Non c’è stata una categoria sociale che il coronavirus non abbia colpito. E non in termini sanitari, o perlomeno non solo. Ognuno di noi ha subito gli effetti del lockdown, interrompendo il proprio lavoro o abituandosi a viverlo nelle mura domestiche, sperimentando una condivisione degli spazi forse dimenticata nella quotidianità familiare, riabituandosi a contesti, tempi e luoghi che la quarantena ci ha imposto. Agli adulti, certo, ma anche ai più giovani, privati repentinamente delle loro consuetudini, dei loro ambienti e della loro innata capacità di socializzazione, costretti a rinunciare non tanto alla scuola, quanto ai contesti di amicizia e confronto che l’ambiente scolastico di per sé favorisce. Niente ritrovo, nessuna uscita, nemmeno una piazzetta in cui scambiarsi due chiacchiere o trascorrere un pomeriggio. Sprazzi di quotidianità strappati via dall’avvento di una pandemia che anche agli adolescenti ha imposto le sue limitazioni.
Video © Scholas Occurrentes
Una piazzetta per ragazzi
Il progetto di Scholas Occurrentes, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, ha mirato proprio ai ragazzi e alle ragazze di questa fascia d’età. I più sensibili e, in un certo senso, i più vulnerabili ai cambiamenti. Offrire loro uno spazio di condivisione, una piazza, un muretto non era possibile in tempi di Covid. Ma sfruttare le possibilità del web per aprire a un dialogo costruttivo e a un confronto stimolante, quello sì. La #Piazzettadigitale, tre incontri da 120 studenti e studentesse l’uno, il suo obiettivo lo ha centrato: stimolare i giovani allo scambio, alla riflessione, al confronto vero con sé stessi e con gli altri, discutendo delle proprie paure ma anche delle proprie speranze. E con risultati sorprendenti, come un aumento del 27,54% nell’auto percezione dell’intensità della speranza. “Lavoriamo dal 2016 con il Miur – ha spiegato a Interris.it Alessandra Graziosi, coordinatrice per l’Italia di Scholas – e abbiamo un’intesa per portare il nostro progetto educativo nel Paese. Quello che facevamo prima era andare nelle scuole. Ora che non era più possibile, abbiamo fatto come facciamo sempre: ci siamo posti all’ascolto dei giovani. E quello che stava accadendo era che i giovani si trovavano in una piena tempesta emotiva, non potevano nemmeno scendere in piazzetta con gli amici e gli mancava la dimensione sociale della scuola. Il titolo del progetto ricorda proprio questo luogo di aggregazione, dove ci si apre all’altro. In questo modo si inizia un dialogo e si sviluppa un senso di cittadinanza”.
Insieme sul web
Creare una vera e propria piazza non era possibile, ma sviluppare una piattaforma di interfaccia digitale è stata la mossa vincente: “Abbiamo ascoltato quello che stava accadendo. Da qui abbiamo deciso di organizzare tre incontri con più di 100 giovani e altri due incontri con i docenti, perché quello che accadeva a loro era molto simile a quello che accadeva nei giovani, si mancavano a vicenda. E’ stata una bellissima scoperta. Gli studenti anche solitamente meno propensi allo studio, nelle videochiamate si mostravano più attenti, quasi dicevano ‘ti voglio bene’ al proprio insegnante“. Uno spazio di confronto che ha messo sull’ideale tavolo del web storie diverse, tutte accomunate dalla stessa causa scatenante e, soprattutto, dagli stessi timori legati al periodo insolito che si viveva: “E’ stato condiviso ciò che stava accadendo: dolori, angosce e speranze. In questo spazio i ragazzi si sentivano accolti perché le loro paure erano anche quelle dell’altro. Alcuni di loro hanno talmente apprezzato questa esperienza che continuano a partecipare agli incontri internazionali”.
Il bar della scuola
Un modo inedito per capire, davvero, “quanto ci fosse bisogno di un confronto” per i più giovani: “Ci siamo concentrati sul ruolo della scuola nel futuro, a moltissimi mancano docenti e compagni. Mancano le pareti, il banco, quelle abitudini che i ragazzi avevano. Una cosa divertente è quanto i ragazzi hanno parlato del bar della scuola, un luogo che loro considerano il fulcro delle loro giornate, dove incontri il prof e lo rendi più umano, più vicino a te. Le più belle amicizie, a loro dire, sono quelle nate al bar della scuola“. Una vera e proprio piazzetta, quelle che magari utilizzavano i loro genitori, ricreate da uno strumento come il web che, per una volta, è declinato in un modo del tutto positivo per i giovani utenti: “Abbiamo utilizzato la tecnologia per creare qualcosa di super-umano. E’ una piazza vera e propria, abbiamo aggiunto ‘digitale’ solo per lo strumento usato, ma in realtà è un luogo di incontro. Se la tecnologia è utilizzata in una maniera degna è molto importante. Scholas, d’altronde, ha fondato la propria organizzazione sui concetti di arte, sport e tecnologia. Il primissimo progetto è stata una piattaforma digitale in cui inserire i progetti educativi scolastici”.
Una testimonianza preziosa
Ascolto e dialogo insieme. Un connubio fondamentale per chi, come gli adolescenti, ha visto mancare improvvisamente il proprio spazio di confronto. Forse anche un’occasione per riscoprire la vera bellezza delle cose e quanto, in realtà, vi sia vicinanza fra ragazzi e ragazze anche lontani fra loro. Distanze azzerate dalla comune condivisione e dallo stare insieme, sia pure attraverso un’interfaccia grafica. Toccante, e quasi un manifesto del senso estremamente profondo di questi incontri, la riflessione di Sabrina, giovane studentessa di Bari, di soli 16 anni: “Vi auguro di ritrovare il valore della cultura e la bellezza di riuscire a trasmetterla. Nel mio mondo adesso questo manca e il mio desiderio sarebbe vedere voi entusiasti di poter studiare e realizzare il vostro futuro. Si è perso il senso del sapere e il fine ultimo….e se si pensa che non si smette mai di crescere ed imparare, il fine diventerebbe solo riuscire a non smettere di ricercare quello che non si conosce… Io credo tanto che il sapere non serva ad elevarsi rispetto agli altri, ma che possa rialzare tutta quanta l’umanità e renderla più consapevole della vastità e delle opportunità di questo mondo. La scuola è un perno fondamentale nella nostra vita e dovrebbe continuare a insegnarci che solo rimanendo umani potremo davvero conoscere la felicità”. Niente di più vero.