Una regola non scritta recita che il teatro avviene quando c’è almeno una persona sul palcoscenico e una del pubblico. “Il teatro si costruisce ogni volta con la presenza del pubblico, è il trionfo del presente che creano insieme gli attori e gli spettatori”, dice a Interris.it nell’intervista che segue l’attore teatrale Matthias Martelli, in questi giorni impegnato nel suo nuovo spettacolo Dante fra le fiamme e le stelle.
Durante questo tempo di pandemia, questa e le altre forme di spettacolo hanno dovuto affrontare un periodo segnato dal lockdown prima e dalla seconda ondata in cui la maggior parte delle attività erano ferme, interrotte, infine da un altro di capienza limitata. Il contraccolpo è stato duro, dato che secondo i dati dell’Osservatorio dello Spettacolo SIAE relativi al 2020, gli eventi hanno registrato una diminuzione del 69%, gli ingressi del 72,9%, la spesa del botteghino ha registrato una contrazione del 77,58% e la spesa del pubblico si è ridotta dell’82,24%.
A un anno di distanza dalla data di approvazione del decreto del presidente del Consiglio dei ministri che sospendeva gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto, si celebra la prima Giornata nazionale dello spettacolo.
Il ruolo sociale
“Il 24 ottobre si terrà la prima Giornata nazionale dello spettacolo. Il voto che istituisce questo appuntamento importante, dedicato alla celebrazione delle arti performative e dei suoi lavoratori, arriva simbolicamente nel momento in cui i luoghi dello spettacolo cominciano a ripopolarsi”, ha detto il ministro della Cultura Dario Franceschini il giorno dell’approvazione del disegno di legge che istituisce di questa celebrazione, per riconoscerne (tra le altre cose) “il suo ruolo sociale e il suo contributo allo sviluppo della cultura e all’arricchimento dell’identità culturale e del patrimonio spirituale della società italiana”.
L’intervista a Matthias Martelli
Quanto è importante celebrare un’attività come questa, che contiene arte e cultura?
“Le celebrazioni sono giuste e bisogna farle, ma la ‘festa’ dovrebbe essere tutti i giorni. E’ necessario agire per promuovere lo spettacolo da tutti i punti di vista, culturale, comunicativo ed economico”
Siamo tornati alla capienza al 100% nei luoghi di cultura, ma come il settore ha vissuto questo lungo periodo tra chiusure e limitazioni?
“Lo ha attraversato con sofferenza, a un certo punto gli artisti sembravano essere quasi dimenticati e che le attività culturali fossero meno importanti. Dobbiamo ricordare che oltre agli artisti erano ferme anche tutte la maestranze che lavorano nel mondo dello spettacolo. Ci sono stati i sussidi, ma il lavoro non è solo sostentamento bensì anche una cura dell’anima”
Te come lo hai affrontato, è stato un periodo di riflessione o un momento creativo?
“Ricordo che Dario Fo diceva che i momenti più importanti sono i momenti di crisi. Ho vissuto sei mesi, tra l’ottobre dello scorso anno e le riaperture, in cui vedevo che alcune attività andavano avanti, tranne quelle culturali e il teatro. Da un punto di vista personale questa ondata di sofferenza e crisi generale può condurre o alla depressione o a un momento creativo, e io ho creato. Nel primo periodo della pandemia ho scritto Raffaello. Il figlio del vento, mentre nel secondo Dante fra le fiamme e le stelle”
Come si possono portare sul palco due sommi maestri come Raffaello Sanzio e Dante Alighieri?
“Di entrambi ci viene trasmessa, raccontata, un’immagine standardizzata, così ho voluto metterli in scena maniera giullaresca, alternando la poesia, il dramma e la comicità”
Chi sono per te Raffaello e Dante?
“Raffaello rappresenta l’amore per la mia città, Urbino, e amore per l’arte, mentre trovo che Dante sia uno straordinario simbolo di coraggio e di cultura. Il primo è riuscito a scoprire e a esprimere la creatività esplosiva che aveva dentro, grazie alle persone che ha conosciuto nei suoi viaggi in quel periodo storico così speciale che era il Rinascimento. Il ‘sommo poeta’ è un uomo molto diverso, un uomo di conflitto che ha compiuto scelte di grande coraggio, anche se talvolta si è trovato anche lui a dover scendere a compromessi”
Durante questo anno e mezzo di pandemia si è provato anche a sperimentare modalità e piattaforme alternativa per lo spettacolo, come i social e lo streaming. Qual è il tuo pensiero a riguardo?
“Trovo che il teatro in streaming sia un surrogato. Il teatro si costruisce ogni volta con la presenza del pubblico abbattendo la quarta parete, è il trionfo del presente che creano insieme gli attori e il pubblico. Quello dei social e della tecnologia è un linguaggio diverso, dove funziona meglio un racconto spontaneo piuttosto che la recitazione”
Quanto è importante lo spettacolo, con la sua capacità di creare comunità, per la nostra società?
“Il teatro è l’antidoto alla superficialità e alla velocità, è un luogo che richiede un tempo di concentrazione lungo e ti spinge a un contatto reale, rispetto a uno virtuale. E’ quello che serve oggi come rimedio alla separazione. A me rende felice accendere una scintilla nell’altra persona, perché da questa può nascere qualcosa di nuovo, un nuovo interesse verso l’arte o anche verso di sé”
Come interessare e far avvicinare nuovo pubblico?
“Bisogna togliere quell’autoreferenzialità e quella pesantezza che aleggia su un qualcosa che si pensa sia in qualche modo relegato a una cultura ‘alta’. Parliamo di qualcosa che unisce tutti, di un incontro tra persone e culture in cui gli attori svolgono un ruolo di ‘tramite energetico’ di contenuti che devono coinvolgere”