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Il soccorso di ItaliaSii, per il corpo e per lo spirito

L'iniziativa di tre fratelli dell'associazione Papaboys: dare ascolto e fare rete. Un "pronto soccorso" per chi, nell'emergenza, cerca quella solidarietà necessaria per non cedere allo sconforto

“Chi può metta, chi non può prenda”. Le parole di san Giuseppe Moscati sembrano risuonare con un rintocco nitido, uno di quelli che costringe a prestare attenzione per capire da quale campanile sia arrivato. E, pur nella loro semplicità, ne arriva a pieno la forza rivelatrice, specie in un momento storico in cui, assieme alla salute pubblica, obiettivo dell’uomo è tutelare la propria anima. Tanti i dubbi e i timori legati all’emergenza sanitaria, un contesto che nessun uomo del nostro secolo, perlomeno nelle aree industrializzate del Pianeta, ha mai avuto modo di sperimentare o di conoscere. Paura di non farcela, certo, anche se inizialmente forse.

C’è qualcosa di profondamente devastante che la pandemia da coronavirus sta portando nella nostra società, stravolgendone gli assetti più quotidiani e, per questo, quei veli che hanno finora coperto i nostri punti deboli. I quali emergono ora con forza, mettendo a nudo le fragilità che abbiamo finora involontariamente ignorato o, semplicemente, fatto finta di non vedere.

L’iniziativa

C’è bisogno di ascolto, di conforto, di supporto reciproco, nel tentativo di adempiere, pur nella forzata lontananza, alla frase guida che il medico beneventano rese parte della sua via di santità. L’iniziativa di ItaliaSii nasce da un desiderio di tre fratelli dell’Associazione Papaboys, di far luce nelle tenebre, mettendo a disposizione della popolazione vessata dall’emergenza un vero e proprio “pronto soccorso dell’anima“. Fatto dell’ascolto necessario, e anche di quella rete che, finalmente, non assume più mere sembianze virtuali. Alessandra, assieme a Daniele e Loredana, ha messo insieme i fili di un’ispirazione solidale, creando dal nulla un tessuto di aggregazione sul web: “Oggi c’è bisogno di conforto – ha raccontato a Interris.it -. Psicologico ma anche di fede”.

 

Alessandra, in un momento storico come quello che stiamo vivendo l’ascolto diventa essenziale. Ancora di più creare uno strumento in grado di offrire una panoramica sui principali operatori della solidarietà. Quali riscontri dopo la fase iniziale?
“E’ un’esperienza che sta avendo segnali importanti da un punto di vista dell’interazione. E questo vuol dire che c’è tanta gente che ha bisogno di un conforto. Negli ultimi dati si parlava di 15 mila visitatori in una settimana e circa 150 interventi tra mail di informazioni, assistenza psicologica o spirituale”.

Assieme agli insegnamenti del santo Giovanni Paolo II, qual è stata la pietra angolare del vostro progetto?
“Insieme agli altri ideatori, Daniele Venturi e Loredana Corrao, ci conosciamo da tanto
tempo e siamo cresciuti insieme sotto l’ala di Giovanni Paolo II, per cui ci siamo trovati spesso a confrontarci su ipotesi di iniziative, anche in altri ambiti e altri periodi. Ci siamo resi conto che tutti noi avevamo ricevuto richieste di aiuto o avevamo provato ad aiutare qualcuno che, magari, non riusciva ad arrivare a fine mese. Dopo queste sollecitazioni, ci siamo detti che sarebbe stato il caso di provare a fare qualcosa. Accertato che le associazioni di questo tipo, come Caritas o Sant’Egidio, continuavano le loro attività di solidarietà, ci siamo messi in condizione di mettere insieme tutte le realtà”.

Una vera e propria bacheca della solidarietà…
“Abbiamo riscontrato una difficoltà oggettiva delle persone nel trovare ciò che gli può servire. Quindi abbiamo deciso di creare un portale di ricerca, una sorta di aggregatore di informazioni solidali, nel quale ci sono tutte le associazioni che effettuano servizi di questo tipo e dove le persone possono trovare i riferimenti a loro più vicini. L’idea nasceva per il cibo, la prima emergenza che ci siamo trovati ad affrontare. Poi abbiamo proseguito coi farmaci, poi su tutta la parte di salute mentale e di fede. Perché in questo momento, sia chi crede che chi non crede ha bisogno di un supporto di tipo psicologico, visto che la situazione sta diventando presente. Il portale si è sviluppato mettendo una sezione ‘istituzioni’, in cui ci sono tutti i provvedimenti adottati in questi giorni. Poi c’è una sezione notizie che abbiamo voluto declinare in ‘buone notizie’, riguardanti chiaramente l’emergenza”.

Nell’emergenza coronavirus emerge, inevitabilmente, il mondo nascosto delle realtà dimenticate. Stare in casa significa anche fare i conti con la propria esistenza e, in molti casi, tante persone scoprono di aver bisogno di aiuto, anche per sopperire a delle difficili situazioni familiari…
“In due delle voci del portale, Fede e Psiche, ci sono fondamentalmente due form da compilare, che vengono poi direttamente collegati a un team di psicologi o a un gruppo di frati. Sono direttamente loro che contattano la persona che ha scritto, con l’idea di fondo di porre una persona all’ascolto di chi ha bisogno. I casi sono diversi fra loro. Ad esempio, una signora pochi giorni fa ci ha contattato con la sola ragione di voler parlare, perché viveva da sola. Si fa, quindi, tutto quello che è nelle nostre possibilità. Nel form abbiamo promesso di ricontattare tutti in 24 ore, speriamo di poter sempre assolvere a questa promessa anche in futuro”.

L’ascolto che, oggi, forse siamo manchevoli nell’applicare ai contesti di quotidianità. Quanto bisogno c’è di riscoprire una possibilità di confronto?
“‘Non cedere allo sconforto, non sentirti solo’. E’ una frase che compare nella sezione ‘Fede’ del nostro portale. Solo sapere che c’è qualcuno disposto ad ascoltare può fare tanto. Non si tratta di volere delle risposte, è una sensazione di mancanza di comunione, nel senso di comunità: siamo tutti interconnessi ma poi si finisce per non ascoltarci a vicenda. Anche la sola risposta è importante, e devo dire che ce lo stanno dicendo in tanti”.

Un’esperienza simile, proprio per le sue caratteristiche, proseguirà anche a emergenza conclusa?
“Sperando che siano sempre meno le richieste, ma crediamo sia necessario mantenere una rete tra chi dà e chi chiede. L’idea nasce infatti da un’idea di san Giuseppe Moscati, il quale diceva: ‘Chi può metta, chi non può prenda’. Contiamo per questo di tenerlo aperto e, anzi, se ne avremo la possibilità di scendere ancora più in profondità, nelle singole regioni o comuni, così da essere sempre più vicini alle persone”.

Fare rete è un concetto essenziale, specie nell’era della comunicazione 3.0. Un’occasione anche per ilweb di scrollarsi di dosso una visione comune che lo indica, in alcuni casi, come uno strumento paradossalmente alienante…
“Noi non abbiamo la possibilità di intervenire fisicamente. Non abbiamo una struttura, questo progetto non è un’associazione, fa esclusivamente da tramite, cercando di creare rete. Ci siamo resi conto che di questo c’era effettivamente bisogno. La dispersione delle informazioni le rende poco efficaci. La rete in questo senso può aiutare, proprio in quanto aggregatore che mette a disposizione un accesso chiaro e immediato a chi si occupa di situazioni specifiche. Sulla pagina ci sono dei banner riconducibili direttamente alle associazioni inserite nel database, che sono in aggiornamento continuo. Il nostro obiettivo è cercare di facilitare le cose alle persone”.

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