L’appello della Coldiretti: “Premiare il made in Italy per sostenere allevatori e agricoltori”

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Aumentano i prezzi dei prodotti alimentari nei carrelli delle famiglie italiane e, di pari passo, diminuiscono i compensi pagati agli agricoltori e agli allevatori italiani. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat che a maggio evidenziano per gli alimenti e bevande un andamento in controtendenza rispetto all’inflazione generale in calo dello 0,1. La Coldiretti ha evidenziato come le quotazioni riconosciute ai produttori in molti settori, non coprono più neanche ai costi e mettono a rischio il sistema agroalimentare nazionale. Quasi 4 aziende agricole su 10 (il 37%) – secondo l’indagine Coldiretti/Ixé registrano un deciso calo dell’attività. In gioco c’è un sistema di 730mila imprese che garantisce all’Italia il primato agricolo in Europa per valore aggiunto e qualità. Interris.it ne ha parlato con il dottor Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti.

A fronte dei rincari nei supermercati, come si spiega il ribasso dei compensi pagati agli agricoltori e allevatori?
“La situazione non è piacevole, abbiamo visto che anche in passato, il distacco tra il prezzo al produttore e quello che paga il consumatore, è una patologia che ci portiamo avanti da molto tempo. Nella crisi che si è venuta a sviluppare a causa del coronavirus, emergono situazioni differenziati: ci sono prodotti di cui abbiamo carenza determinato da quelle che sono le emergenze sanitarie dello scorso anno, come gli attacchi della cimice asiatica. In altri casi non c’è assolutamente una scarsa disponibilità di prodotto e quindi alle volte, questo tipo di lievitazione di prezzi al consumo, riteniamo che sia da far risalire più a una mancata concorrenza generata dal lockdown, e quindi alla chiusura di alcuni canali di commercializzazione, piuttosto che da un problema di mercato”.

Il problema del ribasso dei prezzi che vengono corrisposti ad agricoltori e allevatori, quali imprese interessa?
“Le imprese a rischio sono quelle dei comparti. La riduzione del prezzo del latte mette in difficoltà l’intera filiera. Nel caso dell’ortofrutta abbiamo delle situazioni a macchia di leopardo che possono interessare alcuni prodotti, come il radicchio, mentre per alcuni prodotti frutticoli che, troviamo delle imprese in difficoltà perché le quantità sono scarse e, nonostante i prezzi aumentati, non si riesce a fare bilancio in campagna. Possiamo però dire che abbiamo a rischio una percentuale importante di fatturato, che si aggira intorno a un terzo del fatturato complessivo”.

Come aiutare queste imprese?
“Puntare sul Made in Italy è una linea che dovrebbe essere portata avanti non solo per quel che riguarda il comparto agroalimentare, ma per tutte le produzioni e l’economia nazionale. Sappiamo che è un momento difficile, il nostro Paese ha subito dei danni gravissimi, non soltanto in termini di vite umane, ma anche in termini economici, è quindi necessario concentrarci sul prodotto nazionale per far ripartire l’economia. Dal punto di vista del settore agricolo e agroalimentare, sappiamo che ci sono delle intere filiere che sono 100% italiane e quindi, l’appello che in questo momento noi possiamo fare ai consumatori è quello di leggere attentamente le etichette e premiare il prodotto nazionale che è sia un’eccellenza in termini di sicurezza e qualità organolettica, ma anche un volano importante per far ripartire l’economia”.

Con la fase 3 si sono riaperti i “corridoi verdi”, un contributo per l’economia del nostro Paese?
“Si potrebbe essere un aspetto sicuramente importante. In questa fase ci sono ancora delle difficoltà, ma riteniamo possa essere uno degli elementi per far ripartire il tipo di rapporto, consolidato negli anni, con lavoratori provenienti dall’estero che hanno sviluppato professionalità e capacità, conoscono il tipo di raccolta o di lavorazione da fare nel nostro Paese”.

Pensa che il governo abbia sostenuto sufficientemente agricoltori e allevatori?
“Per il momento registriamo un forte ritardo. Sono stati fatti tanti annunci, comunicate delle cifre, però la realtà dei fatti è che non è ancora possibile usufruire di queste risorse, di questi fondi, è chiaro che bisogna accelerare i tempi. Quello che viene dato tempestivamente potrebbe aiutare le impresa a risolvere i problemi di liquidità, se erogato in tempi troppo lunghi rischia di arrivare con l’azienda ormai chiusa”.

Un danno gravissimo per la nostra economia…
“Gravissimo. A chiudere un’impresa ci si impiegano pochi minuti, mentre aprirla e farla rendere e diventare efficiente sul mercato, ci vogliono anni”.

Manuela Petrini: