Nel nostro Paese, gli ospedali sono un sistema integrato e complesso che comunica e si compenetra. Non c’è reparto che non risenta dell’altro, in un lavoro di “squadra” che fa del nostro sistema ospedaliero il fiore all’occhiello dell’Italia nel mondo. Oggi, questa nostra eccellenza è messa a dura prova dall’emergenza sanitaria del Covid-19. In particolare, i reparti di Medicina Interna vivono la sofferenza e il sovraccarico dei reparti di Terapia Intensiva e di Pronto Soccorso, quelli cioè che rischiano maggiormente una saturazione senza ritorno. Una sorta di colpo di frusta, spiega bene a Interris.it Dario Manfellotto, direttore di Medicina Interna presso l’Ospedale Fatebenefratelli e presidente FADOI, la Società che riunisce i medici internisti ospedalieri.
Dottor Manfellotto, lei parla di situazione complessa in tutto il comparto ospedaliero, non solo di terapia intensiva. Perché?
“La ragione è semplice: è tutto l’ospedale a farsi carico di quest’emergenza che stiamo affrontando. Mi riferisco, ovviamente, anche ai reparti di medicina interna, perché i casi positivi affetti da Covid-19 che non necessitano di terapia intensiva li gestiscono nel 65-70% dei casi i medici internisti”.
In che modo?
“Purtroppo il coronavirus che stiamo fronteggiando porta, finora in circa il 10% dei casi, al ricovero in terapia intensiva. Ma fuori dalla terapia intensiva, i malati vengono assistiti spesso in grossi reparti dove sono presenti tutti i positivi”.
Sta dicendo che gli ospedali assomigliano a dei sanatori di novecentesca memoria?
“Esattamente, dato l’alto numero di pazienti ricoverati in ospedale si è optato per metterli tutti insieme. Nello specifico, potremmo dividere l’ospedale in tre parti: da un lato la terapia intensiva, dall’altro il reparto Covid-19 dall’altroancora i pazienti sospetti Covid . Questi pazienti vengono gestiti ormai in una logica interdisciplinare, con équipe composte da internisti, infettivologi, pneumologi , perché in almeno il 70% dei casi questi malati hanno due o più patologie concomitanti, che devono essere affrontate in modo globale”.
Per quanto riguarda la subintensiva?
“In molti casi la terapia subintensiva è gestita da queste équipe utilizzando anche la ventilazione non invasiva. Pensi che in Lombardia per il gran numero di pazienti, vengono in questo momento addestrati a gestire queste criticità perfino altri specialisti, come ad esempio ortopedici o urologi. Oggi la numerosità è il punto più critico di questa epidemia”.
Quali altre criticità sono presenti?
“Senza dubbio, si tratta di una situazione ad alto rischio, dove i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari mettono rischio la loro pelle. Si calcola che almeno il 15% dei positivi da Covid-19 fa parte del personale sanitario. Alla data di oggi 2663 operatori sanitari. Mancano mascherine, il personale sanitario non lavora in assoluta sicurezza e viene a contatto con tanti pazienti. Oggi il 65-70% dei pazienti che non è in terapia intensiva è ricoverato in medicina interna”.