Con un decreto pubblicato il 20 marzo e firmato dal Penitenziere Maggiore il cardinale Mauro Piacenza, la Penitenzieria Apostolica ha disposto la concessione dell’Indulgenza plenaria ai malati di coronavirus costretti alla quarantena o ricoverati in strutture ospedaliere, così come ai familiari dei malati ed agli operatori sanitari che li assistono. L’indulgenza si estende anche a tutti i fedeli che – dalle loro case – si stringeranno in preghiera per chiedere a Dio la fine della pandemia. Per ottenere l’Indulgenza sarà necessaria la giusta disposizione del cuore e l’osservanza delle condizioni necessarie per ottenere le grazie previste, ossia la remissione delle pene temporali per i peccati commessi.
Su questo argomento abbiamo rivolto alcune domande a mons. Antonio Interguglielmi, per molti anni cappellano della RAI, teologo, canonista e autore di diverse pubblicazioni, tra cui il manuale “Amministrare la parrocchia oggi in Italia” (Libreria Editrice Vaticana, 2016).
Il motivo per cui la Penitenzieria Apostolica ha deciso di decretare l’accesso all’indulgenza plenaria per tutti i fedeli è l’impossibilità di accedere al sacramento della penitenza a causa della pandemia di Covid-19 che costringe i fedeli cattolici a stare nelle proprie case e impedisce il normale accesso alle parrocchie e il contatto coi sacerdoti. Era una decisione che lei aveva previsto già nei giorni scorsi… ed auspicata fortemente don Gabriele Mangiarotti (diocesi di San Marino, curatore di culturacattolica.it), che ha lanciato un appello al Sommo Pontefice. Una misura davvero straordinaria prevista per condizioni estrema necessità. A suo avviso era necessario estendere la possibilità a tutti i fedeli, oltre che ai malati in terapia intensiva?
“È indispensabile leggere il decreto della Penitenziaria Apostolica come una risposta ad un momento di grande difficoltà e paura che tutti stiamo vivendo: Cristo si fa presente attraverso la Sua Chiesa con il conforto del Perdono e con la speciale grazia dell’indulgenza plenaria. Nessuno può essere escluso da questa Grazia: in primo luogo i malati e chi si prende cura di essi in prima linea, come i familiari, i medici, i sanitari, che la ricevono secondo quanto leggiamo nel decreto, anche soltanto recitando il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Vergine Maria. La Chiesa è un ‘corpo’, contraddistinto dalla ‘comunione’, come ci insegna il Vaticano II, pertanto è espressione di questo la concessione dell’indulgenza plenaria anche a tutti quei fedeli che si uniscono in preghiera per i malati, i fratelli che ne sono state vittime e per la cessazione dell’epidemia”.
Oltre alle indulgenze concesse in occasione di Anni Giubilari o di Santuari o celebrazioni particolari concesse dalla Penitenzieria Apostolica, questa misura data da una emergenza sanitaria globale ricorda il tempo di guerra o di catastrofi naturali. Ci sono dei precedenti che lei ci può ricordare?
“Nella storia tante volte la Chiesa ha concesso l’indulgenza in occasioni di guerre e soprattutto di pestilenze; pensiamo solo a Roma le terribili epidemie di peste del Medio Evo, che portarono però alla luce tanta santità. Le indulgenze che i Pontefici concedevano si legano per esempio alla nascita delle Confraternite della buona Morte, che avevano il compito di dare degna sepoltura agli appestati abbandonati nelle strade. Da questo nasce la settima opera di Misericordia corporale: ‘Seppellire i defunti'”.
Essendo una pratica straordinaria, legata agli anni giubilari, a certi santuari o a speciali occasioni, molte persone hanno il dubbio su cosa è necessario fare per lucrare l’indulgenza. Possiamo riepilogare le condizioni classiche richieste dalla Chiesa e specificare come vengono applicate in questo caso specifico? Che ruolo hanno in questo caso l’adorazione Eucaristica, Il Santo Rosario, la Via Crucis, la Coroncina alla Divina Misericordia e la lettura meditata della Parola di Dio (Scrutatio)? Sostituiscono le condizioni abituali?
“Come accennavo nella prima risposta, tutti i fedeli che si uniscono in preghiera per i malati, per i fratelli che ne sono state vittime e pregano per la cessazione dell’epidemia possono lucrare l’indulgenza plenaria con un’opera leggermente diversa, come la recita del Rosario o della Coroncina della Divina Misericordia o anche la lettura (non è richiesto che sia meditata) della Sacra Scrittura per almeno mezz’ora. A tutti è richiesto l’animo distaccato da qualsiasi peccato e la volontà di adempiere le normali condizioni per ricevere l’indulgenza (confessione, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Papa) non appena questo sarà possibile”.
Con questa decisione straordinaria la Chiesa vuole mostrare la sua vicinanza a tutti i fedeli cattolici che soffrono nel corpo e che sono provati nella fede a causa del “morbo invisibile e insidioso” che minaccia l’umanità. Cosa dire invece di coloro che sono lontani dalla fede, perché non battezzati, o perché hanno abbandonato da molto tempo di frequentare la chiesa e i sacramenti? Papa Francesco ha parlato di “momento opportuno”. Anche per loro questa Indulgenza rappresenta una occasione di grazia e di “ritorno” a Dio?
“Come ha detto il Papa è un momento opportuno: siamo messi dinanzi al senso della nostra vita, da cui siamo in condizioni normali distratti da tante cose inutili, con cui cerchiamo di riempire un vuoto. In qualche modo questo tempo ci obbliga a riflettere e rientrare in noi stessi. Questa tempo terribile, tragico, che speriamo passi presto, può tuttavia trasformarsi in una Grazia, per riscoprire la presenza di Dio nella nostra vita e il conforto di Gesù Cristo. Questa possibilità è offerta a tutti, anche da chi per le più varie ragioni non frequenta più i sacramenti da tempo. Anche per loro è possibile ricevere la Grazia del perdono dei peccati con l’atto di contrizione perfetta, ribadito nella nota della Penitenzieria di ieri 20 marzo”.
Cosa si intende esattamente per “atto di contrizione perfetta”?
“La nota della Penitenzieria cita il CCC, al n. 1452, dove si afferma: ‘Quando proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta perfetta (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale’. Sempre il Catechismo nel numero precedente ricorda cosa sia la contrizione perfetta. Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è ‘il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire’. (CCC 1451). Si riprende un principio che troviamo anche nel codice di diritto canonico, relativamente alla ricezione dell’eucarestia: ‘can. 916 – Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza premettere la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi di porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima’”.
Cosa può dirci della possibilità di una assoluzione collettiva?
“La medesima Nota della Penitenzieria di cui ho accennato sopra, definisce il momento di epidemia attuale come rientrante nelle ‘gravi necessità’ che possono giustificare l’assoluzione collettiva, prevista dal canone 961 § 1, 2 del Codice di diritto canonico; il giudizio spetterà al Vescovo diocesano, tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale, tenuto sempre fermo il proposito individuale del singolo penitente di confessare a tempo debito i singoli peccati, che al momento non è possibile (can. 962 § 1). La Nota della Penitenzieria specifica che sarà sempre il Vescovo diocesano a stabilire le modalità con cui vada impartita l’assoluzione collettiva, evitando perciò singole iniziative un po’ fantasiose, di cui si è sentito parlare in questo periodo che, oltre ad essere inopportune, non sono lecite”.
È possibile, in questa specifica situazione, lucrare l’indulgenza in suffragio per i nostri cari defunti, parenti e amici?
“E’ possibile alle consuete condizioni previste nelle indulgenze ordinarie. Queste di cui abbiamo parlato fin’ora non lo prevedono”.
Cosa aggiunge a queste preghiere e condizioni, il digiuno, l’elemosina o altre opere di carità verso il prossimo?
“Tecnicamente, cioè ai fini dell’ottenimento dell’indulgenza, nulla. Ovviamente sono le opere che la Chiesa ci richiede come cristiani in questo periodo di Quaresima e che ci aiutano nel cammino verso la Pasqua”.
Infine, cosa vuol dire a coloro che, per qualsiasi motivo, sentono questo decreto lontano, che non li riguardi da vicino e che non pensano di approfittare della grazia del momento? Non è forse questo un kairos, una occasione per convertirsi, per tornare a Dio, alzare gli occhi al cielo, e per cercare la salute (salvezza) dell’anima oltre che la salute del corpo?
“Il Papa ce lo ripete ogni giorno nella Santa Messa che celebra a Santa Marta: queste disposizioni di cui abbiamo parlato, al di là degli aspetti tecnici e giuridici, mostrano un’occasione preziosa per convertirci, per sperimentare la Misericordia, con cui il Signore cerca ognuno di noi”.