Medicina 4.0: la tecnologia al servizio della salute. Innovazione per sconfiggere le malattie. In pandemia sono state le biotecnologie supportate da algoritmi sempre più potenti ad aver permesso di creare vaccini in tempi record. A Maker Faire Rome la testimonianza di Cinzia Marano. Afferma il direttore medico Italia di Moderna. “Con la stessa piattaforma a Rna usata contro il Covid 19 sarà presto possibile sviluppare innovative terapie contro altri virus. E a breve la scienza potrà trovare applicazioni in oncologia. E contro alcune malattie rare”.
Le sfide della medicina
Invecchiamento della popolazione. Carenza di personale. Risorse economiche limitate. Sono nel concreto le tre grandi sfide a cui dovrà rispondere la medicina del futuro. A disposizione avrà tecnologie di ultima generazione. Come l’Intelligenza Artificiale. La telemedicina. E le più recenti piattaforme a Rna. Ma per vincere servirà ripensare le politiche sanitarie e sociali. E’ uno dei temi principali emersi a “Scienza, futuro e salute“. Uno degli eventi di Maker Faire Rome. La fiera dell’innovazione organizzata dalla Camera di Commercio di Roma. “Le sfide principali a cui dovrà rispondere nel futuro la medicina di tutto il mondo occidentale sono fondamentalmente tre. L’invecchiamento della popolazione. La carenza di personale sanitario. E, infine, le scarse risorse economiche per rispondere alle esigenze dei malati”, sottolinea Angelo Rossi Mori. Coordinatore della “E-health Unit” all’Istituto tecnologie biomediche del Cnr.
Robotica
L’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali opera all’interno del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Irpps-Cnr). E il pensiero del ricercatori Rossi Mori è condiviso da molti degli esperti intervenuti alla kermesse nella capitale. Secondo i quali per rispondere ora a queste sfide servirà soprattutto un grande sforzo organizzativo. Ossia coniugare in un sistema efficiente una serie di tecnologie più o meno nuove. Dalla gestione informatica dei processi fino alla robotica. “L’accento sulle innovazioni tecnologiche ha distolto l’attenzione da una riforma del settore. E’ necessario prima di tutto coordinare le politiche sociali con quelle sanitarie. Le tecnologie saranno ovviamente un importante supporto“, aggiunge Rossi Mori. Proprio la digitalizzazione, inquadrata in modo organico, dovrà essere la chiave. “Un esempio concreto è quel che è possibile oramai da tempo in ambito cardiologico. Dove i pazienti possono essere monitorati da remoto. Riducendo notevolmente rischi e costi”, evidenzia Giansaverio Friolo, risk manager di Shame.
Biomateriali
Stampare tessuti come la pelle umana, nasi o orecchie per impiantarli. Oppure testare farmaci combinando insieme biomateriali e cellule staminali. E’ uno dei più ambiziosi obiettivi dei ricercatori del 3D Microfluidic Biofabrication lab. L’unità guidata da Gianluca Cidonio all’Istituto Italiano di Tecnologia. “Il nostro obiettivo è quello di stampare in 3D tessuti biologici un giorno impiantabili sull’uomo. Oppure modellare tessuti simili a quelli di una malattia. Su cui poter testare farmaci”, afferma Cidonio. Le attività delle Iit sono state presentate all’evento organizzato nella capitale per mettere in mostra il meglio della tecnologia e della creatività. Un’evoluzione biotech delle stampe 3D, quindi. Utilizzando materiali biocompatibili e cellule staminali è possibile realizzare veri e propri tessuti biologici. Un’innovazione dalle enormi potenzialità per il mondo biomedico. Una tecnica che permette di ricreare tessuti. Come naso, orecchie o pelle. Perfettamente compatibili con il corpo.
Impianto di tessuti
“Ma ad oggi ci sono ancora varie limitazioni per poter essere impiegati concretamente in ambito clinico – evidenzia Cidonio -. Si tratta fondamentalmente di ottenere le approvazioni di compatibilità dei materiali. Che hanno bisogno di complessi e costosi trial clinici. E di importanti supporti economici per completarli”. Quello della biofabbricazione è uno dei settori particolarmente promettenti per il futuro, E che potrebbe un giorno portare all’impianto di tessuti lesionati. E permettere la ricostruzione di interi organi. Anche per ridurre notevolmente l’uso di test su animali.