“Lisca Bianca è la storia di una barca piena di amore e di avventura che stava per essere dimenticata. La storia di una prima avventura di due coniugi palermitani che appassionati di vela a fine anni ’70, alla soglia della pensione, decidono di farsi costruire da una maestro d’ascia, una barca a Porticello, un borgo marinaro vicino Palermo”. Comincia come fosse un romanzo il racconto di Elio Lo Cascio responsabile di Lisca Bianca, una nave ma soprattutto una barca testimone di una storia d’amore realmente esistita che merita di essere ricordata per sempre. Ed è di questo per sempre che ha fatto la sua forza creando un’associazione che ha riportato in vita la struttura di questa barca.
©Difesa Personale Palermo
La casa galleggiante
Ma bisogna fare un passo indietro tornando agli anni ’70. Fu allora che “i coniugi Albeggiani Sergio e Licia decisero di investire tutti i loro risparmi in questa barca per andare a vivere in mare. La chiamarono infatti Lisca Bianca che significa proprio casa galleggiante. Abbandonano tutte le comodità della terra ferma con una vita un po’ borghese per viverla più in linea con le loro aspettative. La costruzione dura 3 anni, e fu realizzata in base ad un progetto del 1924. La barca dove essere solida e sicura per poter girare il mondo”.
La partenza di Lisca Bianca
“É il 1984 quando partono per la prima volta, precisamente salpano il 23 settembre tra la preoccupazione di amici e familiari. Tornano solo nel 1987, accolti da una folla festosa. Diventano una coppia di eroi. Nel 1989 si rimettono in viaggio per un secondo giro intorno al mondo, ma purtroppo il comandante Sergio Albeggiani viene a mancare. Nonostante ciò Licia Albeggiani per ulteriori due anni continuò a vivere lì alla Cala dove è tutt’ora ormeggiata la barca”.
Come conosco questa storia?
“La conosciamo perché nel 1991 viene pubblicato il libro “Le isole lontane” firmato da Sergio Albeggiani. Un libro tratto dal suo primo diario di bordo di questo giro intorno al mondo. La storia viene conosciuta dal grande pubblico. Io sono sempre stato un appassionato di vela e il primo libro che ho letto legato all’argomento è stato proprio Lisca Bianca. Leggevo e vedevo la barca ormeggiata, quasi affondata. Non era bello pensare al suo passato glorioso, fatto di una storia romantica e con un finale festoso e poi vederla morire dimenticata da tutti”.
Dagli anni ’70 ai giorni nostri
“Nel frattempo nel 2013 conosco Francesco Belvisi, un progettista di barche giovane che aveva vinto anche molti premi legati all’innovazione tecnologica. Lo conosco sempre per un progetto legato al mare perché lui aveva fatto un periplo della Sicilia e un giorno chiacchierando mi dice che in un cantiere aveva visto una barca meravigliosa che si chiamava Lisca Bianca. Mi dice che la stavano per ardere perché era in deterioramento. Tutto mi fu chiaro all’improvviso, Lisca Bianca era venuta da me. Come se mi volesse”.
Un punto di riferimento alternativo
“Decidiamo di andarla a vedere e lo stesso giorno chiamo il responsabile del carcere minorile Malaspina di Palermo che in quegli anni era Michelangelo Capitano. Riesco ad avere un appuntamento con lui e con il responsabile di una comunità per tossico dipendenti Sant’Onofrio, gestito dall’Istituto Don Calabria. Entrambi accettano di sposare questo progetto. Ciò permette la costituzione di un nuovo gruppo di riferimento alternativo a quello all’interno del quale il soggetto “disagiato” è inserito e del quale riconosce regole e abitudini anche senza averne, spesso, la consapevolezza”.
Lisca Bianca diventa comunità
La barca diventa così una piccola comunità dove ognuno ha le sue responsabilità, in cui ognuno ha regole da osservare e compiti da eseguire, dove si condivide un obiettivo comune e ciascuno porta il suo bagaglio culturale ed esperenziale. Molti ragazi entrano in un gruppo dove sia gli operatori sia i ragazzi, detenuti e non, fanno parte di un progetto di educazione socio lavorativa. In questo modo, attraverso una trasmissione di competenze, hanno fatto rivivere questa barca per una nuova funzione. La famiglia Albeggiani è stata felicissima e l’idea che questa barca potesse rivivere con un progetto legato alla vela solidale dava loro una forte grinta“.
Un sogno divenuto realtà
“Oggi quindi Lisca Bianca favorisce l’inclusione sociale e lavorativa di giovani svantaggiati, attraverso il restauro dell’omonima imbarcazione simbolo della cultura e della tradizione mediterranea. Oggi dopo più di 30 anni grazie al’impegno dei nostri sostenitori e partner, la barca è tornata a navigare verso nuovi orizzonti di inclusione sociale e lavorativa. Il simbolo è legato alla rinascita, perché se una cosa ti impegna ma ci metti entusiasmo e passione tu la puoi davvero far rinascere. Navigare è infatti un modo per imparare a stare insieme, per riscoprire valori importanti e fondamentali come la collaborazione, l’aiuto reciproco, la solidarietà, il senso di responsabilità verso gli altri, l’amore per la natura”.
Un mondo dove stare in armonia
“Il mare è un contesto alternativo che può rappresentare una rottura con il quotidiano, una dimensione molto diversa da quella abituale della strada e della città, una nuova occasione per sperimentarsi. La barca è un piccolo mondo dove per stare in armonia c’è bisogno della partecipazione di tutti. Per navigare insieme bisogna diventare equipaggio e quindi condividere delle regole e rispettarle. Il messaggio è quello che se anche tu stai attraversando un problema di difficoltà Lisca Bianca ti permette di stare a bordo insieme all’equipaggio e di imparare qualcosa stando insieme”.