Nel centenario della nascita, la profezia educativa di don Lorenzo Milani

Logo Interris - UN ALLIEVO DI DON MILANI: "VI RACCONTO UN PRETE SCOMODO"

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: UN ALLIEVO DI DON MILANI: "VI RACCONTO UN PRETE SCOMODO"

Nel centenario della nascita di don Lorenzo Milani esce la biografia (TS Edizioni) sulla profezia del sacerdote educatore. Mario Lancisi ne traccia il ritratto attingendo a nuove lettere, scritti e testimonianze. Tra le quali spicca la corrispondenza tra don Milani e Adele Corradi, insegnante a fianco del priore alla Scuola di Barbiana. E quella con Francuccio Gesualdi, che con il fratello Michele ha vissuto per tredici anno in canonica con il sacerdote. Il libro sulla straordinaria vita di Lorenzo Milani, morto a soli 44 anni, racchiude oltre mezzo secolo di studi sul priore di Barbiana. Il “fil rouge” dè quello di un profeta religioso e civile che ha marcato profondamente la storia del Novecento. “Basti passare in rassegna le sue opere principali per rendersene pienamente conto- osserva Lancisi-. Con ‘Esperienze pastorali’, uscito nel 1958, don Milani anticipò la riforma
religiosa che, a partire dall’autunno del 1962 verrà realizzata dal Concilio Vaticano II. Figlio della Chiesa di papa Pacelli, don Milani con il suo coraggio schiude gli orizzonti al tempo nuovo del cristiano copernicano, secondo una fortunata definizione di Ernesto Balducci“.

Nel segno di don Milani

L’interesse dell’autore per il priore di Barbiana è nato da una bocciatura scolastica. Figlio di una famiglia poverissima, viene respinto e posto così davanti al bivio se proseguire gli studi o abbandonarli per andare a lavorare. “Non ricordo chi, ma in quell’estate di rabbie e pensieri corti, qualcuno mi suggerisce di leggere ‘Lettera a una professoressa‘ – racconta Lancisi –. Già l’incipit inizia a farmi sobbalzare il cuore: ‘Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che respingete. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate”. Aggiunge Mario Lancisi: “Procedo nella lettura tra voglia di ridere e di piangere. La Lettera esprimeva tutto quello che io sentivo dentro, ma non sapevo tirare fuori per timidezza, mancanza di cultura e di capacità di usare la parola come fionda dei sentimenti. È la grande lezione di don Milani: se un povero possiede la parola è come se possedesse la fionda usata da Davide contro Golia“.

Racconto appassionato

La scoperta di don Milani, agli inizi degli anni Settanta, porta Lancisi a fare la conoscenza
con figure del mondo milaniano, dalla mamma Alice a compagni di seminario come don
Auro Giubbolini, e questi incontri si intrecciano con la vita del priore e rendono il racconto
più vivo e appassionato. «Luglio 1977. È la mia prima volta a Barbiana. Mi accompagna don Auro Giubbolini, compagno di seminario di don Milani. Quel giorno, il 13 del mese, un
mercoledì, si tiene il raduno della classe di don Lorenzo, a trent’anni dall’ordinazione
sacerdotale e a dieci dalla sua morte. Quel giorno a Barbiana incontriamo anche altri
sacerdoti, venuti dalla Romagna. Nitidamente ricordo che uno di questi, disse: “Nei nostri
luoghi registriamo molta confusione sulla figura di don Milani. Ci sono ad esempio i “Cristiani per il socialismo” che lo presentano in un modo per noi inaccettabile. Diteci voi, suoi compagni di seminario, voi che l’avete conosciuto da vicino, chi era veramente don Milani in modo che noi possiamo tornare a casa con la sua vera immagine”.  Silenzio. Balbettii. Fumosi mozziconi di frasi. Per sapere chi veramente è stato don Milani bisognerà aspettare quarant’anni e un’altra estate, quella del 2017 quando papa Francesco sale a Barbiana a pregare sulla tomba del priore. Lui, il Papa, ha le idee chiare. Don Lorenzo è un sacerdote e un educatore modello. Ai preti presenti dice: prendete lui come esempio”, scrive Lancisi.

