Il tempo cairologico è la vera opportunità della pandemia

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In questo periodo il tempo cronologico sembra essersi fermato, la pandemia ha riversato milioni di cittadini in una sorta di tempo sospeso in attesa della ripresa. Tutti hanno la possibilità di vivere e godere delle piccole gioie familiari, di riscoprire antiche tradizioni culinarie, di dedicarsi alla lettura, ma è possibile dire che questo momento storico ha segnato il passaggio dal tempo cronologico al tempo cairologico? Interris.it ne ha parlato con il Professore Don Paolo Buttiglieri, docente di Comunicazione Sociale presso l’Università Pontificia Salesiana e di Filosofia presso il Liceo B. Secusio di Caltagirone.

“Non penso, non è automatico passare da una modalità di tempo all’altra. Vari sono gli esistenziali che condizionano questa compenetrazione. ‘Se vuoi toccare sulla fronte il tempo che passa volando, in un marzo di polvere di fuoco’ – cito il noto gruppo musicale dei New Trolls, in Chiedi chi erano i Beatles. Fermarsi esclusivamente alla ‘fattualità’, alla risoluzione pragmatica dei problemi, alla “ripresa” come spada di Damocle, si rimane legati al “tempo cronologico”, sempre uguale, con un prima e un dopo, che si ripete meccanicamente, come lo scatto freddo e inesorabile della lancetta dell’orologio. Se si entra nella dimensione della coscienza, approdiamo alla concezione di tempo psicologico di Agostino, inteso come ‘distensio animae’, intriso di qualità ‘atemporali’. Il ‘tempo Kairologico’ appartiene alla coscienza, ad essa è affidata la capacità di cogliere la congerie delle possibilità, di scegliere. ‘Tempus edax rerum‘ (Ovidio, Metamorfosi, XV, 234), Kronos è il vortice inesorabile del tempo che tutto divora. Kairos è ben altra cosa, nella mitologia classica, è la divinità alata con il ciuffo e calvo, da guardare in faccia e afferrare nell’attimo in cui passa, pena l’inafferrabilità.  Kronos e Kairos, sono entità che mutano nell’essenza, e dischiudono paradigmaticamente all’esistenza – differenti per quantità e qualità – non si eguagliano, ne si identificano. Kairos e’ il tempo delle “opportunità”. Molto vicino al concetto del “Carpe diem” di Orazio. Lo definiamo ‘tempo sospeso’, mi domando, solo perché abbiamo fermato le lancette dell’orologio, i meccanismi della nostra società di produzione e di profitto o perché si coglie l’urgenza comune di orientare la nostra coscienza verso nuove Menschauung, Weltanschauung ( visione dell’uomo e del mondo)? ‘tempo sospeso’ perché ci sentiamo sfidati e cogliamo nuove opportunità, o perché non possiamo fare quello che si è fatto sempre?”.

Cosa significa godere del tempo cariologico per milioni di cittadini che normalmente sono abituati ad una vita frenetica?
“Fermarsi, prima di tutto. Rallentare il moto convulso e vorticoso dell’agire, del pensare, del volere. Per la moltitudine è l’occasione per dismettere le maschere che indossiamo ordinariamente nella società, e assumere la propria “nudità-fragilità” esistenziale. Inoltre, è un interrogarsi sulle fragilità delle nostre democrazie, la tenuta del sistema Paese e della casa comune che è l’Europa. É smascherare la sicumera della scienza e della tecnica, profondamente scossa in questo tempo. Personalmente viene data ad ognuno la possibilità di leggere un libro, imparare ad ascoltare il silenzio, assumere una sobrietà possibile e sostenibile nella vita quotidiana. La possibilità di riappropriarsi degli affetti familiari, spesso trascurati; fare memoria immergendosi nelle ‘estasi del passato, del presente e del futuro’, come insegna Heidegger

