Dalla parte dei poveri. “Non è un caso che nei suoi viaggi apostolici all’estero, Jorge Mario Bergoglio abbia privilegiato Paesi considerati spesso di serie B a scapito delle grandi potenze– afferma a Interris.it il vaticanista del Gruppo Mediaset, Fabio Marchese Ragona-. Un esempio: nonostante i numerosi inviti del presidente francese Macron, il Papa non ha ancora visitato Parigi. E il Pontefice stesso ha spiegato successivamente ai giornalisti che prima di volare in Francia ha altre priorità: visitare paesi più piccoli e più in difficoltà“.
Fabio Marchese Ragona
Nonostante sia nato a Milano il 23 dicembre del 1982, Fabio Marchese è siciliano di Canicattì (Agrigento). Negli ultimi anni ha vissuto tra Roma e Milano. Scrive principalmente di cose vaticane ed è accreditato come vaticanista presso la Sala Stampa della Santa Sede. Si è laureato a Roma in Scienze della Comunicazione prima nel dicembre 2004 (laurea triennale) e poi nel dicembre 2006 (laurea specialistica). In seguito, a Milano, ha frequentato il master biennale in giornalismo del Campus Multimedia Iulm–Mediaset. Dopo aver svolto stage in Rai e a SkyTg24 è arrivato a Mediaset, dove lavora dal dicembre 2008. Ha lavorato a “Studio Aperto”, “News Mediaset”, “Tgcom24”, “Tg4” e “Videonews”, la testata Mediaset che realizza i programmi d’informazione di Canale 5, ItaliaUno e Retequattro. Nell’aprile 2019 è stato nominato caposervizio ed è ritornato a News Mediaset, dove ricopre il ruolo di vaticanista, realizzando servizi per Tg5, Tg4, Studio Aperto e Tgcom24, canale all-news all’interno del quale conduce e cura ogni domenica alle 17 la rubrica “Stanze Vaticane“. Collabora anche con il quotidiano Il Giornale. In passato ha scritto (di Vaticano e non) per Panorama, L’Espresso, Il Foglio (edizione del sabato), Corriere della Sera Magazine, Wired.it, Repubblica.it e Vatican Insider–La Stampa.
Il racconto del pontificato dei poveri
Fabio Marchese Ragona autore de “Il Sorriso di Karol“, documentario di Tgcom24 su Giovanni Paolo II. Ha scritto nel maggio 2016 “Potere Vaticano“, un pamphlet sulla diplomazia di Papa Francesco edito da Il Giornale. Ha collaborato nel 2015 anche al “Vocabolario di Papa Francesco”, edito da Elledici. Nel gennaio 2018 ha pubblicato con la San Paolo il libro “Tutti gli uomini di Francesco“, vincitore nel 2019 del premio “Cardinale Michele Giordano” di Napoli. Nel novembre 2018 ha pubblicato con Chiarelettere il libro “Il caso Marcinkus-Il banchiere di Dio e la lotta di Papa Francesco alle finanze maledette“. Nel gennaio 2019 torna a pubblicare con la San Paolo il libro “I nuovi cardinali di Francesco“, seguito del primo volume dedicato ai porporati nominati dal pontefice argentino.
Ritiene che l”opzione preferenziale per i poveri (ribadita dal Concilio) sia il fulcro del pontificato di Francesco?
“Assolutamente sì. Non è un caso che Papa Francesco, qualche giorno dopo l’elezione a Papa, incontrando i giornalisti in Aula Paolo VI, abbia voluto lanciare un segnale chiaro, un manifesto del suo pontificato, affermando: “Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. Una scelta, quella di Bergoglio, che non nasce in tempi recenti, ma che è maturata dopo una lunga esperienza vissuta sulla propria pelle in America latina, continente che ha una notevole presenza di poveri”.Può farci un esempio?
“Il Pontefice, in perfetta linea con quanto indicato dal Concilio, in più di un’occasione ha sottolineato quanto sia importante l’attenzione primaria verso coloro che la società considera scarti, contrastando così, come disse nel suo primo viaggio, a Lampedusa, la globalizzazione dell’indifferenza”.
A cosa si riferisce?
“All’Angelus del 18 agosto 2019, ad esempio, ha affermato: ‘La testimonianza del Vangelo si è propagata come un incendio benefico superando ogni divisione tra individui, categorie sociali, popoli e nazioni. Essa brucia ogni forma di particolarismo e mantiene la carità aperta a tutti, con un’unica preferenza: quella per i più poveri e gli esclusi’. Concetto già ribadito durante il suo viaggio apostolico che ha toccato anche la Bolivia nel 2015: ‘Mi piacerebbe incoraggiare la vocazione dei discepoli di Cristo a comunicare la gioia del Vangelo, ad essere sale della terra e luce del mondo a partire dalla sua opzione preferenziale ed evangelica per gli ultimi, gli scartati, per gli esclusi: questa è l’opzione preferenziale della Chiesa’. Francesco riporta i riflettori del mondo su un tema”.
Quale?
“Quello della povertà delle periferie del mondo, in passato spesso dimenticato, rimettendo al centro quell’espressione, “opzione preferenziale”, che San Giovanni Paolo II aveva integrato nella dottrina sociale della Chiesa. In tempi recenti Santa Teresa di Calcutta ha fatto lo stesso indicando al mondo, ma anche alle gerarchie ecclesiastiche, la necessità di essere accanto concretamente ai più poveri tra i poveri del pianeta”.
