L’Operazione Mato Grosso è un movimento di volontariato gratuito di ispirazione cattolica, che svolge un insieme di attività in America Latina, volte ad educare e a favorire i più poveri. È un movimento aconfessionale, ossia accetta tutti i giovani che vogliono regalare il proprio tempo a favore dei poveri. Molti volontari svolgono attività presso parrocchie affidate dai vescovi locali e le attività comprendono anche il dedicarsi all’oratorio. L’attività svolta è educativa e caritativa, in ossequio al metodo pedagogico di San Giovanni Bosco e all’aspetto caritativo di San Francesco d’Assisi.
La nascita dell’O.M.G. e la figura di Don Ugo De Censi
L’O.M.G. nasce in Val Formazza in provincia di Verbania nel 1967 grazie all’opera di Don Ugo De Censi. Egli è nato a Berbenno di Valtellina, in provincia di Sondrio, il 26 gennaio 1924, Don Ugo viene ordinato sacerdote tra i Salesiani l’8 marzo 1951. Nel 1965 incontra in Italia un missionario giunto dal Brasile e viene toccato dalla sua testimonianza sulla povertà e la sofferenza delle popolazioni sudamericane. Non resta indifferente, vuole subito intervenire in modo concreto: raccoglie fondi per andare ad aiutarlo sul posto. Da questa esperienza, che coinvolge vari giovani, nasce l’idea di una missione non occasionale ma permanente: nel 1967 fonda l’Operazione Mato Grosso per aiutare le popolazioni delle Ande. Nel 1976 si trasferisce definitivamente a Chacas, un paesino nella Cordillera Blanca a 3400 metri d’altezza. Non vuole assistere i poveri da ricco, ma vuole vivere in mezzo ai poveri, fare la loro vita, condividere le loro gioie e le loro sofferenze. Nel 1979 apre una scuola di intaglio del legno sul modello dei laboratori inventati da Don Bosco. Non desidera solo assistere, ma liberare dalla povertà. Gradualmente dà vita a oratori, istituti pedagogici, case per bambini abbandonati e perfino un seminario e un ospedale. Il suo amore per i poveri, in cui vede il volto di Gesù, contagia tantissimi giovani. Le sue comunità si estendono dal Perù all’Ecuador, dalla Bolivia al Brasile. Nel 2018 Don Ugo è deceduto a Lima in Perù, ma la sua opera a favore degli ultimi continua grazie ai numerosi volontari della O.M.G.
Il Progetto Inmensa
Il 3 novembre 2016 ha avuto inizio il progetto dell’Associazione Amici di Vita Nuova di una mensa gratuita per tutte le persone bisognose che vivono intorno alla città di Sondrio con l’obiettivo di perpetuare l’insegnamento di Don Ugo. L’animatore di questa esperienza è Padre Lorenzo Salinetti che, grazie all’aiuto di numerosi volontari, ha consentito a molte persone in stato di bisogno di avere un pasto caldo ma soprattutto un luogo di socialità, dove ognuno può trovare comprensione, empatia ed un sorriso. Allo stato attuale, la mensa si è trasferita dai locali in via privata Moroni ad un nuovo spazio nel quartiere La Piastra di Sondrio, ciò ha consentito di aiutare ancor più persone viste le dimensioni maggiori dell’immobile. L’inaugurazione della nuova mensa è avvenuta nel settembre 2020, alla presenza dei numerosi volontari di Immensa, di Padre Lorenzo Salinetti e di Monsignor Giorgio Barbetta, vescovo ausiliare di Huari, in Perù, nonché originario di Berbenno e legato all’Operazione Mato Grosso. Interris.it ha intervistato in merito a questa esperienza Lucia Allegrucci, coordinatrice dei volontari di Inmensa, da sempre impegnata in prima persona al fianco di coloro che soffrono con l’Operazione Mato Grosso.
L’intervista
Come nasce e che obiettivi si pone Inmensa?
“Padre Lorenzo Salinetti che è l’ideatore di questa esperienza era stato invitato a partecipare alle riunioni del Piano di Zona di Sondrio per capire come allestire un piano di contrasto alla povertà nella città e, venendo a conoscenza del fatto che era presente una mensa per le persone in difficoltà la quale era aperta solo la domenica grazie ai volontari della parrocchia, è nata l’idea di aprire una mensa per colmare il bisogno negli altri giorni della settimana e, grazie alla disponibilità di amici che ci hanno dato una mano, abbiamo dato il via a questo esperienza. È stato subito evidente che di questo servizio c’era molto bisogno perché il numero di coloro che si sono rivolti a noi è aumentato subito in maniera esponenziale. Abbiamo iniziato in via Mazzini prendendo in affitto dei locali e, dopo tre anni di attività, abbiamo ricevuto in comodato d’uso gratuito, i locali ristrutturati dove abbiamo sede ora grazie all’aiuto del Rotary Club e della Fondazione Longoni. L’obbiettivo che si pone la mensa è quello di aiutare le persone che hanno bisogno creando un ambiente aperto a tutti, dove ognuno può entrare e dove non viene richiesto alcun certificato per determinare la povertà che si sta vivendo. Il pensiero che sta alla base della nostra azione è che la povertà non è solo economica, tantomeno qui in Italia, ma ci sono tante forme di povertà, la più grande credo sia la solitudine; quindi, c’è bisogno di trovare luoghi dove si viene accolti senza sentirsi giudicati e dove, nel momento dove si mangia, sei una persona uguale agli altri, senza alcun pregiudizio. L’obiettivo più grande è quello di seminare qualcosa di buono nella città che possa diventare un luogo di aggregazione per le persone che vogliono fare qualcosa per la comunità, cosicché ognuno possa mettere a disposizione ciò che ha: chi il tempo, chi il cibo e chi le proprie abilità”.
In che modo la pandemia ha cambiato i vostri orizzonti e la vostra opera?
“Uno degli obiettivi di Inmensa è che la mensa fosse come una piazza aperta a tutti, chiaramente la pandemia ha cambiato le interpretazioni di quelli che erano i nostri desideri. Però, in realtà, a parte un periodo di chiusura legato al trasferimento della sede, abbiamo potuto continuare il nostro servizio in maniera quasi inalterata. L’aspetto diverso, con il distanziamento e le mascherine, è il minor contatto fisico con gli ospiti che però conosciamo tutti. I tempi del servizio sono leggermente mutati ma, gli aspetti di fondo della mensa, sono sempre i medesimi; tra l’altro – da ottobre ad oggi – nonostante le restrizioni siamo sempre riusciti a rimanere aperti, sistemando anche dei tavolini all’aperto durante l’estate per le poche persone che non hanno il greenpass e adesso diamo la possibilità a chi ne è sprovvisto di ritirare qui il pasto e portarlo presso il proprio domicilio. Un elemento nuovo rispetto a prima è questo: molte persone, tra cui tante mamme e anziani, vengono qui e chiedono di portare il pasto a casa, quindi stiamo preparando molti pasti d’asporto. Comunque, nonostante la pandemia, la nostra attività è riuscita a proseguire e, allo stato attuale, 70 persone mangiano qui mentre 40 a casa”.
In che modo si può aiutare Inmensa e coloro che si rivolgono a voi?
“Inmensa, a partire dal 2022, vorrebbe aprire anche nelle giornate di martedì e giovedì nelle quali è attualmente chiusa quindi, chi vuole fare volontariato è il benvenuto. La mensa ha come fondamento quello della gratuità, tutte le persone che operano qui sono volontari, siamo alla ricerca di persone che aiutino a cucinare e a pulire al fine di poter aprire e dare il servizio tutti i giorni. Le persone che si rivolgono a noi, oltre all’aiuto concreto, hanno bisogno di essere guardate con uno sguardo buono e amico, non devono essere visti come poveri o bisognosi ma come persone uguali a noi che stanno attraversando un momento più buio, per questo è importante che siano accolti con un sorriso”.
Che auspici vi ponete per il futuro al fine di aiutare le persone che hanno più bisogno? Cos’è necessario?
“Siamo circondati da bisogni, dobbiamo uscire dall’ottica di aiuto ai poveri e ai bisognosi. Con le persone che vengono qui io condivido il fatto che bisogna diventare più buoni, cioè imparare a compiere buone azioni a prescindere dall’ambiente in cui sei o da coloro con cui troviamo. È importante aiutare il prossimo, chi ci sta vicino, perché in qualche modo siamo tutti poveri, lo è chi non ha il lavoro, chi non ha la famiglia, chi lo è perché non ha con chi condividere la ricchezza e chi è povero perché – come unica ricchezza – ha solo il denaro. Bisogna imparare a stare insieme agli altri, accettare le persone, cedere qualcosa di nostro affinché gli altri stiano meglio. L’auspicio è che quello che facciamo qui diventi più diffuso perché lo facciamo in ogni luogo, anche e soprattutto a casa nostra”.