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L’arte per guardarsi l’anima

Giannetto Magrini, pittore e scultore, racconta l’emergenza Coronavirus con gli occhi e la sensibilità di un artista

“Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’ e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò”, cantava il grande Lucio Dalla. A sentirla oggi questa canzone sembra esser stata composta proprio per alleviarci dalla distanza con le persone care. Il virus, oltre a portare tanta morte, ha allungato le distanze facendoci rendere conto di quanto un singolo uomo solo non sia niente. E’ questa la condizione che vivono molti giovani amanti lontani anche di pochi chilometri e i nonni con i loro nipoti. La letteratura consola l’essere umano da sempre. Allora ascoltando le note di Dalla, mi sono chiesto come vede l’emergenza un artista? Magari un pittore. E mi sono imbattuto in un piccolo cartello che riportava: “Questo è un aiuto al Coronavirus”.

Allora ho composto il numero sul cellulare e ho chiamato Giannetto Magrini, un grande pittore e scultore di Jesi nelle Marche, autore di quel cartello. Un artista che ama sperimentare nuove forme espressive. L’arte è un fuoco che gli divampa dentro. Magrini ha più di 80 anni, ma credetemi l’animo è quello di un fanciullo. La sua voce segue lentamente le linee tracciate dalla sua mente che traduce tutto in figure e in colori. Cosa c’è scritto su quel cartellone? “Giannetto Magrini mette a disposizione per chi vuole aiutare gli enti impegnati contro il Coronavirus un certo numero di acquerelli originali ad un costo modesto”.

Magrini mi chiarisce come il mettere a disposizione le sue opere per dare un piccolo aiuto è lo scopo principale dell’arte. L’arte aiuta l’uomo, esprime l’uomo, ne è lo specchio e non può mai restarsene con le mani in mano. Infatti, Giannetto lavora tutto il giorno e “sono felice” -racconta. Guardo il suo ultimo dipinto: una croce, all’apice sulla cimasa appare la scritta FEDE. Dal legno scuro sgorga un fiume di sangue che la terra sottostante assorbe. Il sangue che non sporca ma purifica. Il sangue che non macchia ma lenisce e redime.

La pittura che aiuta a vedere questa emergenza con uno sguardo nuovo. Magrini con voce aitante dice che “il coronavirus è un monito, ci fa riguardare alla nostra visione del mondo che forse fino ad adesso è stata sbagliata. Ci sono troppe distanze, poca solidarietà”. Ed è qui che l’artista occupa un ruolo fondamentale, quello di comportarsi come Michelangelo dinnanzi al blocco di marmo. Tirare fuori quella che è davvero la sua natura. D’altronde anche George Bernard Shaw affermava: “Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima”. Allora nelle opere di Magrini ricorre spesso il tema religioso come nello “Angelo non ribelle”. Un angelo dai colori del fuoco ma mansueto che è ligio nel suo mestiere, oppure nella “Crocefissione” dove Cristo non ha volto perché rappresenta l’intera umanità, il suo corpo non ha forme perché già è in cielo.

Ci spostiamo con Giannetto Magrini, con i suoi occhi da pittore, nel contingente. Vede forme di arte interessanti oggi? “Non sono d’accordo con Carlo Verdone, anche se non c’è positività, c’è comunque intuizione. Bisogna guardare ai bambini, alla loro originalità. Io -continua Magrini- ho portato tempo fa, prima del Coronavirus, mio nipote a dipingere insieme a me. Dopo ho ripreso i suoi disegni e li ho emulati e pubblicati. Nell’introduzione al catalogo ho scritto: ‘Nonno ha ancora molto da imparare da te’. Si è commosso”. Io penso che da questo racconto di Magrini si comprenda già tanto del male della società odierna. Una società fatta di muri e non di ponti anche tra generazioni. A questo punto riprende la parola Giannetto Magrini che chiosa “io ho fatto un quadro sulle parole del Papa, ho disegnato ponti metaforici che poggiano sulla cultura, sui libri e sulla civiltà greca. E’ un bel messaggio non crede lei?”.

Un tuffo nel passato perché “questo Coronavirus dovrà cambiare tutto e per prime le relazioni sociali. Io ho vissuto un po’ la seconda guerra mondiale e la si affrontava insieme”. La sofferenza è tanta, i morti aumentano ma “ora manca la solidarietà, manca il desiderio profondo di voler stare insieme”. E mentre riaggancio la cornetta con l’augurio di poterci vedere presto alla sua prossima mostra di novembre, mi scorrono davanti agli occhi due quadri che riassumono l’emergenza Coronavirus. “I poveri in riva al mare” di Picasso dove una famiglia (madre, padre e figlio) in un’atmosfera lugubre rimane distante con il capo chino. E subito di seguito, “Il Ramo di mandorlo fiorito” di Van Gogh, simbolo di una rinascita bella e colorata che si schiude come i fiori verso il cielo. Ed è una nuova vita.

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