L’immigrazione sanitaria è un fenomeno che registra la sua acme nel meridione dell’Italia. Una necessità, quella di allontanarsi dal proprio territorio per curare in primis i bambini, che pesa sul bilancio di numero famiglie. Ma c’è chi lavora quotidianamente per dare una risposta in grado di risolvere il problema. “Questi viaggi della speranza potrebbero finire se noi avessimo nel Salento un Polo capace di richiamare anche professionalità da fuori” riporta a Interris.it Antonio Aguglia, presidente della Tria Corda Onlus.
Come nasce la vostra associazione?
“Tria Corda è una onlus nata a Lecce a febbraio del 2012 con uno scopo ben preciso: dare un’organizzazione razionale ed efficiente all’area pediatrica salentina. Avevamo, infatti, avuto modo di appurare – grazie a uno studio fatto in collaborazione con la Asl di Lecce e sotto l’egida della Regione Puglia – tante condizioni di disagio, fra le quali emergeva una grave anomalia: la mobilità passiva, cioè le famiglie costrette a spostarsi fuori regione per far curare in strutture specialistiche i propri bambini, risultava molto maggiore rispetto agli standard. Da qui l’idea di impegnarsi per la realizzazione di un Polo Pediatrico del Salento, che si farà grazie al protocollo d’intesa firmato a dicembre del 2017 da Regione Puglia, ASL di Lecce e Tria Corda Onlus. ‘Tria corda’, cioè tre cuori, è un’espressione che usava il poeta salentino Quinto Ennio, padre della letteratura latina, riferendosi metaforicamente alle tre lingue che parlava: greco, latino e dialetto locale. Per noi i tre cuori sono i bambini, i genitori e le istituzioni”.
A chi vi rivolgete?
“A tutti coloro che abbiano a cuore il nostro progetto e vogliano aiutarci e alle istituzioni che sono indispensabili per portare a compimento l’obiettivo di realizzare il Polo Pediatrico. Ormai siamo vicinissimi a raggiungerlo, l’emergenza pandemica ci ha rallentati ma è quasi tutto pronto e abbiamo incassato l’impegno da parte del riconfermato presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di attivare i servizi del Polo entro un anno dall’insediamento della nuova giunta. Inoltre, il Polo Pediatrico è stato inserito dal Comune di Lecce fra i progetti da finanziare mediante il Cis (Contratto Integrato di Sviluppo) che ci auguriamo possa ottenere l’avallo del Ministero per il Sud quanto prima”.
Cos’è il progetto “leggi tu, che leggo anch’io”?
“È un progetto che abbiamo realizzato con il finanziamento del Centro per il Libro e la Lettura e che consiste, essenzialmente, in due attività: i laboratori formativi di lettura ad alta voce e lettura teatralizzata rivolti agli studenti delle Scuole Superiori di Secondo Grado e poi gli incontri di lettura ad alta voce e teatralizzata – curati proprio dagli studenti che hanno partecipato ai laboratori – e proposti ai bambini ricoverati nei reparti pediatrici dell’ospedale ‘Vito Fazzi” di Lecce’.
Come fate a mantenere in contatto i bambini ospedalizzati con i loro amici?
“Con un altro progetto, ‘eSCO – Scuola a Casa e in Ospedale’, avviato in via sperimentale nel 2019, con il coordinamento scientifico del professor Mario Bochicchio dell’Università del Salento, per fornire azioni di sostegno all’erogazione di servizi utili ai bambini lungodegenti in ospedale o a domicilio durante tutto il processo di cura. In sostanza, un innovativo supporto alla didattica a distanza che, mutuando un modello già usato in altri paesi europei (Leho), consente ai bambini malati di frequentare le lezioni della propria classe di appartenenza a distanza e in tempo reale, rimanendo in contatto con i propri amici e insegnanti e riducendo o eliminando i traumi connessi al distacco e al successivo reinserimento scolastico. Il tutto reso possibile attraverso il collegamento internet, l’uso di computer/tablet, telecamere e stampanti e con metodiche opportunamente studiate caso per caso. Per il secondo anno consecutivo, il progetto sarà finanziato dalla Fondazione Banca Popolare Pugliese”.
Cosa significa per le famiglie avere un ragazzo in ospedale e magari dover affrontare un viaggio per curarsi in un’altra regione?
“Significa sottoporsi a un grande sacrificio sia economico – che non tutte le famiglie, peraltro, possono sostenere se le cure hanno una durata prolungata – sia emotivo. Per i piccoli e per i genitori affrontare un percorso di cura molto difficile senza poter avere vicino nonni, zii, cugini, amichetti è un’ulteriore sofferenza nella sofferenza. Questi viaggi della speranza potrebbero finire se noi avessimo nel Salento un Polo capace di richiamare anche professionalità da fuori che possano operare e seguire i piccoli pazienti avvalendosi di un centro specialistico all’altezza”.
Ci vuole raccontare un’esperienza che le è rimasta impressa del suo volontariato?
“A marzo del 2019, abbiamo raccolto i fondi per finanziare la trasferta a Lecce del professor Adrian Bianchi, un chirurgo pediatrico maltese che ha lavorato per anni al Royal Manchester Children’s University Hospital e che oggi, che è in pensione, gira il mondo per mettere a disposizione gratuitamente la sua enorme esperienza. Al Vito Fazzi ha coordinato con l’allora primario di Chirurgia Pediatrica Carlo Rossi l’equipe che ha effettuato un delicato intervento su una bambina salentina di soli due anni, che chiamiamo con il nome di fantasia di Maria. Alla piccola che non poteva nutrirsi autonomamente – perché nata con un moncone di esofago scollegato dallo stomaco – è stato ricostruito l’esofago e ora la bambina mangia e si alimenta normalmente. Un intervento d’eccellenza eseguito senza nessun viaggio della speranza ma facendo arrivare qui il professionista giusto. Esattamente quello che si propone di fare Tria Corda con il Polo Pediatrico”.