La voce della scienza sui miracoli: il punto di vista di un ricercatore medico. Il professore di Malattie Infettive all’Università Cattolica e al Campus Bio-medico, Roberto Cauda è consulente medico in Vaticano della Congregazione delle Cause dei Santi. L’infettivologo ha tenuto ieri una relazione in inglese alla la Pontificia Università Angelicum. Una presentazione che “riflette la lunga esperienza alla Consulta Medica-Collegio Medico del Dicastero per le Cause dei Santi“, spiega lo scienziato. Che si è concentrato “soprattutto sugli aspetti medici che accompagnano i processi canonici, legati a presunti miracoli”. E aggiunge: “Come esperti medici, non siamo chiamati a giudicare l’esistenza o l’inesistenza del presunto miracolo, ma solo l’inspiegabilità scientifica di ciò che è accaduto. Ad altri, teologi, cardinali e, in ultima analisi, al Santo Padre, spetta l’importante compito, dopo aver valutato sia gli aspetti medici che quelli teologici, di riconoscere un evento come miracolo necessario per la beatificazione o la canonizzazione”. L’insigne infettivologo, rappresentante italiano all’Agenzia europea del farmaco, ricorda, inoltre, “la differenza tra l’impossibilità di spiegare una guarigione da una malattia in modo naturale, come dimostrato da esperti medici, e la sua natura soprannaturale, sia nella sostanza che nel modo”.
Miracoli e procedura
“La fase iniziale è estremamente delicata. Quindi l’attenzione dei periti medici, nominati dai vescovi locali che presiedono alla raccolta delle prove, deve essere al massimo livello. Per non avviare procedure che potrebbero poi rivelarsi non supportate da prove oggettive– puntualizza lo scienziato-. Gli esperti devono astenersi dal ‘fumus miraculi’. E seguire solo la valutazione degli eventi e se questi possono essere considerati inspiegabili. Oltre al materiale clinico, i testimoni de visu svolgono un ruolo fondamentale nella valutazione dei presunti miracoli”. Anche nei miracoli cosiddetti “storici” (riguardanti guarigioni avvenute anche secoli fa), è necessario avere le testimonianze e le descrizioni dell’evento da parte di testimoni oculari diretti. Queste testimonianze devono essere sempre raccolte da un’autorità super partes. Le testimonianze de visu devono riferirsi sia all’aspetto medico che a quello tecnico del presunto miracolo. “Fondamentale la presenza dell’esperto medico o tecnico, possibilmente uno specialista del settore a cui si riferisce il presunto miracolo, nella fase di sviluppo del processo diocesano- conclude il professor Cauda-. Il suo ruolo è quello di assistere il tribunale ecclesiastico nelle questioni specifiche e particolari legate ai casi, che di solito sono complessi e richiedono conoscenze specialistiche. E uno dei criteri fondamentali nella valutazione dei miracoli riguardanti le guarigioni da malattie è la completezza e la durata della guarigione nel tempo”.
Raccolta delle prove
“La prima valutazione è scientifica, basata su prove raccolte ed esaminate secondo metodi scientifici. Mentre la seconda è teologica. In sintesi, questi due ruoli possono essere riassunti come segue – sottolinea lo scienziato-. La medicina ha il compito di determinare. Mentre la teologia ha il compito di interpretare come sono avvenuti i presunti miracoli. Non c’è dubbio che la valutazione medica abbia un ruolo rilevante nel determinare non l’origine miracolosa della guarigione dalla malattia, ma l’esclusione di una possibile causa naturale”. Le procedure canoniche di canonizzazione e beatificazione affondano le loro radici nel Medioevo, con il pontificato di Gregorio IX (1227-1241). E sono state modificate nel corso dei secoli fino alle riforme più recenti. Tra le quali quella di Benedetto XIV “De Servorum Dei beatificatione et Beatorum canonizatione”. Quella di Pio XII con l’istituzione della Commissione medica nel 1948. E quella di Giovanni XXIII con la definizione della Consulta medica. In particolare il cardinale Prospero Lambertini, papa Benedetto XIV, stabilì una serie di parametri per la definizione della guarigione miracolosa dalla malattia che, a distanza di secoli, mantengono inalterata la loro validità.
Inspiegabilità
“La malattia deve quindi essere grave e difficile da curare – afferma il professor Cauda-. La malattia deve trovarsi in uno stadio avanzato del suo naturale processo evolutivo, dopo il quale non può avvenire la sua naturale risoluzione. Per rispettare questa proposizione, il malato guarisce, anche se non ha alcuna probabilità di guarire secondo la cura che ha ricevuto”. Le altre cinque condizioni espresse dal cardinale Lambertini riguardano la terapia, il tempo e il modo in cui avviene la guarigione e la sua persistenza. A tutte queste caratteristiche costitutive del miracolo, di cui è necessaria la preventiva definizione, segue il giudizio sull’inspiegabilità scientifica di una guarigione. “Affinché ciò possa essere affermato al di là di ogni ragionevole dubbio, l’analisi e la valutazione dell’avvenuta guarigione da una malattia devono essere condotte da esperti nel modo più rigoroso possibile– puntualizza lo scienziato-. Per questo motivo il ruolo dei medici esperti è importante. Perché sono chiamati a giudicare, pur nella consapevolezza della fallibilità e della limitatezza umana, se un determinato evento possa trovare o meno una sua spiegazione scientifica”.
Miracoli nel passato
Gli esperti di medicina sono stati presenti nella valutazione di possibili miracoli legati alla guarigione di malattie anche nei secoli passati, come dimostra la definizione del XIII secolo “peritis in arte credendum est“. Oltre alle guarigioni da malattie, altri possibili miracoli includono alcuni eventi fisici, come la moltiplicazione di cibo o acqua, lo scampato pericolo dopo eventi catastrofici. “Non sono invece considerate le guarigioni da malattie mentali, le riconciliazioni familiari, le conversioni, le rinunce a un vizio- precisa il professor Cauda-. Il motivo è che questi fatti si basano su elementi soggettivi che sono difficili, se non impossibili, da verificare scientificamente. Le guarigioni miracolose possono avvenire in tutto il mondo e in ogni ambiente, sia religioso che laico. Le guarigioni miracolose che avvengono in Paesi dove la Chiesa è osteggiata, se non addirittura perseguitata, sono più difficili da documentare per ragioni oggettive. L’elemento chiave nella valutazione dei miracoli è la necessità di elementi di giudizio concreti, oggettivi e quindi soggetti ad analisi scientifica”. Il giudizio dell’esperto deve essere imparziale e basato esclusivamente sulla sua cultura ed esperienza.
Scienza e coscienza
“In questo modo, il suo giudizio, positivo o negativo che sia, sarà utile alla Chiesa – osserva il docente universitario-. La responsabilità dei medici professionisti è grande. E devono svolgere il loro compito, come ha sottolineato il Prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, il cardinale Marcello Semeraro, in un recente incontro con gli esperti della Consulta Medica, seguendo due leggi: lex scientiae e lex coscietiae“. Da un lato, questo approccio rispetta la religiosità del popolo di Dio, che desidera vedere innalzate alla gloria degli altari persone decedute che hanno dimostrato grande fede e carità nella loro vita. D’altra parte, questo riconoscimento si basa su solide basi scientifiche. Pertanto, gli esperti devono evitare, avvicinandosi al caso loro assegnato, l’atteggiamento positivista o scientista, secondo il quale il medico cerca in tutti i modi di escludere l’inspiegabilità della guarigione dalla malattia. Va evitata anche l’ingenuità fideistica o la disponibilità a considerare qualsiasi guarigione a priori inspiegabile. Il compito dei periti medici si svolge attraverso varie fasi, che culminano nella loro presenza nella Consulta Medica. E’ questa, racconta Roberto Cauda, la conclusione di un processo complesso che inizia con la raccolta di materiale (quasi sempre clinico) a livello diocesano.