Massacci (Famiglie con disabili): “Il silenzio del decreto Rilancio”

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Dal dl Rilancio si aspettavano importanti novità. “La tecnologia migliora l’inclusione“, afferma la ministra per l’Innovazione Paola Pisano presentando la nuova norma che “grazie a una piattaforma informatica al ministero per Innovazione” consente alle “persone disabili di accedere con un unico permesso alle Ztl di tutta Italia”. Sostiene il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina: “Abbiamo creato un modello unico nazionale, il Pei digitalizzato (Piano educativo individualizzato). Un’innovazione enorme che aiuterà la vita degli studenti disabili. Potranno accedervi neuropsichiatri, i docenti, le famiglie. Si aspettava da anni“.

Per capire l’effettivo impatto delle novità legislative sulle famiglie dei disabili, Interris.it ha intervistato Antonio Massacci, da molti anni in prima linea nell’Anffas, l’associazione nazionale delle famiglie di persone con disabilità intellettiva o relazionale. La famiglia, infatti, è l’unico luogo dove le generazioni si incontrano e si confrontano. E’ qui che si creano reti di solidarietà, utili anche in campo economico.

Famiglie e Dl Rilancio

La famiglia è la base più importante per il futuro delle persone con disabilità, soprattutto per quelle con disabilità intellettive. La disabilità, secondo Anffas, è una dimensione della vita che appartiene alla condizione umana ed in buona parte dipende dalla comunità, e non un problema da porre a esclusivo carico della famiglia. La famiglia è il luogo di collegamento tra generazioni, una realtà autonoma ma sempre in costante connessione e regolazione con l’esterno, l’ambito in cui nascono e si formano i cittadini. La famiglia costituisce il luogo primario di umanizzazione e socializzazione della persona umana dove l’esperienza dei vincoli parentali diventa per ciò stesso una nativa scuola di esperienza dei vincoli sociali.

Quali benefici concreti comporta per i disabili il dl Rilancio?

“Sono diversi i messaggi che ci giungono dal Decreto Rilancio.  A dire il vero tutto il decreto ci sembra preoccupante ma noi intendiamo focalizzarci, al momento, soltanto su ciò che ci vede più direttamente coinvolti ovvero, di fatto, esclusi. E’ sufficiente questo per farci capire che il legislatore, anzi, “l’organismo” che per il legislatore cura la stesura dei testi, “l’amanuense” d’oggi esclude, per la verità, costantemente, da molti anni ormai, talune categorie di cittadini dai benefici previsti da provvedimenti di legge”.

A cosa è dovuto questo silenzio?

“La sistematica sottovalutazione della disabilità ci fa pensare che forse non è solo un fatto di ignoranza anche se siamo convinti che sia proprio l’ignoranza a farla da padrona. Questo dimenticare le non autosufficienze, che sembra sia un male del millennio, fa ora più paura, dopo a aver visto e sentito, in piena emergenza, che le persone con disabilità e le persone “vecchie”, potevano essere, possono essere lasciate morire”.

Quanto ha inciso il coronavirus sul peggioramento della condizione dei disabili?

“Sappiamo delle difficoltà in cui si trova l’Italia e il mondo, come detto, lo sappiamo e lo sappiamo anche un po’ di più di tant’altra gente. L’abitudine non allevia il peso da portare ma il veder ripetere sempre gli stessi errori, errori? Ci indigna. Ci fa perdere la speranza di veder crescere, in un tempo non troppo lontano, una cultura delle disabilità e il giusto rispetto della vecchiaia”.

Nulla di nuovo, quindi?

“Ci rattrista il vedere ad ogni finanziaria o ad ogni provvedimento normativo, persone costrette alla lotta perché non incluse. Persone il cui lottare è maggiormente faticoso e che comunque non troveranno mai sanate le ferite inferte con le presunte dimenticanze”.

Quali rilievi critici muovete agli ultimi provvedimenti del governo? 

