Le tante speranze deluse dei minori che giungono in Italia

sos villaggi dei bambini

A destra Samantha Tedesco. Foto: Sos Villaggi dei Bambini

Tra le centinaia di migliaia di migranti che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste ci sono anche molti minori non accompagnati. Si tratta per lo più di ragazzi che vengono inviati in Italia dalle famiglie alla ricerca di fortuna e per scappare dalla brutale realtà in cui fino a quel giorno hanno vissuto. Una volta arrivati però, la situazione non è rosea come pensavano e si trovano ad affrontare molte difficoltà, in primis lo scoglio linguistico e in seguito molti di loro sviluppano dei traumi psicologici più o meno gravi.

L’intervista

Sos Villaggi dei Bambini Onlus gestisce gli interventi che riguardano l’accoglienza, l’inserimento sociale e il supporto psicologico dei minori stranieri non accompagnati (MSNA). Interris.it ne ha parlato con Samantha Tedesco, responsabile dell’area programmi e advocacy di Sos Villaggi dei Bambini Onlus che ha spiegato la dura realtà di questi minori, che secondo le stime del governo al 31 maggio 2023 erano 20.510 mila.

Samantha, con quali aspettative questi giovani arrivano?

“Si tratta di ragazzi vicini alla maggiore età, in media hanno 16 anni, che vengono inviati dalla famiglia con uno scopo ben preciso. Il viaggio a cui si sottopongono è traumatico e molto spesso durante il tragitto sono vittime di violenza. Il loro fine è quello di raggiungere l’Italia e di trovare qualsiasi lavoro per racimolare dei soldi principalmente da inviare a casa. Purtroppo però, una volta giunti a destinazione si scontrano con una realtà diversa da come la immaginavano e vengono ospitati nei centri di accoglienza”.

Cosa accade quando capiscono che non possono tenere fede alla promessa fatta in famiglia?

“Il primo impatto è forte perché c’è la piena consapevolezza che tutto ciò che si era immaginato facile, in realtà non esiste e inizia per loro un percorso in salita. Questo provoca un forte turbamento che viene amplificato dal problema linguistico e da un sistema legislatore che non conoscono. Devono dunque allo stesso tempo metabolizzare la frustrazione di deludere le aspettative familiari e il trauma del processo migratorio e tutto questo può portare a un disagio psicologico a volte grave”.

Quali sono gli ostacoli che non permettono di realizzare la loro missione?

“Il primo è l’età anagrafica che non consente loro di lavorare e dunque il minore viene accolto all’interno di strutture che spesso non sono nemmeno specifiche per minorenni e in cui possono rimanere per un massimo di trenta giorni. Il secondo passaggio è quello di andare in strutture per minori, ma qualora queste non ci siano o non ci sia posto, i ragazzi rimangono dove sono. A tal proposito è urgente creare nuove strutture adeguate e promuovere anche per i minori non accompagnati l’istituto per l’affido familiare”.

Che cosa accade a chi scappa dal centro accoglienza?

“Solitamente chi se ne va, tenta di raggiungere illegalmente qualche familiare già presente in Italia, ma purtroppo la maggior parte di loro cade nel circuito della micro criminalità e del lavoro nero che spesso li porta a lavorare nei campi in condizioni igienico sanitarie terribili. Le ragazze invece che giungono in Italia hanno un percorso migratorio diverso e già da subito il loro arrivo è collegato e finalizzato alla prostituzione”.

C’è un futuro per questi ragazzi?

“Assolutamente sì e l’esperienza ci ha insegnato che la maggior parte di loro, se adeguatamente aiutati, reagisce positivamente. Per questo noi offriamo un sostegno psicologico mirato, individuale e di gruppo, e un orientamento per usufruire dei servizi sul territorio. Garantiamo un supporto per accedere a servizi di formazione professionale e di inclusione sociale e organizziamo incontri di formazione rivolti agli operatori dell’accoglienza, al fine di promuovere un ambiente sicuro per i MSNA”.

Elena Padovan: