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Il virus aleggia sull’atarassofobia: la paura di vivere senza stimoli

Che cos'è l'atarassofobia, la paura di vivere senza stimoli e come il coronavirus influisce su questa condizione: ma una via d'uscita c'è

L’atarassofobia è la paura, diffusa in tutto il mondo, di vivere senza stimoli che finisce con lo smontare, nell’epoca attuale, quel ventaglio enorme di opportunità e interessi prospettato dal reale e dal virtuale. È frutto di altre paure già presenti nell’individuo sino a costituire una sorta di “madre di tutte le fobie. Produce situazioni altamente patologiche e gravi nei giovani; anche molti adulti, tuttavia, non possono considerarsi immuni. La modernità tecnologica e delle nuove socialità ha cercato, fallendo clamorosamente, di risolvere, con la sola razionalità, il terrore, quello che gli antichi greci riconducevano al dio Fobos, incarnazione della paura istintiva e irrazionale.

La pandemia

Il sopraggiungere della pandemia attuale ha prodotto un’accelerazione dell’atarassofobia, aggiungendo paure sanitarie, economiche e una chiusura fisica e mentale che, tranne alcuni episodi di creatività e ironia, ha finito col minare la voglia di agire e pensare; tanto più limitando le riflessioni, personali e collettive, a un unico argomento.

Il virtuale si sostituisce al reale

La condizione umana moderna è, spesso, passiva, lacerante, inappagata e la fobia di vivere senza stimoli penetra in uno spirito non felice, svuotato delle sue essenze. La passività, sia nell’azione sia nel pensiero, si dispiega in una vita proiettata sul prossimo, considerato non sempre come un fratello e un aiuto piuttosto come un nemico (su cui riversare violenza e rabbia) o, all’estremo opposto, un eroe da cui pendere (da osservare 24 ore al giorno sui social e in tv). Il virtuale si sostituisce al reale svuotandolo. È impossibile non imputare tale fenomeno a una vita troppo social e poco sociale. La misura spropositata del tempo impiegato e la qualità modestissima investita nell’utilizzo di tv, internet e social network, infatti, finisce con il dissipare la propria personalità.

L’atarassofobia prima del Covid-19

Il Covid-19 non è una scusa: anche in precedenza, la vita attiva, tra eventi, sport, frequentazioni di amici, ha ceduto il passo a una confortevole e comoda tv. La radio, la tv e il cinema, importanti per la loro funzione informativa, culturale e ludica, hanno divorato il fruitore arrendevole che ha abusato di questi servizi, facendosi accalappiare soprattutto dai programmi e dai risvolti di basso livello, in uno scambio poco redditizio per il singolo. Abiurare e dimenticare la lettura, per esempio, in funzione della più comoda e passiva fruizione televisiva, è stato uno dei primi passi per la cessione dei propri interessi e dei propri stimoli.

La finzione propinata dai media

La finzione propinata dai media ha illuso il singolo, tempestandolo di star, calciatori, attori e cantanti di successo, come soluzioni a tutti i problemi, con distrazioni varie ed esaltazione dell’individuo e della sua piena capacità di comprendere personalmente il bene e il male, senza il discernimento di una tediosa e pleonastica religiosità. Tale effimera sicurezza infusa, va in tilt quando il singolo si trova a dover risolvere i problemi più importanti e si rende conto di non aver le basi e le idee per affrontarli.

Le pubblicazioni sull’atarassofobia

Adriano Purgato, psicologo e psicoterapeuta, autore del volume “Fobie Le nuove ossessioni del XXI secolo” pubblicato da Castelvecchi (prima edizione del 2006), indica l’atarassofobia come “uno dei disagi più importanti, perché tutti gli altri, in un certo qual modo, si possono considerare suoi prodotti”. Egli sottolinea “alla radice degli episodi di violenza ingiustificata degli ultimi tempi c’è senza dubbio l’atarassofobia”.

Il ministero della Salute, nell’opuscolo pubblicato lo scorso ottobre (riferito al 2017) dal titolo “Salute mentale-Fatti e cifre contro lo stigma”, riporta i dati dell’Oms “A livello globale, circa 300 milioni di persone sono affette da depressione. Le donne sono più colpite rispetto agli uomini […] Il 10-20% di bambini e adolescenti soffre di disturbi mentali e le condizioni neuropsichiatriche sono la principale causa di disabilità nei giovani di tutte le Regioni Oms”.

La situazione italiana è così riassunta: “Secondo i dati rilevati in Italia nel 2017 dal Sistema Informativo salute mentale (SISM) del ministero della Salute: le persone con patologie psichiatriche assistite dai servizi specialistici sono state 851.189; i pazienti che sono entrati in contatto per la prima volta nel 2017 con i Dipartimenti di salute mentale sono stati 335.794 e il 67,6% dei pazienti ha più di 45 anni; a livello nazionale le patologie psichiatriche più frequenti sono la depressione (39,2 per 10.000 ab.), la schizofrenia (35,8 per 10.000 ab.) e le sindromi nevrotiche e somatoformi (22,0 per 10.000 ab.)”.

Le parole di un santo

San Giovanni XXIII affermava “Non consultarti con le tue paure, ma con le tue speranze e i tuoi sogni. Non pensate alle vostre frustrazioni, ma al vostro potenziale irrealizzato. Non preoccupatevi per ciò che avete provato e fallito, ma di ciò che vi è ancora possibile fare”.

La via di uscita

La reazione mentale e fisica che si produce nei soggetti affetti dalle fobie moderne, provoca una serie di ripercussioni, di malori, di attacchi di panico e ansia. In un contesto patologico del genere, la via per uscire dal vuoto deve essere anche vista come una decisa risposta al virus, rimettendo in moto, gradualmente e in sicurezza, con l’ausilio di professionisti, esperti del settore e amici, il desiderio e la voglia di vita, di socialità attiva, di sperimentazione e coltivazione dei propri interessi in modo che questi si sostituiscano al grigiore degli schermi, all’idolatria dei miti imposti e, di conseguenza, alla fobia di essere senza stimoli. Proprio la socialità attiva, duramente compromessa per la prima volta nella storia e così invocata durante la quarantena, dovrebbe essere il grande stimolo per la riscossa, interiore ed esteriore. Siamo a una svolta fondamentale per l’umanità: o l’atarassofobia si fa amplificare dal virus o questo, indirettamente, ne costituisce un’occasione di riscatto.

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