Il 5 ottobre è la Giornata mondiale dell’habitat. Quante volte se ne parla, eppure quanto ancora è strattonato il pianeta Terra? lo scopo di questa giornata è quello di promuovere una riflessione sullo stato delle città nel mondo e sul diritto fondamentale a un’abitazione sicura di ogni cittadino. Inoltre è fondamentale per ricordare il potere e la responsabilità di ogni abitante del mondo nel determinare il futuro della città in cui vive, partendo anche dal carcere.
Da dove nasce la giornata dell’ambiente
La prima Giornata internazionale dell’habitat è stata istitutita nel 1985 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite attraverso la Risoluzione 40/202, ed è stata celebrata per la prima volta nel 1986.
Ogni anno, la Giornata si focalizza su un nuovo tema scelto dalle Nazioni Unite, che è associato a UN-Habitat (United Nations Human Settlements Programme), il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani. La selezione del tema si propone di richiamare l’attenzione della comunità internazionale sugli obiettivi e la missione di UN-Habitat nel promuovere le politiche di sviluppo sostenibile e assicurare il diritto di tutti a un’abitazione adeguata.
Habitat e rifiuti in carcere
Interris.it ha voluto ricordare questa importante ricorrenza con un’intervista fatta a dei ragazzi carcere di Bollate che negli ultimi anni hanno creato un’associazione per la tutela dell’ambiente. Sono partiti proprio dallo spreco e dalla spazzatura per creare Keep the planet clean.
L’idea nasce nel 2015 da Fernando Gomez e Matteo Gorelli dopo aver costatato quanti sprechi di cibo si hanno all’interno della struttura detentiva. Dopo mesi di rilevazione dei rifiuti pro capite andando cella per cella con una bilancina da cucina è stato riportato un report alla direzione del carcere. Ciò ha fatto partire la proposta di avvio alla raccolta differenziata. La direzione ha accettato subito e sono state coinvolte Amsa e Novamont. Finalmente, dopo un periodo di sperimentazione nel novembre 2017 la raccolta differenziata è stata estesa a tutto il penitenziario.
Lo spreco di cibo in carcere
“La nostra attività nasce dalla costatazione dello spreco. Solo nel carcere 4000 chili di pane al mese vengono buttati. Se nello strato più basso della società, che nell’immaginario collettivo è il carcere, lo spreco è questo, come possiamo fare qualcosa per cambiarla? Ci siamo ingegnati, abbiamo pensato tanto ed è nato un progetto che può essere diffuso anche in altri centri penitenziari d’Italia e magari anche all’estero”.
Keep the planet clean
“Siamo partiti insieme da un progetto, da un’idea e ora abbiamo una squadra di quasi 30 persone. Siamo riusciti anche ad avere una sede. Dicono che è di fronte alla meraviglia e all’inaspettato di certe cose che uno impara nella vita. Partiamo da un presupposto che nulla deve essere disperso nell’ambiente, tutto può essere recuperato – ha raccontato Matteo Gorelli, responsabile insieme a Fernando Gomez dell’Associazione -. Se partiamo da ciò è perché c’è una storia di reati alle nostre spalle il che porta a volerci riscattare. Facendo un parallelismo tra noi e le persone che in qualche modo vengono considerate quasi dei rifiuti sociali noi vogliamo riscattarci in questi termini. Anche noi possiamo essere delle risorse per gli altri – continua – soprattutto perché stiamo facendo un lavoro importantissimo, il che porta ad incontrare gli altri in una maniera diversa e forse anche a coinvolgerci reciprocamente per vedere che siamo inseriti in un ambiente che deve essere salvaguardato”.
*Le foto risalgono al periodo precedente al Coronavirus per questo le persone in foto non portano i dispositivi di protezione