“ll lavoro domestico è cambiato, come molti segmenti della società. E non è più un comparto esclusivamente femminile e poco professionalizzato- spiega Lorenzo Gasparrini- Oggi gli uomini impiegati nel comparto sono quasi 150 mila. Pari al 15% del totale. Si tratta di una componente in rapida evoluzione. Cresciuta di quasi il 30% negli ultimi sei anni. Poco nota, in particolare, la figura del ‘badante’. 40 mila lavoratori uomini addetti alla cura della persona“. Si tratta di “dinamiche importanti, che danno prova dell’Italia che cambia. E a cui dovrebbero adeguarsi anche le politiche per la famiglia, e per la non autosufficienza”
Crisi economica
“In Italia il lavoro domestico rappresenta non solo una necessità per le famiglie italiane. Ma anche, specialmente nei momenti di crisi economica, un’opportunità di lavoro per i giovani”, afferma il segretario generale di Domina. E aggiunge: “Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dall’aumento di giovani nel lavoro domestico. Non si tratta solo di stranieri. Ma anche di giovani italiani che trovano in questo settore un ingresso nel mondo del lavoro. In particolare, nelle regioni del Sud caratterizzate da un alto tasso di disoccupazione giovanile, il lavoro domestico può rappresentare un comparto significativo. E cioè un ambito di lavoro sicuro, formativo e duraturo”.
Report
Lavoro domestico in crescita in Italia nonostante gli aumenti retributivi. 4 milioni di persone coinvolte. Contributo economico per oltre un punto del Pil. Ma il 52,3% del lavoro domestico è irregolare. Prevalenza di donne dell’Est nel settore. Però aumentano gli uomini e gli italiani. E anche i giovani si riscoprono “colf” e “badante”. Le famiglie come soggetti di welfare. Viene presentato oggi al Senato il quarto Rapporto annuale sul lavoro domestico a cura dell’associazione Domina. Il report è utile a fotografare la realtà e le tendenze del lavoro domestico in Italia. Oltre all’analisi dei dati, il Rapporto offre piste di riflessione. Per la riforma del settore. E per garantire un maggiore sostegno alle famiglie italiane. Nella gestione della cura e dell’assistenza.
Lavoro in trasformazione
Alto tasso di irregolarità. Nonostante l’emersione avviata nel 2020, il settore domestico è nettamente al comando della triste classifica dei settori per tasso di irregolarità (52,3%). Contro una media nazionale del 12,0%. I lavoratori domestici totali sono circa 2 milioni, di cui meno della metà in regola. Considerando anche i datori di lavoro, il settore comprende oltre 4 milioni di soggetti. Le ragioni della diffusione del lavoro informale in ambito domestico sono molteplici di varia natura.
Le proposte delle Parti Sociali. La sfida per il settore è di ridurre quegli elementi che rendono più conveniente per le famiglie il lavoro informale rispetto a quello in regola. Per comprendere questi meccanismi, nel Rapporto sono presentati i risultati dell’indagine condotta da Domina. Con il supporto tecnico dell’Ufficio ILO per l’Italia e San Marino. E con la collaborazione delle parti sociali.
Presenza straniera
Oltre un milione di famiglie datori di lavoro. Grazie all’analisi della banca dati fornita in esclusiva dall’Inps a Domina, è stato possibile analizzare in modo puntuale i dati sui datori di lavoro, che nel 2021 superano quota 1 milione (108 ogni 100 lavoratori). Nell’ultimo anno le famiglie italiane hanno speso oltre 15 miliardi di euro per il lavoro domestico: 8,1 miliardi per la componente regolare e 7 miliardi per quella irregolare. Numeri che peraltro sono destinati a crescere, visto l’inverno demografico ormai inarrestabile che determina un aumento costante della popolazione anziana. Effetto “sanatoria”, dunque, Alla fine del 2021, i lavoratori domestici sono oltre 960 mila. In aumento rispetto all’anno precedente (e addirittura +12% rispetto al 2019). Si tratta di un settore caratterizzato da una forte presenza straniera (70% del totale), soprattutto dell’Est Europa, e da una prevalenza femminile (85%). Anche se negli ultimi anni si è registrato un aumento sia degli uomini che della componente italiana. Nell’ultimo anno sono aumentati soprattutto gli uomini immigrati (+22,1%), generalmente i primi beneficiari della “sanatoria”.
Contributo
Oltre un punto del PIL. Grazie all’impegno delle famiglie, il settore ha contribuito nel 2021 alla creazione di 17,6 miliardi di valore aggiunto. Pari all’1,1% del PIL nazionale. Ciò ha determinato un risparmio di 10,1 miliardi per le casse dello Stato (0,6% del PIL). Ovvero l’importo di cui lo Stato dovrebbe farsi carico se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in struttura. Incidono, poi, le specificità regionali. Ampio spazio viene dato, infatti, alle schede regionali, che offrono una panoramica sui dati e sugli strumenti di sostegno alle famiglie. Se a livello nazionale possiamo calcolare un impatto sul PIL pari all’1,1% del totale, in alcune realtà territoriali il contributo incide in misura ancora maggiore. Umbria (1,51%), Sardegna (1,48%) e Lazio (1,4%).