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L’impatto della pandemia sul turismo italiano

A causa degli effetti della pandemia nel 2020 dimezzate le presenze, mentre l'occupazione nel settore registra un calo del 26%. Per l'estate 2021, sembra che la maggioranza degli italiani resterà in Italia e farà vacanze più lunghe, preferibilmente al mare, alloggiando in albergo

Dopo l’annus horribilis 2020 in cui il turismo italiano ha visto dimezzare il numero dei pernottamenti e delle presenze rispetto al 2019, le aziende turistiche con dipendenti sono scese da oltre 200mila a 168.353 e le categorie di occupati a tempo determinato e stagionali insieme hanno perso 203mila dipendenti, ci si augura che l’estate 2021 dia segnali di una ripresa.

“I mercati europei si stanno risvegliando”, dichiara a InTerris il presidente di Federalberghi, l’organizzazione rappresentativa delle imprese turistico-ricettive italiane, Bernabò Bocca. Che spiega: “Potrà ripartire velocemente il turismo legato alla vacanze, quello individuale di che viene in villeggiatura o a visitare il Canal Grande a Venezia”. Ma resta un’incognita quello dei grandi gruppi di turisti, legato agli eventi e alle crociere.

I primi mesi del 2021 non hanno segnato una discontinuità. Gli impianti sciistici chiusi e lo stop a fiere, congressi e convegni ha limitato fortemente “il turismo corporate, poiché le aziende hanno tagliato costi e i sistemi da remoto hanno abituato le persone a lavorare a distanza”.

L’interrogativo è se si sarà in grado di attirare il turismo internazionale ed extraeuropeo, quello che proviene dagli Stati Uniti, dalla Russia e dal Medio Oriente. “Mercati con alta capacità di spesa”, spiega Bocca. Sono stati questi i settori che nel 2020 hanno risentito maggiormente dell’interruzione dei flussi internazionali a causa della pandemia, mentre “il turismo italiano e quello europeo di prossimità hanno sofferto meno”, spiega il presidente di Federalberghi.

Presenze dimezzate

Se infatti a livello nazionale il numero delle presenze si è contratto di oltre il 50%, nel dettaglio questa media è frutto di una flessione molto consistente nelle città d’arte che hanno registrato anche un -70%, illustra Bocca, rispetto alle destinazioni balneari hanno registrato una diminuzione inferiore, fino al 10%.

Il 50% delle presenze meno in un anno significa che nei dieci mesi del 2020 presi in esame, dallo scoppio della pandemia, si sono perse circa 233 milioni di presenze, con la domanda straniera che ha subito un crollo del 70%. Solitamente, le presenze straniere sono circa il 50% del totale.

Il calo dell’occupazione

Secondo uno studio basato su dati dell’Istituto nazionale di statistica (Inps) e realizzato da Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo, Federalberghi e Fipe, tra il 2019 e il 2020 c’è stato un calo dell’occupazione del 26,7% a causa della crisi delle strutture ricettive e termali italiane.

Fino al 2019 il comparto – che in anni “normali” arriva a valere il 13% del Pil – vedeva occupati 1,3 milioni di persone e le aziende turistiche con lavoratori dipendenti erano oltre 200mila (media annua). Nell’anno della pandemia,  il numero di aziende è calato a 168.535 e gli occupati sono scesi sotto il milione di unità, a quota 953mila, e ad averno risentito maggiormente sono state le donne (52,2%). Tra aprile 2020 e febbraio 2021 sono state autorizzate, per alberghi e ristoranti, circa 55 milioni di ore di cassa integrazione in media al mese.

In maggior sofferenza si sono trovate le imprese turistiche del Centro Italia, illustra ancora il documento, con un calo dell’occupazione che sfiora il 30% (-29,6%), seguita da quelle del Nord Ovest (-26,6%), del Nord Est (25,8%) e infine del Meridione e delle isole (-25,3%).

Richiesta d’aiuto

“Per il turismo sono stati messi sul tavolo circa sette miliardi tra il 2020 e il 2021, e questo ha aiutato molte piccole aziende”, osserva il presidente di Federalberghi. Ma dal comparto si alza una richiesta di aiuto da parte del governo. In una petizione lanciata da sulla piattaforma Change.org da diverse associazioni di categoria si chiedono ulteriori misure per sostenere il settore. Tra queste figurano il credito d’imposta al 110% per la riqualificazione delle strutture (meglio noto come Superbonus 110%) e una serie di proroghe tra cui quella della seconda rata dell’Imu per il 2021 e esonero dal pagamento dei contributi per l’assunzione del personale stagionale, oltre alla cancellazione della tassa sui rifiuti e del canone Rai sempre per l’anno in corso.

Previsioni per l’estate 2021

Da uno studio realizzato da Acs Marketing, le previsioni per l’estate 2021 direbbero che il 54,4% degli italiani, adulti e minorenni, hanno in programma una vacanza, prevalentemente nel mese di agosto. Si tratta di una crescita di quasi dieci punti percentuali sull’anno precedente, per la precisione +9,8%.

La destinazione più scelta anche per quest’anno, sempre secondo l’indagine dell’istituto, resta il nostro Paese. Il mare sembra essere la meta preferita (72,4%). Seguono, a molta distanza, la montagna e le località d’arte. Dalle intenzioni degli italiani, inoltre, pare che le vacanze quest’anno possano essere più lunghe. Rispetto all’anno scorso infatti le notti che passerebbero fuori salgono da nove a dieci, la maggioranza alloggiando in albergo (28,1%), da parenti o amici (17,8%), in un b&b (16,7%) e infine nella casa di proprietà (12,8%).

Uno dei problemi che ha tenuto col fiato sospeso per settimane gli italiani e gli operatori del settore è stato, spiega Bocca, “la confusione nella comunicazione”, tra annunci e ordinanze almeno in apparenza contraddittori. Il presidente di Federaleberghi dà anche un’iniezione di fiducia: “L’iniziativa delle Isole minori Covid Free, dove sono tutti vaccinati, è un grande strumento di marketing perché, ad esempio gli americani oggi sono molto attenti al tema della sicurezza sanitaria”. Anche se, sottolinea Bocca, abbiamo da colmare il divario creatosi con Paesi come la Grecia, che hanno già riaperto al turismo dall’estero.

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