A oltre vent’anni dall’approvazione della legge sul collocamento mirato delle persone con disabilità (Legge 68/99), l’inclusione lavorativa e sociale delle stesse, pur avendo compiuto qualche lieve miglioramento, rimane ancora un traguardo lontano da raggiungere.
I numeri dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia
In particolare, allo stato attuale, in Italia le persone con disabilità in età lavorativa risultano essere 1,6 milioni e quasi il 70% di questi non ha un’occupazione. La percentuale delle donne con disabilità disoccupate risulta ancora più alta e, in questo ambito, la discriminazione di genere agisce come un moltiplicatore e rischia di generare ulteriore emarginazione.
Le normative a tutela dell’inclusione lavorativa in Italia e nel mondo
Nonostante la molteplicità di normative internazionali e nazionali, quale ad esempio la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità risalente al 2007, che all’articolo 27 sancisce: “Gli Stati Parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità.”
In Italia la prima legge riguardante il collocamento al lavoro delle persone con disabilità risale al 1917 e ha riguardato in special modo invalidi di guerra e i mutilati. Nel 1948 vengono aggiunte alla sopracitata legge alcune patologie oggetto di assunzione obbligatoria, in particolare la tubercolosi, molto diffusa in quel tempo. La promulgazione della costituzione della Repubblica italiana ha sancito diritti e doveri a tutela della salute e del diritto al lavoro i quali sono sfociati nella Legge 482 del 1968 che ha disciplinato per la prima volta il modo unitario il collocamento obbligatorio delle persone con disabilità, se pur manifestandosi prevalentemente con un approccio assistenziale. La Legge 68 del 1999 segna un cambiamento nella percezione della disabilità in ambito lavorativo tanto che, si passa dal cosiddetto collocamento obbligatorio al collocamento mirato, ossia costituito con il coinvolgimento della persona con disabilità e delle aziende stesse coadiuvate da soggetti terzi con l’obiettivo di rendere possibile il migliore inserimento lavorativo in base alle specifiche competenze della persona.
I limiti delle leggi vigenti
Malgrado questi miglioramenti normativi, nel panorama italiano, a causa della mancanza di una banca dati nazionale che registri nel dettaglio le iscrizioni delle persone con disabilità agli specifici elenchi della Legge 68/99, alla mancanza di politiche attive mirate e alla scarsa ottemperanza delle aziende agli obblighi normativi sull’assunzione delle cosiddette categorie protette è ancora necessario fare molto affinché il lavoro diventi un diritto concreto delle persone con disabilità e non solo un miraggio.
L’impegno delle associazioni e le dichiarazioni di Aias Sondrio
In riguardo a questo tema il mondo delle associazioni di tutela delle persone con disabilità ha dato e sta dando un contributo estremamente fattivo in termini di idee per la possibile riforma della sopracitata normativa, in particolare l’AIAS, attraverso la presidente della sezione di Sondrio Alda Cattelini la quale dice: “E’ fondamentale agire in riguardo a tutti gli aspetti dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità perché – secondo il mio parere – non si fa abbastanza per far sì che le stesse possano giungere ad una piena realizzazione attraverso lo svolgimento di un’attività lavorativa in ambienti inclusivi dove ognuno possa esprimere le proprie attitudini, il proprio talento ed essere valorizzato indipendentemente dalla disabilità”.