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Li Vecchi (Verbumcaudo): “La lotta alla mafia deve coinvolgere tutta la società civile”

L'intervista di Interris.it all'ingegner Luca Li Vecchi, presidente della coop.soc. "Verbumcaudo", operante sui terreni sequestrati al boss mafioso Michele Greco

Il 23 maggio 1992 nel tragitto da Punta Raisi a Palermo, all’altezza dello svincolo autostradale di Capaci, il giudice Giovanni Falcone è stato ucciso dalla mafia insieme alla moglie e ai tre uomini della scorta. Dopo cinquantasette giorni, il 19 luglio in Via D’Amelio a Palermo, anche il magistrato Paolo Borsellino viene ucciso assieme a cinque uomini della sua scorta. Falcone e Borsellino rappresentano il simbolo della lotta alla mafia che, insieme ad altri servitori delle istituzioni e della società civile, ha messo alla sbarra i più importanti boss di Cosa Nostra. Oggi, a tre lustri di distanza dal loro sacrificio, la lotta alla mafia continua impetuosa e, grazie all’impegno sinergico di tutte le istituzioni, si è giunti alla cattura di Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss latitante colpevole di quelle stragi. Il sacrificio di Falcone, Borsellino, del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e di molti altri uomini e donne che hanno svolto senza riserve il loro dovere, ha reso possibile la nascita di un grande movimento di antimafia civile che, progressivamente, ha riaffermato con forza il valore della legalità a scapito della criminalità mafiosa. Uno di questi esempi è rappresentato dalla cooperativa sociale “Verbumcaudo”.

L’esperienza di “Verbumcaudo”

Nel cuore della Sicilia c’è un pezzo di terra che oggi racconta l’impegno quotidiano e concreto di Giovanni Falcone: la cooperativa sociale “Verbumcaudo”, la quale sorge in un luogo posto a metà tra l’area del Vallone nisseno e le Madonie, in prossimità dei comuni di Villalba, Vallelunga Pratameno e Valledolmo, che fino al 1983 apparteneva ai fratelli Greco, boss reggenti della famiglia di Ciaculli. Oggi, tale realtà è composta da un gruppo di giovani che hanno deciso di rimanere sul territorio ed esprimere i valori più profondi dell’antimafia. Interris.it, in merito a questa esperienza ha intervistato Luca Li Vecchi, ingegnere nonché presidente di questa realtà.

© Cooperativa Sociale “Vermbumcaudo”

L’intervista

Il terreno dove sorge oggi la vostra cooperativa sociale è appartenuto in passato al boss mafioso Michele Greco ed è diventato patrimonio produttivo di tutti i siciliani onesti grazie all’operato del giudice Giovanni Falcone. In che modo e con quali azioni avete riqualificato e state dando valore a questo terreno?

“La parola chiave è sicuramente il lavoro. La nostra cooperativa è anomala, perché nasce su un bando pubblico voluto dal consorzio Madonita per la legalità e lo sviluppo, composto all’epoca da diciannove comuni, mentre oggi da ventuno. La volontà precisa era quella di costituire una nuova cooperativa, fatta da giovani del territorio, che prendesse in mano la gestione del fondo confiscato alla mafia “Verbumcaudo”, rimettendolo all’interno di un’economia circolare, sotto il segno della legalità e dello sviluppo. Quindi, i soci della cooperativa, erano persone che non si conoscevano come nei normali processi cooperativistici, ma selezionati e messi insieme da un bando pubblico e, in seguito, nell’ambito di un processo formativo, che ha visto come attori principali la Confcooperative, il Cresm e molti altri soggetti che, ad oggi, sono diventati nostri partner produttivi. Tutto ciò ha creato l’amalgama che, nel gennaio 2019, ha fondato la cooperativa “Verbumcaudo.”

Quali sono le coltivazioni agricole che portate avanti nel vostro territorio in collaborazione con la comunità e le istituzioni? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione quotidiana?

“Coltiviamo il fondo, di circa 150 ettari, totalmente in biologico. In particolare, coltiviamo cereali, legumi, il pomodoro siccagno, una delle peculiarità del territorio che racconta la storia di queste comunità in quanto, quando siamo arrivati qui, la cooperativa Rinascita, ci ha trasmesso il proprio know-how per la trasformazione di tale pomodoro in passata a marchio “Verbumcaudo”. Oltre a ciò, abbiamo l’olio, da un uliveto che stiamo recuperando, grazie al sostegno di “Fondazione Con il Sud”, il vigneto “Placido Rizzotto” da cui produciamo il vino di Catarratto e la trasformazione dei prodotti dell’orto, che vendiamo anche nel nostro punto vendita “Entroterra”, nel quale lavorano due ragazze, grazie al progetto “Ci sono anche io”, voluto grazie alla diocesi di Cefalù e finanziato dall’8×1000. Inoltre, nella vendita dei prodotti, sono impiegate anche persone con fragilità e, tali prodotti, possono essere acquistati anche sul nostro sito.”

In questi giorni è stato arrestato il boss mafioso Matteo Messina Denaro, che significato assume per voi oggi fare antimafia e aiutare il bene comune nel vostro territorio?

 

Il giudice Giovanni Falcone

“Il processo che ha portato alla creazione della cooperativa “Verbumcaudo” parte dalle indagini e dalla confisca voluta da Giovanni Falcone. Da lì sono state infinite le vicende che hanno coinvolto persone giuste, la Camera del Lavoro, con una simbolica occupazione, quando si palesava la vendita all’asta di quel bene, i magistrati e i comuni attraverso i sindaci, in altre parole, una filiera umana di giusti. Penso che, nella società civile, ognuno di noi, debba sentire tale responsabilità, a partire dal più alto sacrificio, ossia le vittime di mafia, che hanno dato la loro vita per combattere il fenomeno mafioso. La società civile, e noi che ne facciamo parte in quanto ente del Terzo Settore, dobbiamo fare il pezzo che ci compete nella lotta alla mafia. Il 20 giugno 1992, Paolo Borsellino, in una veglia di preghiera, ha detto che tutti noi eravamo in debito per la morte di Giovanni Falcone e che, gioiosamente, avremo dovuto ripagarlo, ognuno nel rispettivo ruolo e compito. Penso appunto che, tutti noi, dobbiamo fare la nostra parte, non solo per noi stessi, ma per le vittime di mafia e per tutti coloro che sono impegnati nella lotta alla stessa. L’abbiamo letto su tutti i giornali, anche la caduta di Matteo Messina Denaro, l’ultimo dei boss della stagione stragista, è frutto di un intenso lavoro dello Stato ed è una vittoria. Tale responsabilità deve coinvolgere tutta la società civile. Noi, in qualità di cooperativa che gestisce un bene confiscato alla mafia e abbiamo come obiettivo quello di riconsegnarlo alle siciliane e ai siciliani onesti, dobbiamo sentire quella responsabilità che dobbiamo attuare attraverso il lavoro. Solo così potremo dire di aver fatto la nostra parte e che le idee di Giovanni Falcone, quando ha sequestrato Verbumcaudo, possano camminare veramente sulle nostre gambe, attraverso la fatica di tutti i giorni nei campi.”

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