Con la scuola ricomincia la battaglia socio-culturale per vincere la diversità. Marco Sabatini Scalmati, giornalista è oggi Responsabile Media Relations di una società di Stato. Papà di Matteo, un ragazzo autistico di 13 anni, si batte da anni per i diritti delle persone affette da autismo e per il rispetto verso i loro familiari. “Il nostro impegno è finalizzato vincere la diversità“, afferma a Interris.it.
Contro la diversità
“Fra pochi giorni riaprono le scuole, a sette mesi dalla loro chiusura il 5 marzo scorso- sottolinea Marco Sabatini Scalmati-. A fronte di un impegno generalizzato sono però evidenti i ritardi organizzativi e la confusione nel fornire indicazioni chiare e precise per garantire agli studenti il loro diritto allo studio in presenza al tempo del Covid 19. Fra le tante questioni ancora aperte vi è la gestione dei ragazzi più fragili”.
“In Italia sono 260 mila gli studenti con disabilità. Servirebbero 170 mila insegnanti di sostegno ma solo 100 mila saranno quest’anno in ruolo a fronte di 70 mila in deroga, cioè supplenti. Una situazione inaccettabile, che si aggrava di anno in anno e che pregiudica l’istruzione di questi ragazzi. Infatti la loro istruzione, per essere adeguata, richiederebbe, in primo luogo, la continuità didattica del docente e non una avvilente rotazione di supplenti, per lo più del tutto impreparati a ricoprire un ruolo che necessita di una specifica e continua formazione”.
“Così i diversi, quelli che non camminano, non vedono, non parlano, chi non conosce la nostra lingua, chi non ha sufficienti risorse economiche e che vive disagi sociali e familiari, anche questa volta impareranno ad adattarsi da soli a ciò che troveranno. E i più fortunati lo faranno assieme ai loro genitori perché i diversi, con la loro forza e l’aiuto di chi non si perde in chiacchiere o in stucchevoli promesse, sanno che occorre trovare una strada con le proprie risorse”.
“La nostra forza, anche la mia e quella di mio figlio che è un ragazzo autistico di 13 anni, nel tempo abbiamo dovuto imparare a dosarla. Nella società del ventunesimo secolo preferiamo evitare sterili e futili lamentele, preferendo usare la nostra energia innanzitutto per favorire quella crescita culturale di cui c’è urgente bisogno per sostenere concretamente chi, per le più diverse ragioni, ha bisogno di aiuto e per vivere la quotidianità fa sacrifici incredibili”.
“Si tratta di ’urgenza che avverto anche per le crescenti difficoltà sociali ed economiche, favorite dalla diffusione del virus Covid 19, che oggi offrono spazio e parola a chi pensa di sapere tutto ed è convinto che, in nome della ragione della forza, gli sia consentito di esprimere qualsiasi considerazione arrivando a giudicare anche ciò che è necessario alle famiglie ed alle persone con disabilità o che vivono situazioni difficili senza averne ascoltato le reali necessità”.
“A una crescita culturale che ovviamente deve partire dalla scuola, a cui va restituita dignità ai ragazzi più deboli e ai disabili, che lo scorso anno durante il lockdown, hanno già sofferto tanto per la didattica a distanza perché non avevano il computer o non sapevano o potevano usarlo. Migliaia di ragazzi, come mio figlio, dimenticati da una scuola che in molti casi ha dato l’impressione di vivere il lockdown più come occasione per guadagnarsi uno stipendio senza far nulla, anziché impegnarsi ancor più di prima, come dovrebbe essere di fronte ad una situazione di emergenza”.
“Una crescita culturale è necessaria a mio avviso anche per il mondo dell’associazionismo, specialmente quello collegato all’autismo, forse non ancora del tutto consapevole che ci troviamo di fronte a scenari del tutto nuovi. È infatti necessario che l’impegno per favorire l’inclusione scolastica e sociale dei nostri figli, parenti e amici, avvenga attraverso percorsi comuni condivisi che ci daranno maggior forza nel rivendicare i nostri sacrosanti diritti ad oggi ancora in fondo alle priorità di questo Paese”.
“Sono e resto comunque ottimista. Vedo l’impegno di molti e soprattutto la sensibilità dei più giovani che a dispetto dei loro genitori si mostrano più attenti a questi temi, e ciò fa ben sperare. D’altra parte, davanti alle nuove sfide dettate dal diverso modo di entrare in relazione causa il Covid 19, il futuro è tutto da inventare. Per questo la sfida della crescita culturale è necessaria. Occorre arginare la cattiveria dettata dall’egoismo e dalla paura del diverso, alimentata dalla tristezza, dalla stanchezza e dalla rabbia per le tante difficoltà che, in questo particolare periodo, la vita ci pone di fronte e sembrano così difficili da affrontare”.
“Ciò che conta è concentrarci su ciò che possiamo fare e guardare al futuro, lasciando alle spalle ciò che ci ha ferito e il dolore che ha provocato. Non serve a niente rievocarlo se non a farci inutilmente del male. Il futuro è tutto da inventare. Impegniamoci dunque per farlo il più bello possibile. Facciamolo per noi e per le persone a cui vogliamo bene. Ma facciamolo anche per chi non è interessato a noi, per chi, vedendoci, ci sorride ipocritamente. Perché chi ha conosciuto il dolore e lo ha saputo affrontare e superare è molto forte. E dunque non scoraggiamoci, vogliamo e possiamo farcela, e ce la faremo”.