Il Sud America supera gli Usa: il coronavirus al di qua delle Ande

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Un dramma continuo, a nord e a sud del Canale di Panama. E’ una situazione atroce quella che il Sud America sta vivendo, stretto nella morsa di una pandemia che, tra emergenze sociali e quotidianità infrante, sta sottoponendo il continente. Visto il trend dei contagi degli ultimi giorni, in un certo senso ci si aspettava che, prima o poi, l’incremento della casistica avrebbe portato a scavalcare quello che finora era stato il principale contesto di sofferenza.

I decessi da coronavirus in America latina ha ormai superato la soglia dei 200 mila, abbastanza per far posizionare la lente della Comunità internazionale su quanto sta accadendo in Brasile, Perù, Colombia e gli altri Stati al di sotto dell’istmo. Dove, a quanto sembra agiscono in concomitanza diversi fattori che, assieme, mantengono elevati, ormai da mesi, i numeri relativi ai contagi.

Brasile, ancora allarme

E’ proprio il Brasile, per restare sull’emergenza in America latina, a presentare il bilancio più drammatico: 93 mila decessi dall’inizio della pandemia, segno non solo di una presenza ancora forte del virus fra i brasiliani, ma anche di un trend di contagio che continua a mantenersi eccessivamente elevato. Va da sé che la presenza di un’elevata percentuale di diffusione, vada a ripercuotersi su ogni ambito della vita quotidiana del Paese, esponendo il Paese a tutti i rischi della crisi economico-sanitaria.

Il che, naturalmente, riguarda il Brasile come anche Paesi meno colpiti ma altrettanto in difficoltà sul piano sociale: “La pandemia ha causato un aumento del numero di bambini con malnutrizione acuta – ha spiegato Miguel Angel Garcia, direttore AcF in America centrale -, ha paralizzato le esportazioni e ha aumentato il numero di lavoratori informali, che ora costituiscono il 70 % della forza lavoro del Paese”.

Fame e altri mali

Il punto, per il Sud America come per le altre aree geografiche del mondo già in forte difficoltà economica, è il rischio (elevato) che il coronavirus inneschi una reazione a catena. Da un lato, lo spettro del mancato accesso alle risorse alimentari, che costringerebbe il continente a fare i conti con milioni di persone a rischio fame; dall’altro, quello della recessione, che potrebbe esasperare nuovamente dei contesti sociali già esplosi ben prima della pandemia.

Secondo AcF, la linea d’azione riguarderebbe proprio questi aspetti socio-economici, in America latina e nelle zone considerate vulnerabili. In primis il Sudafrica, dove l’indice dei contagi continua a crescere, e ora anche la Libia, in parte posta in lockdown. Agire cercando di garantire gli standard igienico-sanitari anche nelle aree più sovraffollate e, soprattutto, la permanenza dei corridoi degli aiuti umanitari.

Il caso Perù

Nei giorni scorsi, alcuni Paesi sudamericani come il Perù e la Colombia avevano dato il via ad alcune iniziative che, in buona sostanza, altro non erano che il grido disperato di una popolazione in crisi. “In Perù – ha spiegato America Arias, direttore AcF Perù -, quinto Paese al mondo per numero di casi confermati, migliaia di famiglie rimangono senza cibo per giorni e percorrono chilometri per cercare alimenti. Inoltre, in molti sono tornati a ricorrere alle ‘pentole comunitarie’ all’interno dei quartieri, proprio come accadeva negli anni Novanta quando il Paese soffriva gli effetti di una grave crisi economica”.

Questo, in un contesto che già prima della pandemia celava al suo interno una sacca di povertà riguardante il 20% della popolazione. “Solo a Lima, un milione di persone della classe popolare e media ha sofferto una situazione di insicurezza alimentare. La diminuzione del reddito ha cambiato le abitudini alimentari delle famiglie, che hanno sostituito cibi più nutrienti e costosi (latticini, carne, frutta e verdura, pesce e frutti di mare) con altri più economici“.

Al momento, forse, il quadro peggiore a livello globale. All’indomani di una stagione di tumulti sociali, numerosi Paesi del Sud America potrebbero ritrovarsi a breve in una condizione del tutto simile a quella vissuta a fine 2019, tra rincari economici ed esasperazione popolare che, qualora esplodesse, azzererebbe di colpo le norme base di igiene e distanziamento. In alcuni contesti, per forza di cose, già molto labili.

Damiano Mattana: