopo una campagna di odio nei confronti del giovane, che è stato accusato falsamente di essere un pedofilo. “Tutto ciò insegna come ci sia bisogno di lavorare molto sul piano del bullismo. E, di conseguenza, del cyberbullismo”, riprende ancora Scala, sottolineando come “quando si tratta del web c’è una gravante ulteriore. Ovvero il fatto che il bullo non vede la vittima. E non è in grado di comprendere la reazione, il dolore che provoca“.