Tempo cariologico vuol dire momento opportuno: qual è la vera opportunità che questo tempo ci sta offrendo?
“Kairos e’connesso a Krisis. La crisi è un nuovo atto fondativo. Ci viene offerta la possibilità di riflettere seriamente e ripensare il nostro essere, superare la fattualità anagrafica. É un invito a tassonomizzare le poche cose che meritano un posto primaziale nella nostra esistenza. Ad accrescere il bisogno di coltivarle: il prendersi cura di se stessi, del mondo, degli altri. É un ripensare/rifondare la nostra società – un vero e proprio cambio di paradigma  – basato sull’etica della responsabilità comune, gia’ auspicata da H. Jonas, interrelata a un’etica della comunicazione “conditio sine qua non” della tenuta sociale e del confronto democratico, già delineata da H. Habermas. ‘Tutto sarà come prima’ dopo la pandemia? assisteremo a una sorta di “restaurazione”? É un circolo vizioso o virtuoso? Stiamo cercando di fare ripartire la società secondo il modello che ci ha portato alla Krisis? Modello costruito su logiche e scelte politiche per nulla risolutive e di basso profilo etico. Un déjà vu, ossia riattivare un circolo vizioso, e dimenticare tutto al più presto? Cresce il ‘bisogno spiritualità’. Un segno profetico: molti si sono avvicinati alla riflessione, alla preghiera.  Ad inizio quaresima, in una conferenza; “Il digiuno nelle grandi religioni monoteiste” sottolineavo la situazione che si delineava quest’anno: digiuno del Pane eucaristico, digiuno delle relazioni. Non c’era ancora la quarantena, i media cercavano di convincerci che il Coronavirus fosse una normale influenza. Ciò si è avverato: la chiusura delle chiese, i fedeli si sono ritrovati senza Messa. Giorno dopo giorno e’ cresciuta la “fame di Dio”, lenita dai surrogati mediatici.  E’ cresciuto il bisogno di “sentirsi Chiesa”, popolo di Dio che celebra l’azione liturgica, nutrendosi del Corpo e Sangue di Cristo, di un Cristo che facendosi eucaristia, fa la Chiesa e ci salva”.

Da sacerdote, secondo Lei, qual è il messaggio che Gesù vuole farci arrivare? Da buoni cristiani qual è il modo migliore per reagire a questo periodo?
“Il messaggio evangelico esalta il valore testimoniale della vita cristiana. Il Vangelo non è una dottrina, un bel discorso che muove i sentimenti, è la testimonianza di amore di Gesù Cristo: Uomo-Dio che muore per l’umanità nel tempo.Far cadere le maschere, ad ogni livello. Spogliarsi del superfluo per indossare le armi della semplicità ed essenzialità, che testimoniano Gesù Cristo, come ricorda Papa Francesco, nell’enciclica ‘Laudato sii’. ‘Questo è il tempo’, un tempo di Grazia, kairologico, nonostante ‘la tempesta’, l’immagine evangelica evocata da Papa Francesco durante la funzione del Venerdì santo. Tempo Kairologico di conversione, di salvezza personale e per la Chiesa intera per abitare degnamente il tempo che ci è dato, senza fughe. ‘Abitare il tempo’ un ‘tempo senza casa’ dell’uomo di oggi che assomiglia sempre più al flusso del web dove impera l’ ‘anonimia’, l”anorressia’ di contenuti e stili di vita , l”anonimia’ ovvero l’assenza del valore testimoniale della propria identità umana e cristiana. Oggi, hic et nunc, c’è un profondo bisogno di autenticità, giova ricordare il monito di Ireneo : ‘Cristiano sii quello che sei’. Kairos per il cristiano è l’irrompere di Dio nel tempo, nella storia “…alla pienezza del tempo (Galati 4,4)”. É anche l’assunzione della certezza, che: ‘Il Tempo è l’unico sentiero che conduce l’uomo all’eternità”.

Rossella Avella: