Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 18 milioni le persone che stanno subendo le conseguenze della guerra in Ucraina, di cui 6,7 milioni sono sfollati interni e quasi 3 milioni sono fuggiti dal Paese. Ciò ha causato un’emergenza umanitaria di immani proporzioni e molte organizzazioni umanitarie stanno operando in prima linea. Tra queste c’è è la Fondazione Cesvi che attraverso la squadra emergenza è sul campo e sta lavorando con tutti i partner per intensificare gli aiuti in questa fase emergenziale e per iniziare a programmare interventi progettuali di medio e lungo periodo con l’obiettivo di fronteggiare tutte necessità della popolazione ucraina nelle prossime settimane.
L’opera di Fondazione Cesvi
Fondazione Cesvi è un’organizzazione umanitaria fondata a Bergamo nel 1985. Unisce solidarietà e giustizia, ed opera in tutto il mondo al fine di sostenere le popolazioni più fragili nella promozione dei diritti umani. Nel raggiungimento delle loro aspirazioni, con l’obiettivo di perseguire lo sviluppo sostenibile. Interris.it ha intervistato, in merito alla situazione dei profughi di guerra in fuga dall’Ucraina ed all’operato di Cesvi in loco, il dottor Roberto Vignola vicedirettore generale della stessa.
L’intervista
Qual è la situazione della popolazione civile ucraina in questo difficile frangente? Quali sono i principali bisogni che avete riscontrato?
“La situazione è molto complicata. Parliamo di milioni di persone che sono in movimento ed entrano quotidianamente nei paesi confinanti con l’Ucraina. Personalmente, in questo momento, mi trovo in Ungheria – a Záhony – sul confine a due chilometri dalla città ucraina di Cop, dove giungono ogni due ore dei treni e, ogni convoglio, trasporta 500/600 persone. Queste sono alla ricerca di soluzioni per la loro vita, disorientate e spaventate. Oltreché aver aspettato una settimana in stazione per saltare su tale treno e di conseguenza essere affamati e assetati, ci sono tra loro bambini molto piccoli, infreddoliti e spaventati. Gli stessi arrivano qui e ricevono – nella tensostruttura che abbiamo realizzato con la municipalità di Záhony– tutto il supporto di cui hanno bisogno, ossia il cibo, l’acqua ma soprattutto le informazioni perché, alcuni di questi, hanno un progetto migratorio, quindi, vogliono arrivare in altri paesi europei, mentre alcuni invece vengono qui e non sanno cosa fare perché, il loro obiettivo principale, è quello di tornare a casa”.
In che modo opera sul campo la squadra emergenza di Cesvi?
“In questo momento siamo su tre territori, a Záhony stiamo organizzando l’accoglienza in termini di risposta umanitaria, alimentare, alloggiativa e di conforto. In Romania – a Sighet Marmației – stiamo operando moltissimo sul tema dei minori. Secondo le autorità rumene, circa 2.000 persone in fuga dal conflitto attraversano giornalmente la frontiera di Sighet. Sono in maggioranza donne e bambini ucraini: dai dati preliminari raccolti da UNICEF e confermati dalle autorità locali, le famiglie sono generalmente composte da una madre che viaggia da sola con uno o più bambini, che vanno dai pochi mesi di età all’adolescenza. Nelle primissime settimane del conflitto, le famiglie erano perlopiù in transito. Ora stanno arrivano nuove famiglie, con meno risorse a disposizione e che hanno perciò la necessità di soffermarsi per periodi più lunghi. Questo per fare in modo di essere più vicini alle loro case nel momento in cui potranno fare ritorno in Ucraina oppure perché, avendo bambini molto piccoli, non hanno la possibilità di affrontare viaggi molto lunghi e con molte incognite.
I bambini e le madri in fuga dal conflitto, in particolare coloro che rimangono a Sighet oltre i due giorni, hanno bisogno di protezione e supporto, sia emotivo sia materiale, per la copertura dei bisogni di sopravvivenza e, nei casi delle famiglie più povere, di sussistenza. Oltre a ciò – con la nostra rete di Alliance 2015 – ci troviamo anche all’interno del territorio ucraino portando ogni giorno aiuti a Leopoli, attraverso un convoglio ferroviario che parte dalla Repubblica Ceca, i quali, dopo la distribuzione, arrivano fino a Kiev e, dopo aver fatto ciò, il treno torna indietro caricando le persone in fuga. Il nostro è quindi un intervento complesso, su diverse frontiere e su diversi paesi, per tutelare le persone in fuga”.
Come si può aiutare la vostra azione sul terreno?
“In questo momento c’è stata una generosità internazionale incredibile in termini di vestiti, coperte, alimenti e quant’altro. Ora c’è bisogno – più che di un aiuto materiale – di un aiuto economico perché non riusciamo a capire quanto potrà essere lungo questo periodo di crisi e temiamo di dover presidiare questi luoghi ancora a lungo e di dare ospitalità a queste persone. Quindi, l’aiuto più semplice che possiamo fornire, è appunto cercare di dare donazioni economiche ed è possibile farlo sul sito www.cesvi.org”.