L’impegno di Save The Children e Unicef per la tutela e la protezione dei minori migranti

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Lampedusa e Ventimiglia. Le principali due frontiere italiane, la prima linea nell’accoglienza per i migranti. Per alcuni aspetti molto simili: ogni giorno, queste città sono teatro di sofferenze, disperazione e criticità, soprattutto quando si ha a che fare con minori che arrivano nel nostro Paese non accompagnati. Soli, confusi e stanchi delle privazioni subite durante il viaggio – o per mare, attraverso la rotta del Mediterraneo, o via terra attraverso la cosiddetta rotta balcanica – rischiano di diventare invisibili, di finire nelle grinfie della criminalità organizzata.

Il progetto di Save The Children e Unicef

Save The Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, e Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, da dicembre 2020 hanno aperti una collaborazione per dare una risposta concreta e immediata ai bisogni primari ed essenziali delle migliaia di bambini ed adolescenti, alle loro famiglie e alle donne sole con minori.

Il successo del programma

Tra dicembre e marzo a Ventimiglia sono stati assistiti 72 nuclei familiari con 116 bambini a carico e raggiunti oltre 169 minori non accompagnati, tra cui 6 ragazze. A Lampedusa 59 famiglie con 130 bambini, di cui 52 bambine, 181 donne e 404 minori stranieri non accompagnati, di cui almeno 33 ragazze. Le giovani sono esposte a rischi specifici, in quanto non sempre identificate come minori da parte delle autorità predisposte e per la difficoltà nell’accesso a informazioni e servizi dedicati. Questo a causa delle particolari modalità con cui le minori viaggiano, spesso aggregandosi a famiglie o accompagnatori adulti e in virtù del fatto che molte non dichiarano la loro minore età, anche perché obbligate o vittime di tratta.

L’intervista

Le due organizzazioni hanno rinnovato la loro collaborazione congiunta estendendola fino a dicembre 2021. Tra gli interventi portati avanti nell’ambito del programma congiunto uno spazio per ragazze, lo Youth Corner, realizzato nel Child Friendly Space, un luogo sicuro che offre ascolto e protezione a minori soli e famiglie. Tra le opportunità offerte anche il servizio di Helpline Minori Migranti di Save the Children e di informativa tramite la piattaforma on-line U-Report on the Move di Unicef. Interris.it ne ha parlato con il dottor Niccolò Gargaglia, capo unità Protezioni minori migranti di Save The Children.

Dottor Gargaglia, come mai avete deciso di avviare questa collaborazione con Unicef? Qual è l’obiettivo di questo progetto?

“Unicef è un attore privilegiato e fondamentale nella tutela e salvaguardia dei diritti dell’infanzia. E’ presente e operante in Italia con progetti sulla tutela, salvaguardia e inclusione dei minori stranieri non accompagnati in arrivo nel nostro Paese. Essenzialmente, a fronte di una situazione abbastanza preoccupante dell’accoglienza di questo gruppo target, soprattutto dall’estate 2020 su Lampedusa, ci siamo interrogati sulla possibilità e sull’urgenza di realizzare un progetto che ci vedesse protagonisti insieme nella tutela e difesa di questo gruppo particolarmente vulnerabile. E’ stata una collaborazione nata in maniera molto naturale, condividendo la stessa preoccupazione rispetto alle condizioni di accoglienza e protezione garantite in questo momento nel nostro Paese. A livello nazionale stiamo affrontando un’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia e, allo stesso tempo abbiamo visto crescere gli arrivi via mare e il peggioramento delle condizioni di accoglienza. Abbiamo ritenuto necessario e opportuno costruire un intervento congiunto su pilastri che vanno dal primo supporto psicologico, all’informativa legale in linguaggio child friendly. Save The Children e Unicef, tra l’altro, collaborano nelle emergenze mondiali che impattano nella vita dei bambini e abbiamo ritenuto opportuno avviare questa collaborazione anche in Italia”.

Quanti sono i minori che arrivano in Italia sia attraverso la rotta del Mediterraneo, sia attraverso quella balcanica? Quali sono le loro nazionalità?

