“Il distanziamento sociale e il lavaggio frequente delle mani non è praticabile, soprattutto negli insediamenti informali”. Le parole di Salim Abdool Karim, volto noto nell’ambito del sistema sanitario sudafricano e nella lotta all’Aids, risalgono a qualche settimana fa. In piena escalation di contagi, quando il Sudafrica si apprestava a entrare nel novero drammatico dei Paesi più colpiti dalla pandemia da Covid-19. Uno scenario già compromesso a metà luglio, quando lo stesso Abdool Karim sosteneva che, qualora il Paese non avesse cambiato rotta, anche la barriera del milione di casi avrebbe potuto essere infranta. Una quota che il Sudafrica non ha ancora raggiunto ma, con gli oltre 600 mila contagi raggiunti, il quadro preoccupante resta, a fronte di una condizione generale che non permette il pieno rispetto delle norme anti-Covid.
Gli assalti
Una situazione difficile ma forse non irreparabile. In sostanza, in Sudafrica si avrebbe a che fare con quasi la metà dei casi di coronavirus che, a oggi, sono presenti nel continente africano. A una media impressionante, nell’ultimo mese, di circa 10 mila al giorno. Il tutto, a dispetto di un lockdown applicato in una delle forme più rigide fra quelle viste fin qui. Restrizioni che hanno di fatto paralizzato il Paese, producendo l’effetto di esasperare le condizioni di povertà, azzerare l’economia informale (parte integrante dell’indotto per la maggior parte delle famiglie) e dare il là a episodi di saccheggio verso mercati e negozi alimentari, finiti nel mirino per l’aumento del prezzo del cibo già nei mesi scorsi. Effetti di crisi duraturi che, verosimilmente, potrebbero perdurare forse più della pandemia stessa.
La crisi del lockdown
Come spiegato al Daily Maverick dallo stesso Karim, la curva dei contagi in Sudafrica sembra ora essersi attenuata dopo settimane di crescita esponenziale. Lo dimostrano i casi attivi (poco più di 80 mila) e i tentativi di ripresa, come ad esempio quello delle scuole, al via già dal 24 agosto. Il punto, ora, è capire quale sarà lo strascico lasciato da una chiusura prolungata ben oltre le capacità di sussistenza economica del Paese. Nel mese di maggio, quando il numero di casi viaggiava nell’ordine dei 4 mila e i morti si attestavano sotto il centinaio, gli effetti della regressione economica si erano già fatti sentire. Producendo numerosi nuovi disoccupati e alzando l’asticella della denutrizione fra la popolazione meno abbiente. Una situazione che ha costretto il governo di Cyril Ramaphosa ad allentare il lockdown e a riavviare l’economia. Una mossa necessaria ma che ha sortito l’effetto di far balzare i casi di contagio da 4 mila a 600 mila in poche settimane.
Livelli di guardia
Al momento, però, la risposta sanitaria sembra essere stata parzialmente efficace. O, quantomeno, gli effetti del Covid sembrano aver colpito il Paese più in modo collaterale che diretto. Resta il fatto che, al momento, il conteggio dei decessi supera i 13 mila, anche questo oggetto di un aumento significativo nelle ultime settimane. L’appiattimento della curva sembra poter scongiurare, o quantomeno mitigare, gli scenari apocalittici prospettati qualche settimana fa. La soglia dell’emergenza resta comunque prossima, soprattutto in virtù della carenza di personale sanitario e di materiale medico (soprattutto ossigeno), oltre che per la recrudescenza del virus in Paesi confinanti, come lo Zimbabwe.
Gli effetti della crisi
Ma sono soprattutto gli effetti della crisi a far paura: secondo il Ministero delle Finanze, il Sudafrica avrà a che fare con una contrazione economica del 7,2% per l’anno in corso, cifre che non si vedevano da decenni. Con un rapporto debito/Pil che, peraltro, potrebbe toccare il 140%, e forse superarlo. Un quadro che, secondo l’ad di Business Unity South Africa, Cas Coovadia, pone il Paese di fronte a un bivio: “Se prendiamo la svolta sbagliata, entreremo in uno stato di fallimento, se prendiamo la svolta giusta, andremo su una strada lunga e difficile per il recupero”.