“La società globalizzata sembra ignorare la dottrina sociale della Chiesa. Quest’ultima si pone in antitesi a una società fondata sul lucro, sulla carriera e sul successo del singolo. I suoi valori sono la sussidiarietà, la solidarietà, la relazione interpersonale, il bene comune”, afferma a Interris.it il professor Roberto Morozzo Della Rocca, ordinario di Storia contemporanea all’Università RomaTre, tra gli storici più autorevoli del cristianesimo.
Chiesa solidale
Tra i suoi numerosi saggi sulla geopolitica della fede, una fondamentale biografia del cardinale Agostino Casaroli. Padre della della ostpolitik vaticana e segretario di Stato di San Giovanni Paolo II fino alla caduta del Muro di Berlino. L’impegno della “Chiesa-ospedale da campo” a difesa del lavoro è una novità di questo pontificato o già in passato ci sono state mobilitazioni e interventi ecclesiali a tutela dell’occupazione?
“Nella storia della Chiesa il tema del lavoro è sempre stato presente. Nella misura in cui la sensibilità pastorale includeva una sensibilità sociale. Si va dalle teorizzazioni di un mondo in cui il lavoro è ben regolato e ben vissuto da tutti. Pensiamo ai socialisti utopisti cristiani, a Toniolo e a tutti i pensatori sul corporativismo, alla Rerum Novarum. Fino all’impegno pratico di tanti uomini di Chiesa per tutelare l’occupazione e la dignità del lavoro”.Può farci un esempio?
“Monsignor Angelo Roncalli difendeva volentieri i contadini dalle pretese dei proprietari agrari. E lo faceva vestito con la massima dignità episcopale. Ma la storia ecclesiastica anche recente è piena di vescovi che difendono i lavoratori. Non tanto beninteso nelle loro lotte sindacali, quanto al momento in cui rischiano di perdere il lavoro. Quale vescovo, davanti alla chiusura di un’azienda o una fabbrica, non si schiera a favore del mantenimento dell’occupazione?”.A cinquant’anni dallo statuto dei lavoratori, qual è il ruolo della dottrina sociale della Chiesa nella attuale società globalizzata?
“Lo Statuto dei lavoratori del 1970, momento di massimo fulgore del sindacato, corrispondeva a un intenso periodo di lotte sociali in Italia. E a una stagione di riforme in cui si moltiplicavano le garanzie sociali e si blindava il diritto al lavoro di chi già lo aveva. Esprimeva un’ottica di progresso e accumulo senza fine di sviluppo, risorse e benessere. Non s’immaginava la globalizzazione. In ogni caso, la dottrina sociale della Chiesa era altra cosa, non essendo sindacalmente orientata”.A cosa si riferisce?
“Vi erano analogie e corrispondenze tra lo Statuto dei lavoratori e la dottrina sociale della Chiesa. Ma quest’ultima era di più e di meno. Di più perché rappresentava la riflessione teologica sulle realtà umane in generale. Di meno perché prima della rivendicazione economica affermava la semplice importanza del lavoro per la dignità umana. A prescindere dalla sua redditività e remunerazione”. E’ dall’enciclica “Rerum Novarum” che la Chiesa è in campo a difesa del lavoro oppure già prima esistevano forme di salvaguardia e prese di posizione a difesa dei lavoratori?
“Nell’Ottocento si diffuse, insieme alla nuova economia industriale e borghese, un vasto movimento di cattolicesimo sociale. Soprattutto in Francia e Germania. Sono i nomi di Félicité de Lamennais, Frederic Ozanam, Wilhelm von Ketteler, Adolph Kolping e tanti altri. In Italia si avevano piuttosto sacerdoti dediti a opere di carità sociale. Da don Giovanni Bosco al Cottolengo. Era una forma diversa di sensibilità pubblica. Forse influenzata da una diversa tempistica nello sviluppo della società industriale. E da miserie proletarie meno crudeli”. Quali sono le caratteristiche della sollecitudine ecclesiale a tutela del lavoro?
“Non vorrei proporre riflessioni teologiche. Il magistero della Chiesa contiene tanto a questo proposito. Mi basti dire qualcosa che ho trovato nel pensiero di Jorge Mario Bergoglio. Figlio di immigrati italiani in Argentina, prima di diventare papa parlava spesso del valore del lavoro, come di un bene prezioso in se stesso, a prescindere da ciò che procurava. Per la sua famiglia, il poter lavorare era già una grazia. Cioè, il lavoro si ripagava già da sé. E il valore del lavoro si comprende non quando si ha ma quando lo si perde, e si cade in pensieri e abitudini tristi. Per questo la Chiesa difende prima di tutto l’occupazione. Non si fa sindacato permanente ma sentinella dell’occupazione”.