“Ci rattrista vedere le istituzioni, da chiunque siano rappresentate, costrette a rimediare mettendo toppe qua e là ben consapevoli che la toppa non sanifica lo strappo. Ci amareggia sempre più questo pensiero corto, evidentemente di moda e che priva le comunità di linee guida e di indirizzi che renderebbero agevole il cammino: di tutti. Di tutti appunto, perché di disabilità ne produciamo costantemente e tante di quelle che produciamo, come detto, potrebbero anche essere evitate, con gli opportuni investimenti”.

Quali soluzioni alternative proponete all’esecutivo?

“Investire nella cultura delle disabilità significa diffondere conoscenza sulle cause che portano agli incidenti, agli infortuni, alle malattie che sono la causa principale dell’insorgere delle disabilità. Investire sulle disabilità non significa escludere le persone con disabilità dalla vita sociale, dalla possibilità di produrre ricchezza quando le condizioni lo consentono, dalla possibilità di vivere dignitosamente la propria esistenza”.

E’ una lacuna che riguarda anche la terza età?

“Sì. Ci rattrista anche il trattamento che viene riservato alla vecchiaia. La persona che nella sua età grande è costretta alla “badanza”, alla convivenza con una persona che non parla la sua lingua, che cucina altri cibi, che ha altri usi e costumi e che mai potrà compensare, con il suo impegno e la sua abnegazione l’erosione di ricchezza che subisce la nazione e la perdita del patrimonio di conoscenze che con il vecchio viene perduto nel’oblio. Ci addolora ancora di più la totale e voluta esclusione dei caregiver”.

A cosa si riferisce in particolare?

“Il caregiver familiare porta sulle sue spalle, senza nessuna forma di riconoscimento, il peso della cura e dell’onore che dovrebbero essere propri dello Stato e delle sue duplicazioni e che invece non trova dignitosa cittadinanza in nessuna della sue leggi. Ogni vivente guarda al domani, al proprio domani, con più o meno speranza con più o meno fiducia, con o senza paura ma ciò che vediamo, fa paura”.

Eppure l’esecutivo parla di svolta…

“Il decreto Rilancio, pieno di provvedimenti che non discutiamo, perché non è il nostro mestiere e perché ci sono già tanti parolai che ronzano e fanno confusione, oltre ad escluderci di fatto, ci colpisce anche per altri motivi”.

Quali?

“La riduzione delle entrate da parte dello Stato e l’aumento delle uscite e ciò, ci fa pensare ad  un futuro di pesanti tagli sui servizi, a discapito di tutte le fragilità e di tutte le non autosufficienze. Certo,per quanto ne dicano, il Covid è ancora presente e non si può aspettare che se ne vada di sua spontanea volontà. Le esperienze maturate ci dicono che la difesa migliore, in attesa dell’acquisizione di nuove e risolutive conoscenze, è quella di disporre di buoni e tempestivi sistemi di cura”.

Cosa vi aspettate come familiari dei disabili?

“Non abbiamo visto, non abbiamo colto, non abbiamo recepito informazioni su interventi atti a modificare in senso positivo il sistema sanitario del nostro paese. Si è chiuso anche quello che era stato fatto, si sta riportando il sistema a ciò che era nel pre-covid. Altro motivo di grande sofferenza è la scuola.  In uno dei servizi più importanti per la vita e per la qualità della vita delle generazioni future, si è fatto scempio di opportunità alla pari”.

Cioè?

“Impari le risposte, addirittura emarginanti in quei luoghi dove le infrastrutture non sono adeguate ed escludenti la dove la cultura dell’informatica e delle tele-comunicazioni non è presente in maniera adeguata. Avremo di che star male. Certo, l’odio non porta gioia e il disprezzo non fa ricco nessuno, ma tenerli a freno e trasformarli in sentimenti più nobili, è e sarà davvero un grande impegno”.

Giacomo Galeazzi: