Il Movimento per la Vita Italiano (MPV) si è unito prontamente allo sforzo di solidarietà a sostegno il popolo ucraino. Come nella sua sensibilità lo ha fatto con una particolare attenzione verso le donne in gravidanza e le famiglie con neonati. È questa la prima volta che il Movimento si confronta con una crisi internazionale, sebbene i volontari siano stati impegnati già in passato in contesti d’emergenza come i terremoti in Abruzzo ed Emilia-Romagna. L’iniziativa ha preso il via dalla richiesta di sostegno dell’associazione pro-life Save a Life, attiva in Ucraina e Romania, una richiesta subito accolta dal Movimento. “Il Movimento è sempre al servizio della vita dei più indifesi e siamo felici di poter aiutare, nel nostro piccolo, quanti fuggono dalla guerra, in particolar modo le mamme ucraine e i loro bambini”, è il commentato della Presidente MPV, Marina Casini.
In meno di due settimane i Centri di Aiuto alla Vita e le sedi locali del Movimento hanno raccolto in tutta Italia oltre 80 metri cubi di materiale di prima necessità come pannolini, cibo per neonati, vestiario, farmaci, ma anche letti e culle. I punti di riferimento a livello regionale sono stati Noha, Ruvo di Puglia, Potenza, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Padova e Trieste. A questi si sono aggiunti diversi altri centri che hanno raccolto e spedito gli aiuti, dalla Sicilia alla Liguria. Tanta la generosità anche da parte di aziende, sia nelle donazioni che nella logistica. Gli aiuti, confluiti in un magazzino alla periferia di Vicenza, sono stati caricati su un camion che, insieme ai volontari del Movimento hanno percorso circa 2,000 km per raggiungere il confine tra Romania e Ucraina. Il convoglio umanitario è, quindi, arrivato a Voronet, 50 km dalla frontiera, nella struttura di Camp Cristia, riconvertita a centro di prima accoglienza per i rifugiati. Qui Save a Life ha, inoltre, allestito un magazzino temporaneo da cui giornalmente i volontari percorrono i corridori umanitari per consegnare gli aiuti.
Corneliu Klipa, responsabile del campo ci spiega: “Molti arrivano da Cernivci, appena oltre il confine rumeno. La città ospita oltre un milione di sfollati, in condizioni ormai critiche, senza più servizi e cibo. Qui, e in altre città vicine, i volontari porteranno molto del materiale raccolto in Italia”. Corneliu ricorda ancora la sera dell’invasione, era il 24 febbraio: “Ricevevo telefonate da diversi giovani che erano stati da noi, che chiedevano se potessimo ospitare le persone in fuga, e noi abbiamo risposto certamente. Da allora accogliamo una media di 75 rifugiati al giorno”. Corneliu ci spiega che tanti ospiti “sono donne e bambini, gli uomini in età da combattimento non possono lasciare il paese per via della legge marziale. Spesso sono nonne con nipoti, che attraversano il confine, mentre i genitori restano di là. Sono persone che hanno subito il conflitto in prima persona, spesso perdendo tutto, hanno viaggiato in condizioni critiche, hanno aspetto giorni e notti fuori, al freddo, per poter passare la frontiera”.
Le storie
Nei giorni trascorsi a Voronet incontriamo Alina (NDA usiamo nomi di fantasia), che aiuta il marito in sedia a rotelle, e ci racconta: “Siamo scappati da Kiev, e poi ancora da Kharkiv, siamo qui con mio marito e mia figlia. Cerchiamo di raggiungere un centro di riabilitazione in Germania. Altri tre figli sono rimasti nel paese” aggiunge accarezzando il volto del marito. E poi c’è Artem, giornalista, che cerca l’attenzione dei volontari, mostrando sul telefonino i video dei bombardamenti della sua città, Kharkiv. Indica con le dita gli occhi, per dire che lo ha visto in prima persona: “Sono arrivato quattro giorni fa, l’artiglieria russa ha colpito la mia città, spero di raggiungere la Germania e ricominciare a fare il giornalista”. Anastasia arrivata con sua figlia ci spiega: “Siamo andati via da un villaggio vicino a Chernobyl perché non c’era più cibo nei negozi e vivevamo con l’incubo di una nuova esplosione nucleare”.
Le testimonianze dei volontari
Lara, volontaria di Firenze, confida: “Mai avrei pensato di trovarmi a preparare materiale da spedire in zone di guerra. Eppure, è successo. Non ricordo più la fatica della nostra tappa, ricordo solo le foto del viaggio, i volti e quell’enorme tir nelle campagne della Romania”. Da Potenza, gli fa eco Rosemarie: “Volevo poter fare qualcosa, a volte basta aspettare il momento giusto. È stata un’esperienza stravolgente. Sapere di aver contribuito ad alleviare la sofferenza, di aver strappato anche un sorriso ad una mamma o a un bambino, di aver contribuito ad allentare le preoccupazioni dei volontari dei centri locali in questa emergenza senza precedenti…è sufficiente a ridarmi il sorriso”. Anche le operazioni di scarico sono state un lavoro di squadra. Ai volontari del Movimento si sono uniti quelli locali e alcuni rifugiati. I pacchi passano di mano in mano portandosi dietro i nomi delle città di provenienza, l’impronta delle tante persone che ci hanno sostenuto. Appena il tempo dei saluti e inizia il ritorno verso l’Italia, verso la normalità che è anche la speranza, e l’augurio, per quanti continuano a vivere nella guerra che lambisce il confine pochi chilometri più in là.