In pandemia il Papa si è confermato voce universale degli ultimi. E’ un ruolo di supplenza rispetto ad una politica sempre più divisa e ripiegata su interessi particolaristici?
“Più di un commentatore internazionale ha definito Papa Francesco l’unico leader mondiale credibile e autorevole, l’unico che riesce a tenere alta l’attenzione su determinati temi, passati ormai spesso in secondo piano. Di fronte a un vuoto creato dalla politica che, negli ultimi tempi, ha praticamente abdicato al suo ruolo sociale, Francesco ha colmato, volente o nolente, quel ‘vulnus’, richiamando al contempo la politica alle sue responsabilità”. Quali sono i richiami più significativi ai predecessori?
“Come affermò Pio XI nel 1927 ‘la politica è la forma più alta di carità’. Ricevendo, nel settembre del 2019, i vescovi orientali cattolici in Europa, ad esempio, Jorge Mario Bergoglio ha messo in guardia dai populismi ribadendo che “la comunione cattolica fa parte della vostra identità particolare ma non le toglie nulla, anzi contribuisce a realizzarla pienamente, a esempio proteggendola dalla tentazione di chiudersi in sé stessa e di cadere in particolarismi nazionali o etnici escludenti”.Cosa comporta questo dal punto di vista geopolitico?
“Il pericolo di questo tempo della nostra civiltà sono i particolarismi che diventano populismi e vogliono comandare e uniformare tutto. Di fronte a uno scenario simile, in cui i movimenti populisti hanno raggiunto in vari Paesi il vertice della scena politica, Francesco non ha potuto rimanere in silenzio e, in particolare durante il periodo di maggiore emergenza sanitaria, si è fatto megafono di chi, nel mondo, non ha voce, per superare quello scoglio rappresentato dalla politica ripiegata sul proprio tornaconto elettorale”.Quali effetti derivano da questa impostazione del Magistero sociale di Francesco?
“I numerosi richiami alla politica europea e mondiale perché, nel dopo pandemia, si mettesse al servizio del popolo e non al servizio di se stessa, sono l’ennesimo campanello d’allarme, lanciato da Jorge Mario Bergoglio, sul cambiamento radicale delle priorità politiche nella società di oggi”.
La scelta del Papa di una Chiesa povera per i poveri suscita resistenze anche all’interno del cattolicesimo mondiale?”
“È certamente uno degli innumerevoli motivi per cui Papa Francesco riceve critiche e attacchi. In questo caso per il suo tentativo di riformare la Chiesa, perché sia in uscita, perché Roma non sia più il centro ma lo siano le periferie. Francesco per quel desiderio di avere una ‘Chiesa povera per i poveri’ è stato aspramente criticato perché, a dire dei suoi oppositori, ha messo la dottrina in secondo piano rispetto alla pastorale, con il Vangelo che prevale sui principi dogmatici della Chiesa. Con una postilla da non trascurare”.Cioè?
“Attenzione non si parla in questo caso di contrapposizione tra tradizionalisti e progressisti: basti pensare che, ad esempio, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, da molti considerato a torto un oppositore del Papa perché legato alla cerchia più conservatrice della Chiesa, nel 2014 scrisse un libro in cui riafferma con convinzione la necessità di una Chiesa ‘povera per i poveri’. Non a caso il titolo del suo volume è: ‘Povera per i poveri, la missione della Chiesa’. Ad attaccare Francesco e a fare resistenze sono alcune grandi élite del cattolicesimo mondiale”.A cosa si riferisce?
“Per intenderci, sono le stesse che dopo la pubblicazione del volume “Questa economia uccide”, accusarono Jorge Mario Bergoglio di essere un comunista, in pratica l’anticristo. Dall’elezione ad oggi abbiamo assistito, da parte di un fronte antagonista interno alla Chiesa, ad un crescendo di delegittimazioni sfociate in alcuni casi perfino nella richiesta di dimissioni”.
Francesco ha fatto dell’amore per i poveri il suo programma di governo della Chiesa. In cosa consiste la sua geopolitica della misericordia?
“Rompendo con ogni schema curiale del passato, l’azione diplomatica di questo Pontefice è guidata totalmente dalla misericordia, rimettendo al centro la cultura dell’incontro, mettendo il dialogo sopra ogni cosa. Lo ha spiegato bene anche lo storico Andrea Riccardi: questa geopolitica di Francesco “punta a rammendare le tante lacerazioni della storia”.In cosa consiste la diplomazia della misericordia?
“Per Jorge Mario Bergoglio non può esserci spazio per i semplificatori dei nostri tempi, per i fanatici dell’apocalisse che vedono tutto come uno scontro definitivo tra bene e male”. E così la diplomazia di Francesco è quella di un uomo che non si pone il problema di dirsi “molto addolorato” per la questione di Santa Sofia a Istanbul o che bacchetta pubblicamente i leader mondiali senza porsi il problema di una reazione che potrebbe avere serie conseguenze diplomatiche” Diplomazia poco diplomatica, quindi?
“‘La diplomazia di Francesco è poco diplomatica perché si deve sposare con la parresia, una chiarezza che a volte diventa denuncia scomoda’, ha spiegato padre Antonio Spadaro, direttore de ‘La Civiltà Cattolica’. Va certamente abbandonato il vecchio schema delle storiche alleanze: con Jorge Mario Bergoglio si dialoga e si cammina insieme per il raggiungimento di scopi comuni come la tutela dei più deboli, del diverso, degli scarti della società. E questo avviene principalmente con nazioni che in passato erano considerate ostili alla Santa Sede”.