Il termine “littering” (in italiano traducibile con “rifiuto”) si riferisce alla crescente e pessima tendenza contemporanea, non diffusa ovunque nel mondo, di lasciare oggetti di piccole dimensioni, come bottiglie di plastica, mozziconi di sigaretta, volantini pubblicitari, lungo strade, marciapiedi, campagne, spiagge e boschi, per l’incuria e l’inciviltà di chi compie il gesto. L’ingrediente egoistico è quello predominante nel triste fenomeno.
Il pattume stradale può costituire un pericolo sia per chi dovesse entrarne in contatto sia come intralcio e ostacolo nel traffico automobilistico sia per l’inquinamento che potrebbe determinare a contatto con le acque e la terra. Da considerare anche il costo economico dovuto al contenimento del problema.
I “litterer” sono di varia estrazione. L’unica caratteristica che li unisce è quella dell’autoassoluzione: anziché confessare (e interrompere) i loro gesti incivili, cercano di addossare la colpa alla mancanza di cestini o alla troppa enfasi conferita al gettare, in fondo, piccoli oggetti. Le dimensioni ridotte del rifiuto non giustificano alcun abbandono né lo attenuano. Anche in tali casi, si produce inquinamento ambientale nonché un degrado a livello visivo.
Non esiste una graduatoria del rifiuto gettato: tutti sono da condannare. A volte, infatti, il litterer minimizza con frasi del tipo “cosa vuoi che sia, in rapporto alle montagne di immondizia che si vedono in giro?”. La risposta appare ovvia e scontata, non per chi commette l’abbandono. Qualcuno tenta di aggrapparsi a un altro tipo di scusa: la raccolta denominata “differenziata” ma resa poi indifferenziata (a rimescolare il tutto).
I contenitori per la raccolta sono presenti e anche un’eventuale loro rarefazione sul territorio non giustifica l’atto maleducato. Il tema ambiente/clima è molto dibattuto ma, nel progettare un “finitamente grande”, occorre aver cura già dal “finitamente piccolo”, spesso non vi è legame: si assiste a incoerenza fra parole e fatti.
Nella Lettera Enciclica “Laudato si’”, Papa Francesco ricorda “L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di morti premature. […] La Terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura. Tanto i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi, possono produrre un effetto di bio-accumulazione negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per la salute delle persone. Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura”.
I professori Domenico Milito e Vincenzo Nunzio Scalcione sono gli autori del volume “Educazione e didattica ambientale per una pedagogia dell’inclusione”, pubblicato da “Edizioni Anicia” nel gennaio 2020. Parte dell’estratto recita “Riflettere sulla questione ambientale richiede una notevole attenzione verso l’ambiente di vita, muovendo dalla consapevolezza che si tratta di un ambito formativo fondamentale per sensibilizzare i cittadini e le comunità ad assumere maggiori responsabilità verso la tutela del pianeta. È necessario innescare un processo rivolto al cambiamento sociale e personale nel rispetto delle differenze e nell’ottica di un mondo responsabile e migliore, in linea con il rispetto della natura”.
Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, il 21 febbraio scorso ha reso noti, i numeri del “Rapporto Ambiente SNPA – Edizione 2023”, visibile al link https://www.snpambiente.it/rapporto-ambiente-snpa-edizione-2023/. Fra i numerosi dati, si legge “Nel 2021, i quantitativi di rifiuti urbani complessivamente smaltiti in discarica ammontano a 5,6 milioni di tonnellate, pari al 19% del quantitativo dei rifiuti urbani prodotti a livello nazionale (29,6 milioni di tonnellate), e il numero delle discariche operative è pari a 126 impianti: Nord 53, Centro 28 e Sud 45 impianti. […] La più diffusa tipologia di reati contro l’ambiente è legata all’abbandono dei rifiuti”.
In un’indagine effettuata dall’AICA (Associazione Internazionale Comunicazione Ambientale) nel 2017, dal titolo “Analisi di caratterizzazione del littering”, visibile al link https://core.ac.uk/download/pdf/302166782.pdf, sono riportati dei dati interessanti. Fra questi, si legge “Durante la fase di osservazione è stato effettuato un numero pari a 505 rilevazioni di comportamenti. […] La percentuale delle donne osservate nel mettere in atto pratiche corrette (quindi non-litterer) è superiore a quella relativa agli uomini (69,4% di comportamenti corretti femminili contro il 60% di quelli maschili). […] Non si è manifestata una grande differenza di comportamenti in base all’età, eccezion fatta per le percentuali relative alla fascia 40-49 che sono più alte delle altre e arrivano fino al 73,3% di azioni corrette tra gli osservati. […] Predominanza schiacciante delle sigarette come rifiuto più frequentemente disperso nell’ambiente. I numeri lo dimostrano in modo palese: se per tutte le altre tipologie di oggetti la percentuale di comportamenti corretti riscontrati è sempre superiore all’80%, nel caso delle sigarette tale valore scende vertiginosamente raggiungendo un picco negativo del 34,6%. Questo significa che su 100 fumatori osservati più di 70 hanno abbandonato il loro mozzicone nell’ambiente”.
Il DL n. 105 del 10/08/2023, convertito nella Legge n. 137 del 9 ottobre dello stesso anno, ha aumentato, per chi abbandona spazzatura, l’importo della sanzione (da 300-3.000 euro a 1.000-10.000€), raddoppiandola nel caso di rifiuti pericolosi. Per i titolari di imprese e di responsabili di Enti, la legge prevede anche l’arresto.
La triste abitudine si giova, spesso, di un controllo sociale meno evidente. Il litterer agisce, infatti, soprattutto in circostanze in cui è meno visibile il proprio gesto, evitando bollature e stigmatizzazioni. In quest’ottica, potrebbero essere declinati anche il cosiddetto “effetto spettatore” e la “diffusione della responsabilità”, in cui l’individuo non interviene nel caso di un’emergenza poiché ritiene che ci saranno altre persone a farlo al posto suo. Al tempo stesso, si richiama, all’attenzione, la cosiddetta “teoria delle finestre rotte”, in cui il degrado chiama altro degrado: un contesto fatiscente conduce all’emulazione di gesti antisociali, alla rilassatezza, ad aggiungere altri reati o indifferenza a quella che già è presente.
L’assuefazione al fenomeno, sia da parte di chi lo provoca e sia di chi lo subisce, è uno degli elementi da temere. Non bisogna arrendersi dinanzi alla copertura del “fanno tutti così”. Pigrizia e disinteresse contribuiscono a rendere degradato il paesaggio del Belpaese. L’occhio si è, purtroppo, quasi abituato a vedere, oltre ai cumuli dei cassonetti, oggetti vari lungo le strade; sono fermi tranne il loro rotolare al primo refolo di vento più sostenuto.
Questa maleducazione non è una caratteristica della specie umana poiché, come è noto (e visibile), in altri Stati la situazione è decisamente diversa e gli abitanti, forti di una cultura civica ben radicata, mai si sognerebbero di lasciare oggetti per terra.
L’educazione ambientale è un progetto che la scuola persegue con iniziative e campagne, in cui gli studenti sono pienamente coinvolti e partecipi (a esempio, lezioni specifiche, in aula, promosse dalle aziende del servizio di nettezza urbana). È auspicabile che tale sensibilità sia assimilata a fondo, interiormente, per far sì che non si perda nel tempo.
I bambini sono, così, educati per se stessi, come futuri adulti e in virtù del “buon esempio” che possono recare in famiglia, rimproverando comportamenti non corretti. Le numerose campagne promosse a livello mediatico non sortiscono l’effetto sperato.
Un esame di coscienza personale sarebbe sempre opportuno, anche in questa tematica ambientale, soprattutto nei casi in cui si pronuncia un lamento per le condizioni di pulizia del territorio ma si dimentica di esserne parzialmente partecipi.
Nella contemporanea società iperconsumistica, la locuzione “usa e getta” è colta e vissuta nel suo significato letterale. Il consumatore “meno civile” e più egoista, alterna freneticamente prodotti e bisogni: l’obiettivo è il soddisfacimento personale, ciò che non serve si butta, ovunque ci si trovi. Tutto è utile finché serve, un attimo dopo è scarto.