La laurea del cuore. Si è iscritto all’università per comprendere meglio suo figlio autistico Natan. Ora è in marcia verso una seconda laurea. Per amore del figlio e della scienza. A undici anni dalla pensione e mezzo secolo dal completamento degli studi, il professor Randolfo Frattesi è nuovamente in pieno cammino accademico. Per esplorare le neuroscienze. Un settore in cui la fisica entra sempre più nella medicina. E poter così aiutare Natan.
La spinta verso la laurea
Man mano che procedono i suoi studi per la seconda laurea, quali aspetti sperimenta e apprezza in questa sua inedita esperienza accademica?
“Proprio questa settimana ho sostenuto il settimo esame: Quantum Optics. C’è un motivo per cui mi sono imbarcato in questa ardua impresa. Assolutamente non è per collezionare titoli accademici. Specialmente poi in questo caso, dove la laurea in Fisica sarebbe quasi una fotocopia della laurea in Matematica. Ma è il mondo accademico. con la sua dinamicità e la sua fluidità che mi da l’energia e la spinta. Necessarie a voler arrivare al mio progetto della scoperta della struttura del cervello umano dal punto di vista fisico. Devo riconoscere di aver trovato nell’Unicam (l’ateneo di Camerino) un terreno fertilissimo per il mio campo di ricerca. Inoltre non posso non elogiare i docenti. Nonostante debbano rispettare i loro programmi accademici, mi aiutano in pieno a conciliare i loro piani di studio con il piano della mia progettualità. Posso dire, senza mezzi termini, che alla fine, dopo gli esami ci diamo del tu. Rimanendo amici. Augurandoci per il futuro di continuare il nostro sodalizio accademico. Alcuni di loro hanno l’età dei miei figlioli. E son convinto che arriveranno lontano. Per questo vorrei lasciar loro qualcosa d’inedito”.Cosa sta scoprendo dell’apprendimento universitario? Come è cambiato il mondo universitario tra i suoi primi studi universitari e quelli odierni?
“Se avessi potuto prevedere quasi 50 anni orsono l’attuale periodo, l’avrei considerato pura fantascienza. Quella volta era già difficile trovare i testi. Quando dovevo essere assente alle lezioni, perché lavoravo, dovevo affidarmi agli appunti degli studenti che avevano la fortuna di frequentare. Per dovermi uniformare alle spiegazioni degli insegnanti, che spesso non seguivano gli eventuali testi consigliati. Ora la rete ti offre di tutto, I testi. Le lezioni e-learning. I contatti con i professori. Le traduzioni simultanee. Utilissime nella mia facoltà di Physics. Perché tutto viene svolto in inglese. Ed infine i dialoghi con i professori stessi che sono sempre disponibilissimi a mettersi in contatto nel caso del bisogno”.Consiglierebbe ai suoi coetanei di riprendere in mano i libri di testo?
“Servono forti motivazioni. Altrimenti consigliare ad amici e conoscenti di imbarcarsi in questo tipo di studi, sarebbe quasi fare loro un dispetto. In facoltà dove è favorito il dialogo, quindi un approccio discorsivo, perché no? Io ho scoperto dopo che mi son messo a studiare, di ritrovare la mente di quando ero giovane. Come dicono gli esperti, tenere la mente allenata aiuta in qualsiasi stadio della nostra vita. Invece consiglierei ai giovani, soprattutto quelli portati, di scegliere facoltà scientifiche. Specialmente quelle dove non ci sono test di ingresso. Non rimarranno mai disoccupati. Perché la selezione la fa lo studio stesso. E quelli che riescono ad arrivare alla fine sono sicuramente i nostri cervelli migliori, che non avranno nessun problema di lavoro in qualsiasi parte del mondo”.Cosa prova quando si trova ad affrontare gli esami universitari?
“Io ho la fortuna di trovarmi in un caso anomalo, perché non ho una necessità impellente di arrivare alla laurea. L’esame lo voglio affrontare solo quando io lo ritengo opportuno. Nel momento in cui, penso, mi abbia fatto giungere ad un traguardo da me ritenuto utile al mio scopo. Perché ho la sicurezza di uno che ha insegnato 40 anni, che sa mettersi dalla parte di chi lo interroga. Ritengo che la mia situazione sia più che privilegiata. Vorrei augurarla ad ogni studente. Quando c’è serenità tutto si affronta nel migliore dei modi. Si deve considerare anche il fatto che alcuni esami che devo affrontare, li ho già superati mezzo secolo fa”.
In che modo riesce a collegare e integrare i suoi studi con la vita quotidiana?
“Sono già 11 anni che sono in pensione e da quella volta ricopro l’incarico di direttore del Museo Diocesano e di responsabile dell’Ufficio Beni Culturali e Edilizia di Culto della Diocesi di Jesi. La Diocesi, essendo una struttura privata, mi ha permesso di selezionare il personale che io ritenessi il migliore. Di conseguenza io ho delle ottime collaboratrici plurilaureate, a tempo indeterminato, che riescono a gestire il complicatissimo lavoro nel migliore dei modi. Quindi il mio ruolo si riduce a quello di puro coordinamento. Sono sempre presente, nel caso di aiutare in quelle difficoltà che in qualsiasi lavoro possono presentarsi all’improvviso. E penso, che nonostante mi muova pochissimo dal mio ufficio possa dare sicurezza a tutto il personale. Sia esso fisso. Occasionale. O volontario. Questo mio ruolo, in questa particolare situazione mi da tutto il tempo necessario per studiare”.