Conversione

Con L’obbedienza non è più una virtù (1965) il priore di Barbiana affrontò con i suoi ragazzi i grandi temi della pace. In un mondo sul crinale del conflitto atomico, della disobbedienza civile e del primato della coscienza. Il movimento pacifista si radica lì, nella disobbedienza creativa di don Lorenzo, come più volte ha riconosciuto Gino Strada. Infine, con “Lettera a una professoressa” (1967), scritta con i suoi ragazzi seguendo il metodo della scrittura collettiva, don Milani colse il clima che sfociò nel ’68 denunciando il carattere classista della scuola e affermando l’idea della pluralità delle culture. “Radici”, ripercorre gli anni dal 1923 al 1943, dalla nascita alla conversione. Quelli che Lorenzo definirà i «vent’anni passati nelle tenebre» da figlio di una famiglia ricca e colta, di cui l’autore ricostruisce la genealogia e anche i luoghi, da Odessa a Verona, da Firenze a Montespertoli, a Castiglioncello. Appuntando l’attenzione su figure chiavi come la mamma e il babbo. Particolare attenzione, negli anni precedenti la conversione, viene dedicata al rapporto con collaboratrice Carla Sborgi e alla pittura”.

Conflitto

La parte II si snoda dal 1943 al 1947 e abbraccia gli anni che vanno dal seminario alla guerra (il giovane Lorenzo si salva per miracolo dallo scoppio di una bomba, a Montespertoli). Alla scelta di votare per la Repubblica nel referendum del 1946, fino all’ordinazione sacerdotale, il 13 luglio 1947. La parte III, 1947-1954, affronta il periodo in cui Milani fu cappellano a San Donato di Calenzano (Fi), periodo cruciale in cui fonda il doposcuola. E  matura le esperienze pastorali, poi confluite nell’omonimo libro. Esperienze che lo portano a confliggere con la Curia, la Dc e il mondo padronale. Così quando muore il parroco don Daniele Pugi, don Milani viene trasferito a Barbiana. Qui, parte IV, don Lorenzo resterà per tredici anni, dal 1954 al 1967, l’anno in cui muore di tumore. E qui sforna, assieme anche ai suoi allievi, le tre sue principali opere. A Esperienze Pastorali è dedicata la parte V, dove viene dato conto di quanto sia stato un libro fondamentale nell’Italia di fine anni Cinquanta, ma anche divisivo.

Disarmo

A “L’obbedienza non è più una virtù” è dedicata la parte VI che analizza sia la Lettera ai cappellani militari che la Lettera ai giudici. E inserisce il testo di don Milani nel contesto dell’impegno dei cattolici fiorentini in favore della pace e del disarmo. Lettera a una professoressa è trattato nella parte VII. L’ultima parte, ottava, dedicata al cristiano del futuro, va dalla morte di don Milani alla sua storica riabilitazione, che si ha con la visita di papa Francesco a Barbiana, nel 2017. Il libro si conclude con due testimonianze inedite e di grande spessore. Adele Corradi, 99 anni, la professoressa che, dal 1963, aiutò don Lorenzo a fare scuola a Barbiana fino alla sua morte. E Francuccio Gesualdi, che con il fratello Michele ha vissuto in canonica con il priore.

Rivoluzione spirituale

Mario Lancisi, giornalista e scrittore, a lungo inviato del Tirreno e collaboratore dell’Espresso, scrive per il Corriere Fiorentino. Tra i massimi esperti del priore di Barbiana, gli ha dedicato diversi libri, tra cui: I Folli di Dio. La Pira, Milani, Balducci e gli anni dell’Isolotto (2020), Processo all’obbedienza. La vera storia di don Milani (2016), Il segreto di don Milani (2002). È autore di inchieste, biografie e testi dedicati a Gino Strada e padre Alex Zanotelli. Nel 2015, insieme al magistrato Gian Carlo Caselli, ha pubblicato Nient’altro che la verità. Per TS Edizioni ha curato il libro-intervista a padre Guidalberto Bormolini “Questo tempo ci parla”. La rivoluzione spirituale e il sogno di una nuova umanità (2022) e l’inchiesta “Preti verdi”, l’Italia dei veleni e i sacerdoti simbolo della battaglia ambientalista (2021).

Giacomo Galeazzi: