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Neurosviluppo e interazione sociale: scoperte sull’infanzia

Salute: bambini prematuri, individuate alcune terapie. Novità e testimonianze dei ricercatori scientifici

In soccorso dell’infanzia fragile. “L’unità coordinata dall’Università di Parma si occupa dello studio dei meccanismi neuronali che regolano lo sviluppo delle capacità motorie, percettive e sociali del cervello – spiega Luca Bonini, docente di Psicobiologia e Psicologia fisiologica all’Università di Parma e coordinatore dello Spoke 1 -. Il progetto aspira a identificare biomarcatori per il monitoraggio e la diagnosi di patologie del neurosviluppo, come encefalopatia, epilessia e autismo. Consentendo di sviluppare nuove strategie per la diagnosi precoce e il trattamento mirato delle malattie del cervello“. Un neonato prematuro è un feto partorito prima di 37 settimane di gestazione. A seconda di quando è nato, il neonato prematuro potrebbe presentare organi immaturi, che non sono pronti per funzionare fuori dall’utero. Si stima che attorno al 5-10% di tutti i neonati abbia necessità di cure rianimatorie al momento della nascita. E che, tra questi, un bambino su 10 nasca pre-termine, ossia prima della 37esima settimana di gestazione. La nascita pre-termine presenta un elevato rischio di comparsa di patologie croniche, di ritardo dello sviluppo, paralisi cerebrale, disturbi neurologici dell’apprendimento, comportamentali e psichiatrici. Ciò richiede assistenza sanitaria a lungo termine. Per questo è fondamentale intervenire con un percorso riabilitativo precoce che possa compensare i danni acquisiti. Ed è proprio questo uno dei filoni di ricerca di cui si occupa lo Spoke 1 di Mnesys dedicato a “Neurosviluppo, cognizione e interazione sociale”.

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Foto di Sandro Gonzalez su Unsplash

Infanzia fragile

Si intitola “Influenza delle emorragie intracraniche isolate di basso grado sull’esito del neurosviluppo dei neonati nati con peso alla nascita molto basso”. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Medicina dello sviluppo e neurologia infantile”. E’ stato condotto su 240 neonati tra gennaio 2012 e luglio 2017 e seguiti fino all’età di 3 anni. In particolare sono stati indagati gli effetti di piccole emorragie intraventricolari e cerebellari che colpiscono i bambini prematuri. La ricerca è stata realizzata all’istituto Gaslini di Genova e coordinata da Luca Ramenghi, direttore dell’Unità di Neonatologia: “Lo studio ha mostrato che piccole emorragie, esclusivamente identificabili da raffinate indagini di risonanza, possono avere un impatto negativo sul neurosviluppo di bambini nati pretermine con peso molto basso alla nascita”, spiega Sara Uccella, neuropsichiatra infantile, ricercatrice “Mnesys” dell’Università di Genova e primo autore del lavoro. E’ stata dimostrata, inoltre, “l’importanza di individuare precocemente queste minime lesioni per attuare una più tempestiva ed efficace riabilitazione di questi bambini”, aggiunge la ricercatrice. L’encefalopatia ipossico ischemica è una delle maggiori cause di morte e disabilità neurologica nei neonati. Si stima che colpisca circa 1,5 su mille nati a termine e fino al 60% nei neonati prematuri di peso inferiore a 1.500 grammi.

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Foto di Luma Pimentel su Unsplash

Complicanze

L’encefalopatia di grado moderato o elevato ha una mortalità compresa tra il 10 e il 60%. Tra i sopravvissuti, il 25% sviluppa complicanze neurologiche. In questo contesto si colloca un altro studio Mnesys guidato dall’Università di Parma. Si intitola “Lesione cerebrale ischemica ipossica. Modelli animali rivelano nuovi meccanismi di neuroprotezione mediati dalla melatonina“. Il lavoro è stato pubblicato su “Recensioni nelle neuroscienze”. E si è concentrato sull’identificazione di potenziali biomarcatori precoci di lesioni cerebrali a seguito di ipossia-ischemia. “Ad oggi l’ipotermia terapeutica rappresenta l’unica possibilità di trattamento delle forme moderate o gravi di questa patologia– afferma Serafina Perrone, professoressa associata di pediatria all’Università di Parma-. Va iniziata entro 6 ore dalla nascita e proseguita per 72 ore, l’ipotermia ha ridotto dal 60% al 46% la morte o disabilità a 18 mesi. Nonostante ciò e i progressi nell’assistenza ostetrica e neonatale, rimane però ancora la sfida dell’identificazione precoce e tempestiva di lesioni in neonati a rischio di danni cerebrali. Attualmente si basa soprattutto sulle manifestazioni cliniche e sulla diagnostica per immagini”. Nella ricerca è stata indotta carenza di ossigeno su ratti nati da qualche giorno, seguita dalla somministrazione di melatonina. Dai risultati è emerso che l’ipossia-ischemia provoca nei ratti appena nati un aumento significativo dei livelli circolanti di miR-126 e miR-146a, frammenti di Rna, nella fase iniziale dello sviluppo del danno cerebrale ischemico, entro un’ora. E che il successivo trattamento con melatonina ripristina gli effetti indotti dall’ipossia-ischemia sull’espressione dei miR-126/miR-146a.

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Foto di krakenimages su Unsplash

Trattamento per l’infanzia

Il risultato è stato poi verificato anche analizzando il siero di neonati con encefalopatia ipossico-ischemica, sottoposti a ipotermia terapeutica e melatonina. “Ciò ha permesso di concludere che il trattamento con melatonina è in grado di intervenire nei processi di crescita e proliferazione cellulare a seguito di asfissia fornendo quindi una potenziale terapia aggiuntiva da utilizzare in combinazione con l’ipotermia terapeutica per ottenere migliori risultati neurologici a lungo termine”, aggiunge Perrone. Gli effetti neuroprotettivi della melatonina contribuiscono anche a ridurre l’infiammazione legata allo stress ossidativo nei neonati. A dimostrarlo è il lavoro coordinato dall’Università di Parma all’interno dell’attività di ricerca dello Spoke 1. Si intitola “La melatonina nei neonati sottoposti a chirurgia. Uno studio pilota sui suoi effetti sullo stress ossidativo postoperatorio. Pubblicato su “Antioxidants”, la ricerca ha valutato l’effetto antiossidante della melatonina che ha coinvolto 23 neonati sottoposti a operazioni chirurgiche. “Gli interventi sono spesso associati a un eccessivo stress ossidativo. Specialmente nei pazienti neonatali nei quali è stata descritta una carenza transitoria di melatonina che ha funzione antiossidante – evidenzia la professoressa Perrone-. Questo studio pilota ha verificato l’efficacia di una integrazione per via orale della melatonina nel ridurre i prodotti biologici dello stress ossidativo. E ha dimostrato il ruolo di questo ormone nella protezione dei neonati dalle conseguenze deleterie che lo stress ossidativo può causare. Come dolore e alterazioni neurocomportamentali”.

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