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Migrantes Marche: tutte le iniziative messe in campo per giostrai e invisibili

Tra gli organismi in prima linea c'è la "Fondazione Migrantes". La sezione Marche é guidata da padre Renato Zilio che ci racconta la sua esperienza con gli invisibili

Le Marche sono state tra le regioni più colpite dal coronavirus. Ad oggi, secondo i dati del Gore, i positivi sono ancora 180 e i decessi totali da inizio pandemia sono stati 987. Il Covid-19 non ha portato solo sofferenze fisiche e lutti, ma anche un forte aumento della povertà. Tante le persone che per la rima volta in vita loro si sono dovute rivolgere alle Caritas e alle parrocchie locali per pagare le bollette, per un pasto caldo, per avere un tablet per la didattica a distanza dei figli o solo per ricevere una parola di conforto. Non sono solo stranieri, dunque, ma sono principalmente gli italiani il campione più rappresentativo di questi nuovi poveri causati dal lungo stop della produzione.

La fondazione Migrantes

Le caritas e le parrocchie delle Marche si sono prodigate in tutti i modi per venire incontro alle tante richieste di aiuto. Tra gli organismi in prima linea c’è la “Fondazione Migrantes” sezione marchigiana guidata da padre Renato Zilio. La Fondazione Migrantes è un organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) istituito il 16 ottobre 1987. Accompagna e sostiene le Chiese particolari nella conoscenza, nell’opera di evangelizzazione e nella cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri, per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti e opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi. Ma anche per stimolare nella società civile la comprensione e la valorizzazione della loro identità in pacifica convivenza. Dà particolare attenzione alla tutela dei diritti della persona e della famiglia migrante e alla promozione della cittadinanza responsabile dei migranti.

Padre Renato Zilio

Nato a Dolo (n Veneziano) nel 1950, Padre Renato Zilio è missionario scalabriniano. Ha compiuto gli studi universitari a Padova in campo letterario, e a Parigi in teologia, conseguendo un titolo di master in teologia delle religioni. Ha fondato e diretto il Centro interculturale di Ecoublay nella regione parigina e diretto a Ginevra la rivista “Presenza italiana”. Dopo aver vissuto diversi anni a Londra, al Centro interculturale Scalabrini di Brixton Road, Padre Zilio, è ora direttore Migrantes per le Marche.

Coronavirus

Il lavoro svolto durante il coronavirus ha riguardato nelle Marche interventi a 360 gradi. “Nelle diocesi dove vi sono strutture di accoglienza per migranti, come ad esempio nella diocesi di Fano, l’attività di accoglienza non si è fermata durante la pandemia”, racconta a In Terris don Zilio.  “In quella di Pesaro abbiamo avviato una proficua collaborazione con la sede locale della Protezione civile che ha distribuito i pasti ai migranti e ad anziani e malati, per non avere assembramenti nei locali della Caritas”. “Inoltre – prosegue don Zilio – Don Sergio della Migrantes di Ancona, missionario per anni in America latina, ha svolto una preziosa attività pastorale. Grazie al telefono, ha incoraggiato e sostenuto migranti, ammalati ed anziani della parrocchia”. “P. Mihajlo, responsabile delle comunità ucraine delle Marche – aggiunge padre Zilio – si é invece premurato di dare a tutti informazioni corrette e aggiornate sulle celebrazioni del vescovo Dionisio a Roma, trasmesse attraverso i social o direttamente trasmesse dalla capitale Kiev, sede metropolitana della Chiesa greco-cattolica ucraina”. “P. Giorgio, parroco a Loreto, ogni venerdì ha fatto in solitario la Via Crucis per le piazze e le strade. E’ stata un’iniziativa molto seguita dai balcone delle case lauretane”.

I giostrai

Tra le tante tipologie di lavoratori rimasti improvvisamente senza entrate, ci sono i giostrai e i circensi. Quando iniziò il lockdown, nelle Marche erano presenti diversi gruppi di giostrai nei vari luoghi cittadini. Tra le varie località ricordiamo Fabriano (in provincia di Ancona), S. Benedetto del Tronto (in provincia di Ascoli Piceno) e Pesaro. “Un problema particolare – ricorda don Zilio – è stato il caso di tre gruppi di giostrai rimasti bloccati in tre diocesi, da Pesaro ad Ancona a S. Benedetto del Tronto”.

Bergantino, capitale dei giostrai

“La Migrantes Marche è stata allertata da una Migrantes fuori regione, a sua volta contattata dai giostrai di Rovigo. Lì c’è la “capitale” delle giostre, il noto paese di Bergantino. Il paese ospita anche il museo storico della giostra e dello spettacolo popolare, che ha riaperto lo scorso 1 giugno”. L’economia del Comune è infatti basata principalmente sul settore dell’intrattenimento itinerante, tanto da essere conosciuto anche come “il paese della giostra”. Numerose sono le aziende che operano da anni nel settore, progettando e realizzando giostre per il mercato italiano ed estero, contribuendo a farne dell’Italia uno dei più importanti produttori mondiali. “Con il lockdown, i giostrai erano rimasti bloccati nelle Marche. Non potevano tornare nelle loro case fuori regione e inoltre, coi luna park chiusi, non avevano entrate ed erano finite le risorse economiche. Loro vivono dei compensi della giornata. Una situazione già precaria, poi collassata con l’arrivo del coronavirus e conseguente quarantena”. Una situazione delicata per la quale la Migrantes Marche si è attivata subito. “Per venire loro incontro, abbiamo coinvolto le Caritas diocesane che hanno dato portato subito il sostentamento necessario, fino alla fine della quarantena e alla loro ripartenza. Il non avere una residenza fissa, crea un a cascata di problemi, anche scolastici per i propri ragazzi da scolarizzare. Una vicenda particolare scaturita dalla pandemia che però – grazie all’aiuto e alla collaborazione di più organi della Chiesa – si è conclusa felicemente”.

L’intervista

Don Renato, qual è la missio di Migrantes Marche?
“E’ quella di accompagnare le varie comunità migranti del territorio, attraverso incontri, celebrazioni, giornate di formazione. Ma anche di aprire il cuore e la mente degli autoctoni, di chi abita da sempre questa terra. Per i migranti ritrovare i propri simili è ritrovare se stessi, in una vita di dispersione in un’altra società : movimento di sistole e diastole, del ritrovarsi e del disperdersi. Dinamica salutare, anche per la propria fede, che spesso possiede riti e simboli differenti. Per questo si ritrovano in un pellegrinaggio annuale a Loreto tutti i migranti che vivono (e fanno vivere) le Marche. Quest’anno è chiamato il « Giubileo dei migranti », e sarà domenica 11 ottobre. Anche i sacerdoti di origine non italiana – che nelle Marche rappresentano un buon numero di circa duecento sacerdoti, tra indiani, africani, latinoamericani e dell’Europa dell’Est –  godono di un’attenzione particolare da parte della Migrantes. In vari modi abbiamo, poi, valorizzato la presenza originale del Museo dell’emigrazione marchigiana (MEMA) di Recanati, per capire una pagina della nostra stessa storia di emigrazione, fatta di coraggio, di intraprendenza, di speranza e di grande fede. Una storia dove corsi e ricorsi, emigrazione di ieri e di oggi (si parla di 23.000 giovani negli ultimi anni) costituiscono un filo rosso del territorio. George Santayana scriveva: “Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”. Quest’opera di memoria aiuta a capire i tempi attuali, ad avere uno sguardo meno superficiale, un atteggiamento più empatico con l’immigrazione di oggi da altri Paesi e a camminare lungo la prospettiva indicata anche da Papa Francesco : ‘accogliere, proteggere, promuovere, intergrare’. Questa dinamica è la via maestra del rapporto con l’emigrazione e la regola d’oro per preparare il domani. Non restando al ‘piccolo mondo antico’ che ci ha formato e che risplende ancora nella miriade dei bei borghi marchigiani”.

Quali sono i tipi di povertà più diffusa?
“Se la popolazione soffre, senz’altro i migranti soffrono di più, perché più fragili della popolazione residente. Anche per avere degli aiuti dal Comune o da altre istituzioni – non essendo a volte residenti come i giostrai o avendo il permesso di soggiorno scaduto o lavorando a chiamata o in nero –  non hanno adito a questo tipo di solidarietà. È spesso una popolazione invisibile, che per questo suo status risulta ancora più fragile”.

Con il coronavirus la povertà e le richieste di aiuto sono aumentate?
“Senz’altro! Le richieste di aiuto si sono moltiplicate perché rimanere senza lavoro per mesi è mancanza di risorse essenziali per continuare a vivere. Ed è quello che vediamo nei Paesi poveri, dove rimanere inattivi a causa dl coronavirus priva di beni di prima necessità e porta alla fame”.

Come venire incontro alle necessità della gente in questo periodo di grande crisi?
“Nei Centri di ascolto si è investito tempo e energie per continuare i contatti con la popolazione migrante, semmai per via telematica. Una categoria particolare seguita dalla Migrantes sono gli itineranti, i giostranti, una popolazione per la maggior parte italiana, nonostante gli stereotipi. Si pensa infatti generalmente che siano di altre etnie, ma non è così. Ultimamente, si è venuto incontro alla popolazione migrante, a quella invisibile, con una legge per dare un permesso di soggiorno temporaneo. I limiti sono il troppo breve tempo concesso, e la settorialità ristretta, non a largo spettro degli interventi. Cosicché per esempio, chi è impegnato nel settore turistico non è contemplato. Ancora un passo troppo timido sulla via dell’integrazione e della protezione di questa componente della nostra società. Fa bene, allora, ricordare Sepulveda “Vola solo chi osa farlo!“.

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