Malati di lebbra, la missione della Giornata mondiale

Foto di Logan Moreno Gutierrez su Unsplash

Oggi l’Aifo celebra la 71° Giornata mondiale dei malati di lebbra. Una patologia da “conoscere per eliminarla”. L’Associazione italiana amici di Raoul Follereau spiega: “Il nostro impegno nel mondo si concentra sull’interruzione della trasmissione della lebbra. Ma anche sulla prevenzione delle disabilità. E l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti delle persone colpite”. I volontari portano avanti i valori del giornalista francese. E organizzano diversi eventi su tutto il territorio nazionale. Per informare e sensibilizzare le persone. Si tratta infatti di una malattia che, nonostante sia curabile, è ancora un grave problema sanitario. Soprattutto in diversi paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina. Cioè laddove persistono condizioni socioeconomiche precarie che ne favoriscono la trasmissione. La lebbra si trova nella lista delle Malattie Tropicali Neglette (MTN) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). E la diminuzione del numero delle persone diagnosticate annualmente negli ultimi due decenni è graduale e progressiva. Ma non come ci si attendeva. A causa delle difficoltà di gestione dei programmi di controllo ed eliminazione della malattia nei Paesi endemici. Negli ultimi due anni il numero annuale delle persone diagnosticate è in aumento, dopo il calo dovuto alla pandemia da Covid-19. A causa della diminuzione delle capacità diagnostica dei centri di trattamento ambulatoriali. In quanto il personale sanitario è stato assegnato ad altri servizi.

Lebbra da debellare

Secondo i dati Oms pubblicati a metà settembre 2023 le persone diagnosticate nel corso dell’anno 2022 sono state 174.087.  Con un aumento del 23,8% rispetto al 2021 (140.594 persone). Al primo posto l’India con 103.819 casi, seguita dal Brasile (19.635 persone) e dall’Indonesia (12.441 persone), la cui somma corrisponde al 78,1% del totale dei casi nel mondo. Altri Paesi con un numero significativo di persone diagnosticate annualmente (superiore a 1.000) sono, in ordine alfabetico: Bangladesh, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sri Lanka, Tanzania. Il 5,1% dei nuovi casi sono bambini, una percentuale ancora alta che dimostra come la catena di trasmissione sia ancora attiva e precoce. Con un aumento del 14,6% rispetto all’anno precedente. In crescita anche il numero delle persone che presentano gravi disabilità al momento della diagnosi (9.554 nel 2022, con un aumento del 12,8% rispetto all’anno precedente in cui erano 8.469 persone). Ciò indica che, ancora oggi, a causa della scarsa conoscenza dei sintomi della malattia all’interno delle comunità, delle difficoltà di accesso e della scarsa qualità dei servizi di trattamento, la diagnosi avviene tardivamente. E in molti casi la persona colpita dalla malattia si presenta già con disabilità fisiche irreversibili.

Aifo

Dal lavoro di Aifo emerge che vi sono diversi paesi in cui ancora si segnalano discriminazioni nei confronti dei malati di lebbra o sono presenti leggi discriminanti. Per quanto sopra descritto, in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile (SDG 2030), Aifo attua a livello comunitario. Favorendo azioni di educazione sanitaria sui sintomi della malattia per promuovere la diagnosi precoce. Nei progetti che gestisce, segue la Road Map 2021-2030 dell’Oms per il controllo delle Malattie Tropicali Neglette, a sua volta in linea con la Strategia Globale per l’eliminazione della lebbra (Towards zero leprosy, 2021-2030). Il cammino verso un mondo senza lebbra è lungo e presuppone azioni integrate verso l’obiettivo “Tre Zeri”. Zero trasmissione, zero disabilità e zero discriminazione. A questo si aggiunge l’importanza della ricerca scientifica. Fondamentale per superare le lacune ancora presenti.

Fermare la diffusione

Foto © Africa Mission

Sanità e carità sul modello di Madre Teresa. Per fermare la diffusione della malattia e affinché l’impatto dei programmi di controllo sia duraturo è necessario migliorare la situazione socioeconomica dei Paesi endemici. Attraverso un approccio globale che agisce non solo sugli aspetti sanitari. Ma anche sui determinanti sociali come l’istruzione e l’occupazione stabile. Nello specifico, oltre alla sensibilizzazione e informazione della popolazione, Aifo promuove un approccio multisettoriale che include la riabilitazione fisica e socio-economica delle persone con disabilità causate dalla malattia e dei loro famigliari. In Guinea Bissau, uno dei 20 paesi economicamente più poveri del mondo, Aifo ha incontrato Omero, la cui vita è stata segnata dalla lebbra. “Ricordo che quella è stata la parte più difficile della mia vita. Avevo cercato di curare i sintomi con delle medicine tradizionali, che però non mi avevano aiutato. Quindici anni fa mi sono recato in un centro sanitario. Ma la diagnosi è arrivata ormai troppo tardi e i medici sono stati costretti a prendere una decisione drastica. Ossia l’amputazione del mio piede. Non mi sono arreso però, grazie al supporto di Aifo che mi ha inserito nel programma di formazione. E mi sono specializzato nella trasformazione della frutta in prodotti come succhi e marmellate. Vorrei aprire un negozio adesso”. Aifo ha incoraggiato e sostenuto Omero rafforzando le sue capacità all’interno della comunità. E con una formazione lavorativa che promuova autonomia e dignità. Ma c’è di più, Omero ha iniziato questo percorso formativo perché la comunità di ex malati di lebbra di Cumura in cui vive, vede in lui un punto di riferimento. Un rappresentante che può tornare ricco di conoscenze e abilità.

Impegno

“L’impegno di Aifo nel mondo si concentra sull’interruzione della trasmissione della lebbra. Ma anche nel prevenire le disabilità ed eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone colpite, oltre il pregiudizio e lo stigma. Promuovendo l’inclusione sociale per ridare dignità di persona a coloro a cui non è riconosciuta per una malattia“, afferma il presidente di Aifo, Antonio Lissoni. “Aifo vive delle idealità che la visione assolutamente moderna e attuale di Follereau ci ha lasciato, della centralità della persona. Soprattutto la più fragile e la più emarginata. E questa idealità deve rimanere il fondamento delle nostre azioni. La lebbra ci ha insegnato molto. Ci ha insegnato che cooperare significa essere capaci di crescere con la comunità fragile. Lavorare non per, ma con la persona più debole. Soggetto protagonista della propria dignità e della propria autonomia. E non oggetto di un’azione che risolve un problema”. Un percorso oltre gli ostacoli. “Il cammino verso un mondo senza lebbra è lungo. E presuppone diversi obiettivi. Da raggiungere attraverso un lavoro costante e collettivo. Sicuramente è necessario interrompere la catena di trasmissione della malattia. Ma le conseguenze fisiche e sociali devono essere considerate nei programmi di controllo. Che non possono avere una dimensione esclusivamente dettata da parametri sanitari. Ma devono diventare espressione di un lavoro che intende rivitalizzare la dignità della persona”, conclude Giovanni Gazzoli, medico Aifo specializzato in malattie tropicali.

Giacomo Galeazzi: