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L’importanza del ministero sacerdotale come dono e non come funzione

L'intervista di Interris.it a fra Emiliano Antenucci in occasione dell'imminente uscita del suo libro intitolato "Lettera ai sacerdoti"

L’essenza del ministero sacerdotale è il servizio. Papa Francesco nel 2014 con parole di grande lungimiranza ed estrema attualità ci ricordava che “Pascere il gregge di Gesù non con la potenza della forza umana o con la propria potenza, ma, appunto, con quella dello Spirito e secondo il proprio cuore”. In particolare, in questa difficile epoca connotata da molteplici difficoltà, chi svolge il servizio sacerdotale, deve focalizzarsi sull’amore verso Colui che ha donato il ministero e sull’importanza dello stesso come dono e non come funzione. Interris.it, in merito a questo tema, ha avuto l’onore di intervistare Fra Emiliano Antenucci – religioso francescano dell’Ordine dei Frati minori Cappuccini nonché rettore del Santuario della Madonna del silenzio, ad Avezzano in provincia dell’L’Aquila – e autore con Stefano Campanella del libro intitolato Lettera ai Sacerdoti, attualmente in stampa ed in uscita nei primi giorni di maggio.

Padre Pio

 

L’intervista

Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere il suo ultimo libro?

“Innanzitutto, il mio libro, l’ho scritto insieme al mio caro amico Stefano Campanella, che è il direttore di Tele Radio Padre Pio. Abbiamo fatto una ricerca prendendo le lettere che Padre Pio – dall’epistolario – scriveva ai sacerdoti e, da lì, ho elaborato un’intervista a Campanella ma anche una lettera ai sacerdoti. Soprattutto, siccome sono un Missionario della Misericordia, confesso e seguo spiritualmente tanti sacerdoti. Mi ha spinto la carità sacerdotale, nel senso che – alle volte – vedo alcuni sacerdoti, i quali sono molto confusi e hanno perso un po’ la loro identità ed allora, sotto suggerimento di Padre Pio, ho scritto questo libro”.

Come mai ha scelto una foto di Padre Pio per la copertina del suo libro? Perché Padre Pio è profondamente legato alla sua vita sacerdotale?

“Padre Pio è stato il mio Santo da quando ero bambino e anche da quando sono entrato nell’Ordine, diciamo che è il mio Angelo Custode ed il mio Segretario personale. Egli ha risolto i miei casi pastorali più difficili, ho ricorso a Lui anche nelle cose più difficili del mio Ministero”.

Durante una recente occasione ha narrato dell’incontro che ci fu tra Padre Pio ed un detenuto, ce lo può raccontare?

“Si, ho confessato il braccio destro di Provenzano, il quale era un narcotrafficante di fama internazionale e – grazie a Padre Pio – questo detenuto si è aperto. Due giorni prima di morire lo stesso si è confessato e ha chiesto perdono di tutti i suoi peccati. Prima di morire egli mi ha detto che Padre Pio è più forte della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra, ha vinto lui”.

Che messaggio vorrebbe lanciare per il futuro ai giovani sacerdoti?

“Innanzitutto, di vivere a fondo la loro vita sacerdotale. Il sacerdozio – come ha scritto San Giovanni Paolo II – è un dono e un mistero. Vivere quindi appieno la vita sacerdotale, soprattutto con un’intensa preghiera. Uso questa immagine per farmi capire, il sacerdote è colui che sente il profumo del buon pastore e l’odore delle pecore – per dirla con Papa Francesco – e può immergersi nell’odore delle pecore, solo se sente nella preghiera il profumo del buon pastore. Il profumo nella preghiera è inebriante anche per affrontare le sfide pastorali”.

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