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Il lascito sociale e spirituale di don Puglisi secondo il postulatore della causa di canonizzazione

Sono trascorsi 28 anni ma la lezione sociale e spirituale del martire antimafia don Pino Puglisi è più che mai attuale. La testimonianza a Interris.it dell'arcivescovo Vincenzo Bertolone, postulatore della causa di beatificazione

Sono passati 28 anni ma l’eredità di don Puglisi è più viva che mai. L’arcivescovo Vincenzo Bertolone, postulatore della causa di beatificazione di don Pino Puglisi, sintetizza a Interris.it la lezione spirituale e sociale del martire antimafia. A partire da una vicenda poco nota dal profondo significato religioso. “Dal 9 al 12 luglio 1962, don Pino Puglisi aveva partecipato a un corso di esercizi spirituali a San Martino delle Scale– spiega a Interris.it il presule che guida la diocesi di Catanzaro-Squillace e l’episcopato calabrese-. Lo stesso luogo dove Giacomo Cusmano, il Beato della carità, nel 1860 maturò di consacrarsi ai poveri. Sulla collina che domina Palermo.Puglisi

Pescatore di anime

In un quaderno, l’allora sacerdote trentenne don Puglisi annota riflessioni sul corso. La mattina del 12 don Puglisi scrive: ‘Se vogliamo diventare dei conquistatori, dei pescatori di anime, rientriamo in noi stessi. E meditiamo gli insegnamenti, le direttive del nostro condottiero: Gesù. “Qui non sequitur me ambulat in tenebris‘. Il mondo, la carne, le passioni ci daranno l’infelicità, la morte. Solo Cristo può darci la salvezza, è lui il Verbum salutis‘”.Puglisi

Nel segno di Cusmano e Puglisi

La famiglia cusmaniana celebra il 154° anniversario dell’inizio del “Boccone del povero“. Cioè della congregazione dei “Missionari Servi dei Poveri” (S.d.P) fondata da padre Giacomo Cusmano nella Palermo stremata dalla miseria e dal colera, per assistere a domicilio gli indigenti. La missione del sacerdote beatificato da Giovanni Paolo II nel 1983 era quella di “propagare la fede attraverso la carità“. Segue le sue orme l’arcivescovo Bertolone che è stato viceministro vaticano degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Dal settembre 2015 è il presidente dei vescovi calabresi.

In odium fidei

“Don Pino Puglisi fu martire di mafia. Ucciso in odium fidei dai sicari della cosca palermitana di Brancaccio poiché ostinatamente prete”, evidenzia l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza episcopale calabra. Otto anni fa il sacerdote palermitano è stato beatificato. “Quella scomoda figura di sacerdote non voleva saperne di rinunciare al Vangelo. Non cercava la vanagloria, rifuggiva gli eccessi e le telecamere. Profumava di dignitosa povertà”. Queste, secondo il postulatore mons. Bertolone, sono le “basi di una credibilità testimoniata fino al sacrificio supremo. Per affermare e ribadire la libertà di scegliere la cultura della civiltà e dell’onestà. Anche in una terra soggiogata dalla prepotenza mafiosa”.Puglisi

L’impegno per i giovani

“Don Puglisi costruiva la via dell’amore che in cuor suo ardentemente voleva potesse esser percorsa dai suoi ragazzi- puntualizza l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace-. Era un prete, don Puglisi. E con il suo esempio parla ancor oggi al mondo intero. Soprattutto ai presbiteri”. Una spiritualità socialmente impegnata, quindi. “Nello spirito inaugurato dal Concilio Vaticano II si era irrobustita anche l’azione del parroco, ora beato, don Pino Puglisi, a Palermo”,  sottolinea il postulatore della causa di beatificazione del sacerdote palermitano.Puglisi

Povertà, umiltà, sacrificio

Povertà, umiltà, sacrificio sono le tre caratteristiche di Gesù che colpiscono sempre di più don Puglisi che, ricorda a Interris.it l’arcivescovo Bertolone, scrive nei suoi diari: “Qui sequitur me habebit lumen vitae. Seguiamolo dunque nel distacco dalle ricchezze. Il figlio dell’uomo non ha dove poggiare il capo. Semplicità e povertà si addicono alla casa del sacerdote. Con tanta miseria che c’è non può essere ricercato, ricco. Seguiamolo nell’umiliazione: humiliavit semetipsum… usque ad mortem“. Fino alla morte, appunto. Sacerdote di frontiera. Nel difficile quartiere Brancaccio di Palermo. Segnato da degrado, mancanza di lavoro e illegalità.

Al lavoro per il Regno di Dio

Parroco della chiesa di San Gaetano, nel 1991 fondò il Centro “Padre Nostro”, punto di riferimento per le famiglie. Al suo assassino disse: “Me lo aspettavo”. Sapeva di essere ormai nel mirino della mafia. Per la sua opera contro la criminalità organizzata. Parlava ai giovani, togliendo la bassa manovalanza alla delinquenza. Di sè diceva: “Non sono un biblista. Non sono un teologo. Né un sociologo. Sono soltanto uno che ha cercato di lavorare per il Regno di Dio”.

La vittoria in un sorriso

In occasione della visita pastorale a Palermo per il 25° del martirio del Beato Giuseppe Puglisi, papa Francesco ha rievocato: “Quando morì nel giorno del suo 56° compleanno, coronò la sua vittoria col sorriso. Con quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore. Il quale disse: ‘C’era una specie di luce in quel sorriso‘. Padre Pino era inerme. Ma il suo sorriso trasmetteva la forza di Dio. Non un bagliore accecante. Ma una luce gentile che scava dentro e rischiara il cuore. È la luce dell’amore. Del dono. Del servizio”.

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