Nella Giornata Internazionale per i diritti della Donna è fondamentale ricordare tutti coloro che agiscono per l’affermazione e la protezione degli stessi attraverso la sensibilizzazione e l’educazione delle giovani generazioni per dare vita ad un futuro migliore ove le donne, specialmente quelle che soffrono, vengano incluse a 360 gradi e ogni forma di discriminazione cessi immediatamente. Interris.it, ha intervistato su questo tema Raffaella Natale, nata a Torre del Greco ma valtellinese d’adozione, appartenente alla Polizia di Stato e da anni impegnata, attraverso la musica, la pittura ed il proprio lavoro in diverse attività di sensibilizzazione nei confronti dei più deboli, in particolare donne, anziani e bambini. Recentemente ha scritto, su impulso del padre Filippo recentemente scomparso, il libro intitolato Se un giorno io potessi i cui proventi verranno interamente donati all’associazione Il coraggio di Frida che, in provincia di Sondrio, tutela le donne vittime di violenza attraverso un supporto sociale, psicologico e legale.
L’intervista
Quale significato ha per lei la Giornata Internazionale per i diritti della Donna?
“Ha una rilevanza ed un significato fondamentale. Nel mio impegno quotidiano, per il lavoro che svolgo, quando si parla di protezione delle donne e nei casi peggiori di femminicidio, è una realtà che purtroppo è presente nella nostra quotidianità. In qualità di poliziotto non posso far finta che ciò non esista, ma ha importanza anche perché sono donna e mamma di un figlio maschio e quindi ritengo che questo sia fondamentale perché, il mio ruolo di madre, è di trasmettere a mio figlio i valori del rispetto nei confronti della donna. Punto però sempre l’attenzione sulla mancanza di differenziazione tra uomo e donna, ad esempio, quando ho parlato della mia canzone intitolata Se un giorno io potessi la quale è una canzone scritta al femminile in cui però mi rivolgo a tutte le persone vittime di violenza, senza distinzione di genere. L’importante, secondo me, è coinvolgere gli uomini in azioni di sensibilizzazione per fare fronte comune. La distinzione da operare non è tra uomo e donna ma fra il bene e il male. Infatti, questa data ha per me una profonda rilevanza come momento di condivisione e inclusione che va oltre la distinzione di genere”.
Lei recentemente ha scritto un libro i cui proventi sono destinati all’associazione denominata Il coraggio di Frida che si occupa di prevenire e tutelare le donne vittime di violenza, ciò si unisce alla sua passione per musica. In che modo è riuscita a veicolare un messaggio positivo e di speranza per le donne attraverso questi due strumenti?
“In realtà, se dovessi spiegarlo razionalmente, non saprei farlo. Ho sempre seguito l’istinto facendo ciò che ritenevo giusto, vivo la vita con l’obiettivo di fare del bene al prossimo. Sono giunta a Il coraggio di Frida perché è l’unica associazione di volontariato con un centro antiviolenza riconosciuta a livello di Regione Lombardia in provincia di Sondrio; di conseguenza, territorialmente, rivestono una rilevanza fondamentale. Il motivo per cui le mie azioni sono state veicolate su questo centro antiviolenza è per il fatto che loro non svolgono solamente un lavoro di prevenzione ma offrono assistenza, sia dal punto di vista legale che psicologico e sociale, in quanto hanno delle persone specificatamente formate che possono assistere gratuitamente – attraverso il gratuito patrocinio -. Ciò è fondamentale perché – spesso – molte donne, subiscono una violenza psicologica e di tipo economico. Molte persone non sanno che possono rivolgersi a un centro in assoluto anonimato e avere assistenza gratuita, soprattutto di tipo psicologico mentre, se ci sono dei figli, è importante la presenza dell’assistente sociale. In seguito, si arriva all’assistenza legale. È un campo così complesso che merita un’attenzione particolare e se ne deve parlare sempre, non solo in determinate giornate. In questo ambito, la musica, partendo dal brano Se un giorno io potessi, composta durante il primo lockdown quando in televisione si sentiva di molti casi di violenza domestica, ho composto per la prima volta una canzone – anche per quanto riguarda il pianoforte. In questa canzone c’è molto di me perché sono una di quelle persone che si è sentita dire che non ero bella oppure che non avrei mai pubblicato un disco, facendo scaturire in me la reazione opposta. Nel frangente del primo lockdown ho raccolto la mia esperienza personale, quindi sia le mie insicurezze che quello che sentivo dai fatti di cronaca. In particolare i molti casi di violenza domestica di quel periodo, i quali sono solo la punta dell’iceberg poiché, prima di arrivare al femminicidio, ci sono molti casi di violenza che, a volte, non vengono denunciati. La canzone, anche attraverso i social, ha avuto un certo riscontro, tanto che, hanno cominciato a scrivermi delle donne che si sono identificate nel brano. Da lì, vari comuni della provincia di Sondrio, mi hanno chiesto di poter utilizzare il brano in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione contro la violenza sulle donne e, l’Istituto Romegialli di Morbegno, l’ha fatta propria e scomposta in diversi pezzi. Mi sono detta che, se il messaggio era arrivato, bisognava usare questa canzone per qualcosa di buono, di conseguenza è nata l’idea del coraggio di Frida. Il libro invece non è stato una mia idea, è stato merito di mio padre che un giorno mi ha guardato e mi ha detto: “hai inciso un disco, ora ti manca solo di scrivere un libro”. Oltre alla mia tesi di laurea non avevo mai scritto nulla ma ho pensato che, se mio padre mi aveva detto di farlo, un motivo c’era. La storia che racconto nel libro Se un giorno io potessi non vuole avere pretese letterarie, infatti non è un romanzo ma un racconto che vuole spingere alla riflessione ed è uno strumento per dare alle persone l’opportunità di conoscere il centro antiviolenza ed indicare la strada per uscire da un problema grave”.
Quali sono i suoi auspici per il futuro in merito alla protezione delle donne in condizione di fragilità?
“Auspico che vi sia un sistema che consenta loro di avere più tutela a partire dall’informazione, in quanto la stessa, è alla base di tutto, affinché le donne vittime di violenza capiscano che si può uscire dalle situazioni problematiche. Quello che spero è che si possa sensibilizzare i più piccoli su questo tema, nelle scuole. Nel corso degli anni, partendo anche dalla scuola materna, ho fatto molti incontri sul tema della sicurezza in quanto, i più piccoli, sono il nostro futuro. È più difficile insegnare ad una persona adulta di 40/50 anni cos’è giusto e cos’è sbagliato, dobbiamo insegnarlo ai bambini, di conseguenza auspico sicuramente un sistema che si basi sulla formazione e informazione perché, tutto ciò che si verifica dopo, è una conseguenza. Non possiamo pensare di risolvere un problema se non andiamo alla radice”.