“Secondo i dati del Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, al 26 aprile 2021 sono 8.800 i migranti arrivati via mare, a fronte dei 3.300 sbarcati nello stesso periodo dello scorso anno. Stiamo registrando un aumento di arrivi rispetto al 2020, caratterizzato dall’impatto della pandemia. All’interno di questo gruppo sono 1.230 i minori stranieri non accompagnati, a fronte dei 539 arrivati lo scorso. Le nazionalità principali sono Tunisia, che al momento si sta registrando come principale Paese da cui arrivano i minori, la Costa d’Avorio, il Bangladesh, la Guinea e il Sudan. Per quanto riguarda quelli che possiamo definire arrivi via terra, attraverso la cosiddetta rotta balcanica, sono dei dati difficilmente reperibili: a differenza di quella che possiamo definire ‘frontiera sud’ (Lampedusa e altri porti siciliani, l’hotspot di Pozzallo o Augusta, ndr), nella ‘frontiera nord’ ad oggi non c’è una rilevazione formale e ufficiale del dato. I numeri che abbiamo sono quelli raccolti da Save The Children e Unicef nell’ambito della nostra operatività su Ventimiglia, o quelli che vengono raccolti da altre associazioni che a titolo volontario o con propri fondi intervengono nell’area di nordest e nordovest al fine di garantire un’assistenza ai migranti in transito. Su Ventimiglia possiamo affermare che nel 2020 sono transitati oltre 200 minori soli, la maggior parte provenienti dalla rotta balcanica. In questo caso le nazionalità sono: Afghanistan, Pakistan e Bangladesh. Sempre in base ai dati che Save The Children registra sul territorio di Ventimiglia, possiamo affermare che c’è un costante flusso di transito e arrivo di persone. La media è circa 30-50 persone giornaliere, il 15-20% sono minori stranieri soli. Nei mesi di marzo si è registrato un aumento di arrivi di nuclei familiari composti da donne sole con bambini piccoli, provenienti dalla Costa D’Avorio e dalla Guinea”.

Qual è l’attuale situazione a Ventimiglia?

“Queste persone sono estremamente vulnerabili, ancora di più in quanto nella città non esiste un centro di accoglienza di primo livello istituzionale e molte delle persone e dei bambini che arrivano, spesso sono costretti a trascorrere la notte in strada. Posso anche aggiungere che la mancanza di una risposta istituzionale forte di accoglienza, può in qualche modo alimentare la rete della criminalità, ovvero persone che sono intenzionate a lucrare e sfruttare il bisogno dei migranti in transito di attraversare il confine. La mancanza di un centro di accoglienza nel medio e lungo periodo, purtroppo, aumenta il proliferare di queste situazioni di rischio e sfruttamento”.

Come affrontate questa situazione?

“Con Unicef, preoccupati nell’inverno 2020 delle rigide temperature, abbiamo deciso di intervenire a Ventimiglia con attività di riduzione del danno, caratterizzate dalla distribuzione di 180 kit per minori soli e donne sole, uno zainetto all’interno del quale abbiamo messo materiali di prima necessità e adatti per affrontare le rigide temperature dell’inverno, soprattutto per chi non ha un posto protetto e al chiuso in cui stare”.

Lei prima ha parlato dei rischi a cui vanno incontro questi minori. Tra questi c’è anche il rischio dello sfruttamento sessuale e della tratta di esseri umani?

“Sì, è un rischio molto forte ed evidente, soprattutto per le ragazze se parliamo dello sfruttamento della prostituzione e della tratta di esseri umani. E’ un fenomeno che registriamo da anni rispetto al flusso di ragazze minorenni, provenienti soprattutto dal centro e ovest Africa. La Nigeria, la Costa D’Avorio e la Guinea si stanno rivelando delle nuove realtà in cui adescare minorenni da inserire in questo tipo di sfruttamento. La preoccupazione è legata al fatto che un minore non accompagnato, senza genitori e privo di riferimenti che possano garantire la sua protezione, è particolarmente esposto soprattutto nel momento in cui manca un sistema di accoglienza strutturato, ovvero il minore decide di allontanarsi dalla struttura dove è accolto e decide di raggiungere altri Paesi. In questi casi, il minore volendo rimanere invisibile ai controlli, rimane invisibile anche alla protezione e quindi diventa particolarmente vulnerabile”.

Lampedusa e Ventimiglia. Quali sono le principali differenze tra queste due frontiere italiane?

“Lampedusa è un’isola che storicamente è stata caratterizzata da arrivi di migranti e storicamente si è impegnata nell’accoglienza. E’ presente un hotspot di identificazione, che però negli anni ha subito dei danni strutturali, ancora non pienamente sanificati, ed è sicuramente un centro di prima accoglienza funzionale, ma allo stesso tempo ha un forte limite legato alla capienza di posti. Parliamo di un centro che può ospitare fino a 200 persone, ma negli ultimi mesi è arrivato ad ospitarne oltre mille. Le condizioni di accoglienza peggiorano in funzione delle presenze. Auspichiamo che le istituzioni possano intervenire a livello strutturale per garantire la corretta accoglienza. Questa estate a fronte di un picco di arrivi, abbiamo visto un centro non in grado di gestire questi numeri, ci sono state persone costrette a dormire all’aperto, su materassi di gommapiuma, difficoltà di camminare e muoversi all’interno del centro e l’impossibilità di garantire la giusta di sicurezza. Il problema di Ventimiglia è la mancanza di una struttura di accoglienza per i migranti in transito. La situazione è così da agosto 2020, mese in cui è stato chiuso il Campo Roja, centro di accoglienza aperto dalla Prefettura e gestito dalla Croce Rossa Italiana, non si configurava come centro per minori, ma era meglio della strada. A differenza di Lampedusa, dove c’è un hotspot governativo, su Ventimiglia non c’è nenanche questo. L’accoglienza di migranti è garantita da associazioni di volontariato e del terzo settore. Su Ventimiglia sono operanti la Caritas Intemelia, la Diaconia Valdese, We Word Onlus. Il Comune di Ventimiglia ha aperto un centro per minori, al quale possono accedere solo chi poi vuole rimanere in Italia. Manca totalmente un supporto e protezione per quei minori che vogliono solo transitare in Italia”.

Campo migranti di Ventimiglia

Questo sovraccarico dei centri è pericoloso anche dal punto di vista sanitario, nel senso che non si riesce a garantire il rispetto delle norme anticovid… 

“Assolutamente. Noi abbiamo registrato un enorme impegno da parte delle autorità sanitarie locali nel gestire al meglio lo screening sanitario per gli arrivi via mare. Però questo è possibile solo per un certo numero di persone… quando gli arrivi aumentano in maniera esponenziale diventa difficile garantire una separazione efficace tra soggetti positivi e negativi. Anche questo preoccupa. Il governo ha avviato una risposta emergenziale attraverso l’utilizzo delle cosiddette navi quarantena, ma è stata una scelta abbastanza preoccupante: pensiamo a chi è sopravvissuto a un naufragio o chi è appena arrivato dopo una traversata in mare. Essere chiuso all’interno di un’altra nave non è la soluzione migliore, anche dal punto di vista dell’impatto psicologico. Ma ci rendiamo conto della difficoltà di gestire l’accoglienza anche all’interno di un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo”.

I migranti che arrivano in Italia sono inclusi nella campagna di vaccinazione?

“Al momento non ci risulta”.

Lo Stato cosa potrebbe fare in più per aiutare queste persone e soprattutto i minori?

“Sarebbe fondamentale adeguare l’attuale sistema di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati e i nuclei con bambini ai bisogni dettati anche dall’emergenza sanitaria. Dopo la fase di identificazione, è necessario che la quarantena possa essere fatta all’interno di un posto sicuro, protetto e dedicato a specifici gruppi target. Inoltre, per i minori transitanti, ossia che identificano l’Italia come un Paese di transito e non di arrivo, rendere più agili le procedure di ricongiungimento familiare con parenti che vivono in altri Stati membri, e potenziare i meccanismi di relocation tra Stati. La mancanza di questi canali regolari favorisce il nascere di movimenti secondari di minori, ma anche di richiedenti asilo verso altri Paesi. E’ fondamentale ripristinare e riorganizzare l’attuale sistema di accoglienza, adattandolo alla situazione sanitaria, e in maniera più ampia lavorare a livello europeo affinché si mette in piedi un meccanismo di trasferimento e relocation sicuro”.

Manuela Petrini: