Sos malattia mentale. 6 italiani su 10 riferiscono di soffrire di un disturbo psicologico. Cioè insonnia, ansia, depressione, apatia. Attacchi di panico e disturbi dell’alimentazione. Sono questi i principali problemi a cui si cerca di porre rimedio con una preoccupante tendenza alle cure “fai da te”. Il terzo settore mobilita le sue risorse per rispondere. Chiede più attenzione istituzionale, fondi adeguati. Soprattutto una strategia complessiva di supporto socio-sanitario. E anche la collaborazione dei mass media è importante. Per mettere meglio a fuoco le cause profonde del problema. Il Lab di INC dedicato al Terzo Settore ha concentrato la sua indagine sul disagio psicologico. Approfondendo la percezione. Sia presso l’opinione pubblica. Sia, specularmente, presso le organizzazioni non profit che si confrontano quotidianamente con questa nuova epidemia. “È davvero così? Siamo tutti più fragili? Cosa c’è all’origine del malessere diffuso? Il Terzo Settore sta rispondendo. E come?- si interrogano gli autori della ricerca patrocinata da Rai-Esg e realizzata in collaborazione con AstraRicerche.
Malattia oscura
Il 60,1% degli italiani convive da anni con uno o più disturbi della sfera psicologica. Ne soffrono di più le donne (65%). E i giovani della Generazione Z (75%, con punte addirittura dell’81% nel caso delle donne). “Con questo studio – spiega il Vicepresidente di Inc, Paolo Mattei – vogliamo aprire un confronto per cercare di comprendere meglio il fenomeno. E fornire indicazioni concrete alle istituzioni che nel nostro Paese possono e devono occuparsene. Il titolo contiene già una importante indicazione. Il disagio che riscontriamo oggi negli italiani e nei giovani in particolare non è un portato, negativo, del Covid. La pandemia ha creato la ‘tempesta perfetta’. Facendo esplodere un male oscuro che covava, da decenni, nella nostra società. E sarebbe sbagliato cercare di risolvere la complessità del fenomeno scaricandone la responsabilità su un fattore imprevedibile ed eccezionale come la pandemia. I mali della nostra società sono molti, ben descritti nella ricerca che abbiamo realizzato. E rimandano a cause di tipo culturale e sociale. Che solo una volta analizzate e comprese potranno essere efficacemente affrontate a livello collettivo”.
I sei problemi
I problemi più ricorrenti di cui dicono di aver sofferto gli italiani intervistati sono sei. I disturbi del sonno (32%). Varie forme d’ansia (31,9%). Stati di apatia (15%). Attacchi di panico (12,3%). Depressione (11,5%). Disturbi dell’alimentazione (8,2%). Ad essi gli italiani reagiscono con un preoccupante “fai da te”. Le prime quattro risposte alla domanda “cosa hai fatto per uscirne?” escludono il supporto di medici e specialisti. C’è chi ha cercato le risorse per farcela dentro sé stesso (29,4%). Chi ha ricevuto aiuto da amici e parenti (29,1%). Chi semplicemente ha atteso che i problemi passassero (28,2%). E chi ha assunto prodotti e farmaci senza prescrizione (27,6%). Solo al quinto e al sesto posto compaiono le voci “mi sono rivolto al medico generico” (22.9%). E “ho ricevuto l’aiuto di uno specialista” (22,1%).E quando si chiede alle associazioni, che conoscono il problema da vicino, di cosa avrebbero bisogno per arginare il disagio psicologico crescente, la risposta è davvero chiara. Servono politiche adeguate di supporto sociale (80%), fondi adeguati (63%), maggiore attenzione istituzionale sul tema (60%) e l’aiuto dei media, per continuare a tenere alta la guardia sull’argomento (45%).
