Lavoro notturno e tutele mancanti: Interris.it ha intervistato Giulio Romani della Cisl

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É definito “notturno” il lavoro effettuato nell’arco di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. Il decreto del 19 maggio 1999 lo mette tra le mansioni più usuranti e il decreto legislativo 67/2011 anticipa dal 1° gennaio 2008 l’età pensionabile a chi lavora di notte. Questa tutela però non è prevista per tutti e ne abbiamo parlato con Giulio Romani, Segretario Confederale Cisl. 

Hanno diritto alla pensione anticipata, ma non tutti. Sig. Romani, ci può chiarire questo punto?

“Ad oggi il beneficio pensionistico è concesso a condizione che l’attività usurante sia stata svolta per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di lavoro o per almeno metà della vita lavorativa complessiva e se si raggiunge un certo numero di notti per ogni anno.  I dati Istat e i dati Inail però dimostrano che il lavoro notturno viene svolto soprattutto nella prima fase dell’attività lavorativa, quando si è più giovani, e che dunque difficilmente si riesce a raggiungere il requisito di 7 anni negli ultimi 10 lavorati”.

Cosa bisognerebbe fare?

“Innanzitutto andrebbero ridefiniti i requisiti della normativa vigente. Ad esempio si potrebbe pensare di richiedere un numero maggiore di anni rispetto ai 7 oggi previsti, ma spalmati nel corso di tutta la vita lavorativa. Inoltre, il requisito della metà della vita lavorativa è troppo elevato. Sarebbe opportuno prevedere una riduzione del numero di notti necessarie per il riconoscimento del diritto e l’introduzione di agevolazioni per i lavoratori di età più avanzata, in modo tale che l’annualità sia riconosciuta al raggiungimento di soglie proporzionate all’età anagrafica del lavoratore”.

Ci sono professioni che non rientrano in quelle notturne, ma in realtà lo sono?

“Si, e sono ugualmente tipologie di lavoro usuranti come per esempio la categoria dei trasportatori e degli addetti a lavorazioni stagionali. Bisognerebbe procedere alla misurazione del numero di ore di lavoro notturno e a una maturazione del diritto in rapporto alle ore lavorate. Inoltre, si dovrebbe ampliare le tutele anche a tutti i lavoratori autonomi che svolgono lavoro notturno”. 

Quali sono i rischi a cui un lavoratore notturno è esposto?

“É stata evidenziata una maggiore incidenza degli infortuni mortali fuori dall’azienda, connessi con il lavoro notturno. Dati Inail dimostrano infatti che la gran parte degli infortuni mortali tra i lavoratori notturni avviene nel tragitto casa-lavoro-casa o a bordo di un mezzo di lavoro (infortuni da circolazione stradale). Per cui si può dedurre che la pericolosità non sia tanto nella mansione svolta quanto nel fatto di svolgerla di notte. Inoltre, il lavoro notturno a turni determina una maggiore probabilità di sviluppare una sindrome metabolica già dopo soli 4 anni, probabilità che si alza in modo significativo dopo 15 anni. Questi effetti negativi non passano, ma si conservano nel tempo. Da parte nostra, ci stiamo impegnando perché nei contratti collettivi ci siano più tutele come per esempio maggiore turnazione dei lavoratori ed evitare l’isolamento che provoca pericoli anche a prescindere dal tipo di attività, si pensi a tal proposito al portiere di notte”.

Lavoro notturno-famiglia. Quanto incide sul benessere di una famiglia?

“La modifica dei ritmi sociali, oltre che di quelli biologici, ha delle conseguenze sulla vita familiare, ma non sempre in negativo. Questi lavori infatti, spesso comportano un ritorno economico che incide sul reddito delle famiglie, specialmente se sono monoreddito. Ad esempio nel settore metalmeccanico, se il turno è sino alle ore 22 si ha diritto a una maggiorazione del 20%, se è oltre le ore 22 diventa del 30%. Le percentuali aumentano se il turno di notte coincide con un giorno festivo”.

Elena Padovan: