Fare i conti con gli effetti concreti di un conflitto significa, prima di tutto, comprenderne l’impatto psicologico su chi li subisce. Perché sopravvivere a un’offensiva militare, piuttosto che all’esplosione di una bomba o a un raid aereo in grado di modificare la fisionomia di intere porzioni di territorio, significa anche fare i conti con i traumi postumi, quelli che restano nella psiche e nei ricordi, prima ancora che davanti agli occhi. In questo senso, quale sia il contesto bellico non fa differenza. Qualsiasi fronte, più o meno attivo o più o meno violento, ha inciso sulla popolazione civile, costringendola a ripensare la propria vita nell’ottica di un’emergenza decisa di fatto a tavolino, nella consapevolezza piena che, in determinate aree del Pianeta, avviare una guerra significhi togliere agli abitanti di quei territori l’unico pilastro al quale appoggiarsi per una vita migliore: quello della pace. Un punto d’appoggio che, purtroppo, fin troppo spesso viene fatto vacillare, senza curarsi di quanto le conseguenze di un conflitto possano essere patite dai civili coinvolti anche nel periodo successivo alla cessazione delle ostilità. Figurarsi se, come in Ucraina, tali influenze negative dovessero protrarsi abbastanza a lungo da costringere all’intertare la guerra come una drammatica abitudine.
Ucraina, cinquemila bambini a rischio
Negli oltre due anni trascorsi dall’invasione russa del Paese, gli ucraini hanno fatto i conti con un impatto psicologico devastante. Specie per i più giovani. Basti pensare che, come riferito da Terre des Hommes, ben 7 mila persone (e tra esse 5 mila bambini) saranno soggette alla fornitura di un supporto a 360 gradi, tra il piano meramente pratico (aiuti economici, alimentari, igienici) a quello psicologico. Il tutto nell’ambito di un progetto denominato “Keep me safe” che, accanto ai più piccoli, accende i riflettori sulle loro famiglie. Il programma di supporto sarà sostenuto dalla Cooperazione Italiana (Aics Kiev) e verrà messo in atto nei territori maggiormente colpiti dalla guerra. In particolare, le regioni di Kharkiv, Kherson e Chernihiv. In realtà, il progetto è già attivo, peraltro consorziato da SOS Villaggio dei Bambini Italia e SOS Childern’s Villages, oltre che con il sostegno di alcuni partner locali. L’obiettivo è attenuare gli effetti psico-sociali della guerra che, in un contesto fortemente compromesso come quello Ucraino, possono manifestarsi in diverse forme e per un lasso temporale estremamente lungo.
TdH: sostegno psicologico ai bambini
Al momento, secondo l’associazione, sono in aumento le vulnerabilità evidenti. In primis, quelle manifestate da bambini e bambine, con un target di 5 mila che, per il momento, saranno destinatari dell’iniziativa. L’idea, come spiegato da Stefano Antichi, Rappresentante Paese della Fondazione Terre des Hommes Italia Onlus in Ucraina, è quella di focalizzare l’attenzione sulle aree in maggiore difficoltà e, soprattutto, nelle quali la popolazione civile è ancora numerosa nonostante l’avanzata russa. È il caso, ad esempio, del Kherson, sotto costante attacco, o del Kharkiv, dove l’offensiva della Russia è più pressante e, al momento, poco definibile nei suoi obiettivi concreti. In questi contesti, appositamente selezionati, “le comunità locali sono ormai da più di due anni sotto attacco quotidiano con conseguenze devastanti a livello psicologico, soprattutto per le bambine e i bambini”. Ad esempio, ha detto Antichi, “il suono della sirena antimissile, che ogni giorno e ripetutamente ricorda la drammatica realtà della guerra, è diventata una normalità non normale. I danni di questa situazione saranno una triste eredità che la popolazione si porterà avanti per anni”.
Doppia mission
È evidente di come il lascito di una guerra sia sempre a lungo termine. In questo quadro, fin troppo consapevole, l’iniziativa di Terre des Hommes si inserisce in modo concreto, offrendo un aiuto reale per ottenere un risultato ambivalente: da un lato ammortizzare l’impatto psicologico del conflitto nei bambini, attraverso strategie comunicative, di ascolto e di elaborazione che possano lenire la normalizzazione di suoni e momenti associati alla guerra. Dall’altro, aiutare le famiglie a superare la doppia ripercussione, tra conseguenze economico-sociali e quelle sui propri figli. Un’ambivalenza comune a qualsiasi territorio sotto il giogo bellico. E con danni che, proprio come in una guerra sul campo, rischiano di essere perenni.