Condizione di malattia
Le cause percepite da parte di chi soffre di questa condizione, vedono al primo posto la preoccupazione per un mondo che sta cambiando in peggio. Ossia guerra, povertà, inflazione, crisi climatica, emergenza sanitarie. Per il 35,1% del campione. A seguire due diverse forme di difficoltà a relazionarsi con il mondo, molto sentite soprattutto dai giovani della Generazione Z. Chiusura in sé stessi (34,1%) e difficoltà a relazionarsi con gli altri (25,1%). E ancora spaesamento per la mancanza di valori sociali condivisi (23,4%). Insoddisfazione per i propri percorsi professionali (22,4%, con valori più alti da parte dei Millennials). E reazione a pressioni sociali troppo forti su obiettivi scolastici o sportivi (22,3%). Anche sul fronte degli ambiti d’intervento si riscontra, nelle risposte, un senso di limitazione e impotenza. Il 43% ha offerto sportelli di assistenza psicologica (gratis o a prezzo ridotto). Si è fatta anche sensibilizzazione sulle persone in generale (28%) e informazione mirata su chi soffre di problemi psicologici (25%). Si sono attivati numeri vedi e siti internet di assistenza (20%) e creati team di sostegno nelle scuole (15%). Insomma, si è fatto quello che si poteva. Ma evidentemente non è ancora abbastanza, per un tema che non può essere risolto al di fuori delle dinamiche di prevenzione, assistenza e cura offerte dallo Stato.
Cause
Ma se guardiamo – più in generale – a ciò che minaccia il benessere psicologico collettivo degli italiani, le ragioni citate nelle prime sei posizioni sono: un forte stress da lavoro (quando c’è, è troppo pervasivo) o da disoccupazione, se non si riesce a trovarlo (46,5%). Il bullismo e la violenza, fisica e verbale (42,1%). E la dipendenza dalla tecnologie e dai social media (35,6%). Il timore di abusi sessuali e violenza di genere (31,1%); la mancanza di accesso ai servizi sanitari di tipo psicologico e psichiatrico (30,6%); infine alcune gravi forme di discriminazione come razzismo, omofobia e sessismo (28%). La letteratura scientifica attesta che il 62,5% delle patologie mentali insorge prima dei 25 anni. Per questa ragione parlare di disagio e di disagio giovanile è praticamente la stessa cosa. Il Rapporto l’Istat certifica che il 6,2% (l’anno prima erano il 3,2%) dei ragazzi tra 14 e 19 anni, oltre 220 mila giovani, erano insoddisfatti della propria vita e vivevano una condizione di cattiva salute mentale. In Italia il 10,8% dei ragazzi di età compresa tra 15 e 24 anni assumono psicofarmaci senza una prescrizione medica. Lo fanno per dormire, per dimagrire. Per essere più performanti negli studi (una sfida che preoccupa e inquieta molti giovani). Se stringiamo l’attenzione sugli studenti, la percentuale di quanti cercano un “aiutino” negli psicofarmaci lievita fino a oltre il 18% del totale.
Gen Z
Una generazione che rifiuta lo stigma sociale e su Tik Tok pubblica voti e classifiche sulla “efficacia” dei medicinali. Parlando senza remore del proprio disagio psicologico davanti a milioni di estranei. Ma forse qualcosa è ancora possibile fare per affrontare una situazione così difficile dal punto di vista personale e sociale. Il 47,2% degli italiani pensa che si possa restituire dignità al lavoro mettendolo meglio in equilibrio con le istanze della vita personale. Mentre il 47% chiede che venga favorito l’accesso (anche con bonus economici) ai servizi di assistenza psicologica, di cui così tanti hanno bisogno. E poi ci sono altre cose che, secondo gli italiani, si possono mettere in campo per migliorare la conoscenza e la sensibilità su questi temi. Cioè promuovere la ricerca scientifica sulla salute mentale (36,7%), aumentare la sensibilizzazione per combattere lo stigma sociale sul tema (36,4%). Migliorare l’accesso all’istruzione dei giovani, per dare loro più fiducia in sé stessi (30,2%). La sezione della ricerca realizzata dialogando con 40 Organizzazioni Non Profit conferma che il problema, osservato dal punto di vista di chi lo combatte sul campo, è e resta molto serio. Per il 79% delle ONP il disagio psicologico degli italiani negli ultimi anni è molto aumentato e nel 70% dei casi i loro servizi offerti per fronteggiare questa emergenza sono (molto o abbastanza) aumentati. La nota dolente arriva quando si parla di fondi pubblici. Solo il 43% degli enti li ha avuti e appena il 3% li ha ritenuti adeguati alle proprie esigenze.