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La memoria di Capaci, un ponte tra generazioni

Di Capaci si sente ancora l'eco dell'esplosione. Così come il dolore della ferita che inferse al Paese. Ma la memoria è viva, anche grazie alla scuola

Conservare la memoria del nostro passato è un’operazione molto più complessa di quanto non appaia. Perché, di per sé, il semplice ricordo, episodico o legato a una ricorrenza specifica, non è sufficiente a garantire l’assimilazione di un insegnamento, la lezione che il passato, per quello che è il suo ruolo, impartisce a chi interpreta il proprio tempo. E, per quanto l’eco dell’esplosione che dilaniò l’autostrada A29 nei pressi dello svincolo per Capaci il 23 maggio 1992 per certi versi sia ancora udibile, i trentadue anni trascorsi impongono una riflessione di questo tipo. Forse è vero che quei giorni violenti appaiono lontani ma, nell’arco temporale della Storia, ragioniamo appena su ieri l’altro. Anzi, su un oggi che, per quanto veloce e mutevole, percepisce ancora il dolore di quella ferita.

Capaci, un dolore vicino

Ma se la memoria del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca e dei tre uomini della sua scorta è ancora così vivida, in parte lo si deve alla sua prossimità temporale, certo, ma soprattutto alla consapevolezza che diede al Paese sulla natura della criminalità organizzata. Talmente sicura del proprio potere, creato attraverso terrore e sopruso, da lanciare una sfida aperta allo Stato italiano. Facendolo, peraltro, in un momento storico in cui il Paese, come il resto d’Europa, aveva fatto il suo ingresso nella modernità, nell’epoca della tv di massa, agli albori della società globale. E per quanto l’aspetto del nostro vivere quotidiano possa apparire diverso rispetto ai primi anni Novanta, più di una generazione è ancora testimone diretta di quei giorni. Il che, da un lato, significa mantenere viva non solo la memoria ma anche l’impegno nel preservarla. Dall’altro, però, rischia di renderli meno “storici” per le generazioni più giovani. Quelle che la storia la conoscono, per la maggior parte, grazie alla scuola.

L’approccio della scuola

“La memoria di questo evento, come di tutti quelli più recenti del secondo Novecento – ha spiegato a Interris.it Annamaria Bax, funzionario del Ministero dell’Istruzione – non sono da programma ministeriale. Si fa veramente fatica, infatti, ad arrivare all’ultimo anno della scuola superiore trattando la storia dei nostri giorni, diciamo dagli anni 70 in poi. Questo, chiaramente, per come sono previsti i programmi di storia”. Questo, però, “non significa che tali eventi non vengano trattati nelle scuole. Anzi, mi risulta che i professori di storia, d’accordo con i consigli di classe, prevedano momenti formativi e celebrazioni commemorative all’interno della scuola”.

Il ruolo dell’insegnante

Una memoria condivisa con gli studenti, quelli grandi e anche, in parte, quelli più piccoli. Il tutto, naturalmente, rimandato all’approccio didattico-educativo dell’insegnante. “Si fa riferimento alla libertà d’insegnamento del docente, regolamentata a livello costituzionale. Egli, per quel che riguarda la disciplina, deve sì attenersi a un programma ministeriale ma ha anche la possibilità di scegliere in autonomia i contenuti per il suo corso. In questo caso, ad esempio, di fare memoria celebrativa, magari anche raccogliendo gli stimoli che vengono dalla classe”. Non bisogna infatti dimenticare che gli studenti “ricevono stimoli anche nell’extra scuola”. E, per quanto riguarda Capaci o Via D’Amelio, si tratta di eventi che “hanno segnato coscienza civile e storia di questo Paese. Posso assicurare che, se ci soffermiamo su Capaci, si farà memoria in tutte le scuole, anche alle medie. E anche molte maestre porteranno contenuti ai loro bambini”.

Capaci nell’Educazione civica

Del resto, è la condivisione del ricordo che crea lo spunto di riflessione giusto per la creazione di una memoria altrettanto condivisa. E se “i programmi fanno fatica a contemplare la storia del Novecento, sicuramente le scuole faranno rientrare una memoria di questo tipo all’interno dell’Educazione civica“. Un insegnamento “trasversale” che, nonostante la tendenza a dimensionare la sua rilevanza, guadagna punti in simili occasioni. Non per nulla, si tratta di un curricolo “che viene discusso ed elaborato a livello di Collegio dei docenti per cui, un evento come Capaci, non può che esservi inserito”. Anche se una ricorrenza simile prescinde da un mero inquadramento in una materia specifica: “In questo giorno si lavorerà in molte scuole medie, proprio per il legame forte con la coscienza civile.

Testimoni dei tempi

Non va dimenticato, poi, che la scuola utilizza il curricolo anche in relazione ai bisogni del proprio territorio. Le scuole, nel momento in cui si accingono a redigere il documento programmatico, lo fanno attraverso la lettura dei bisogni formativi, della scuola e del territorio. E questo vale anche per la scelta dei contenuti dell’Educazione civica“. Il che riporta al presupposto di partenza. Ovvero, quella necessità imprescindibile di essere testimoni del proprio tempo. Anche quello che, solo per poco, non si è vissuto.

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